“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
1. ANCHE IL PADRE DI STEVE JOBS ERA SIRIANO
Anche Steve Jobs aveva origini siriane. Abdulfattah Jandali, padre biologico del fondatore di Apple, immigrò dalla Siria negli anni 50 e divenne poi docente nell' Università di Madison, nel Wisconsin. Una sua studentessa divenne la madre naturale di Steve, che venne dato in adozione appena nato.
2. LA LINEA DI RESISTENZA DELLA SILICON VALLEY
Massimo Sideri per il Corriere della Sera
Fino a ieri si diceva: chi lo avrebbe mai detto che i «no global» avrebbero dovuto dire grazie a un immobiliarista miliardario (Donald Trump)? Ora il detto va aggiornato: chi lo avrebbe mai detto che i rifugiati musulmani avrebbero dovuto ringraziare un gruppo di ultramiliardari nerd? È arrivata dalla Silicon Valley la linea di resistenza più solida della Corporate America contro la politica del presidente di limitazione all' immigrazione.
Jack Dorsey, 40 anni, 1,28 miliardi di dollari di patrimonio guadagnato fondando Twitter e Square, ha definito «irritante» la decisione di sospendere per tre mesi l' ingresso per i cittadini di sette Paesi musulmani.
«Twitter è fatto dagli immigrati di tutte le religioni. Noi siamo per e con loro, sempre» si è letto ieri sull' account ufficiale della società. Tim Cook, 56 anni, 785 milioni di dollari di ricchezza, ha scritto per email (come sempre nel suo stile) ai 115 mila impiegati Apple per ricordargli da chief executive officer che la società «non esisterebbe senza gli immigrati». Un chiaro riferimento alle origine siriane di Steve Jobs (nel 2015 l' artista dei graffiti Banksy aveva scelto proprio Jobs come simbolo sul muro di Calais).
La Siria è uno dei sette Paesi bloccati. Brian Chesky , 35 anni, 3,3 miliardi, cofondatore di Airbnb, ha scritto su Twitter che l' azienda «sta offrendo case gratuite ai rifugiati e a chi non è autorizzato negli Stati Uniti».
Sergey Brin, uno dei due padri di Google, 43 anni e 39,6 miliardi, è comparso all' aeroporto di San Francisco accanto a chi protestava contro la decisione di Trump. «Sono qui perché sono un rifugiato» ha detto. Brin è nato a Mosca. In sostanza tutti i leader miliardari dell' economia digitale si sono fatti sentire. E la moral suasion della Silicon Valley deve avere avuto uno spiraglio nei ragionamenti del presidente Trump che ha poi corretto il tiro escludendo dalla sospensione chi ha una Green Card (cioè un permesso di lavoro).
Anche se nessuno ha avuto il coraggio di scrivere direttamente a @realDonaldTrump su Twitter. La Silicon Valley si era già schierata contro Trump fin dalla campagna elettorale: a parte poche eccezioni, come quella di Peter Thiel, cofondatore di PayPal (peraltro nato in Germania), i guru di quest' area hanno sostenuto anche economicamente la campagna di Hillary Clinton. Le ragioni sono non solo socioculturali ma anche economiche: da sempre l' area ha attratto «cervelli in fuga».
La squadra di football della città si chiama 49ers dai pionieri, disperati e avidi, che qui arrivarono con la corsa all' oro del 1849. San Francisco stessa è una società eterogenea anche se per molti versi spietata. La ricchezza prodotta dalla Valle del Silicio sta spingendo sempre di più verso le periferie gli abitanti storici tanto che uno dei punti chiave della politica del sindaco della città, Ed Lee, è la lotta alla gentrification , cioè la trasformazione di vecchi quartieri popolari in zone chic e inarrivabili.
Lo stesso Lee è di origini cinesi e ha ricordato su Twitter che quella che dirige è una «città di immigrati». Peraltro, contraddizione delle contraddizioni, San Francisco è una delle città con il maggior numero di senzatetto negli Stati Uniti. Li si incontra ovunque: vengono spediti qui dalle altre città con la scusa del clima mite. Come pacchi postali.
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