AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE DAI LORO…
Ferruccio De Bortoli per "l'Economia - Corriere della Sera"
Forse non ci siamo capiti. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) non va avanti per inerzia. Non ha una sua folgorante autonomia. Una volta consegnato il compito a Bruxelles, in attesa del voto che arriverà entro la fine del prossimo mese, non possiamo permetterci il lusso di comportarci come studenti che hanno prodotto il loro sforzo e attendono con trepidazione il risultato dell' esame.
Peraltro, non si coglie alcuna fervente attesa. Come se il responso fosse dovuto. Come se fossimo in perenne credito verso l' Unione europea e non in una condizione debitoria da osservati speciali. Poi non dobbiamo lamentarci dei tanti pregiudizi e nemmeno, visto il ritorno drammatico della questione migranti, dei troppi partner che se ne lavano le mani. «Vi abbiamo dato tanti soldi, ora arrangiatevi con gli sbarchi». La sostanza, purtroppo, è questa.
Se vi fosse una maggiore consapevolezza dell' enorme posta in gioco, della qualità delle nostre vite e soprattutto di quelle delle prossime generazioni, non perderemmo tempo prezioso in inutili polemiche. Come quella sul codice degli appalti, modificato negli ultimi cinque anni ben 547 volte con 28 leggi. Di fatto il codice non esiste più, come ha notato Giorgio Santilli sul Il Sole 24 Ore.
O la diatriba su due mesi di proroga del blocco dei licenziamenti che non ha impedito di perdere già nel 2020 mezzo milione di posti. Qualcuno si illude che la misura sia procrastinabile in eterno. Come se i posti di lavoro si conservassero in frigorifero. A bassa temperatura. E il problema centrale non fosse la riqualificazione dei lavoratori. Indispensabile per tantissimi profili. Anche delle imprese che vanno bene.
La dignità di chi lavora non si rispetta affatto nelle casse integrazioni a perdere ma nell'accompagnamento attivo a una nuova occupazione. Nel dire la verità, anche quando è scomoda, ma con tutte le necessarie garanzie. Così il lavoro è un diritto. E le imprese, da parte loro, forse dovrebbero coraggiosamente opporsi alla gratuità della cassa integrazione Covid che pesa su tutti i contribuenti.
Non si avverte nessuna tensione sulla praticabilità dell'iter parlamentare dei tanti provvedimenti legislativi previsti dal Pnrr. Eppure qualche preoccupazione sull'ingorgo legislativo dei prossimi mesi è legittima. Solo le riforme cosiddette abilitanti, ovvero gli «interventi funzionali a garantire l'attuazione del Piano e in generale a rimuovere gli ostacoli amministrativi, regolatori e procedurali, che condizionano le attività economiche e la qualità dei servizi erogati», sono ben 48. Da approvare in un anno e mezzo.
Le altre sono quelle settoriali, all'interno delle sei missioni del Pnrr, oltre a quelle «orizzontali e di contesto», cioè trasversali. E non è finita. Vi sono altre misure, esterne al perimetro del Piano - come la riforma fiscale o il potenziamento del sistema degli ammortizzatori sociali - che sono giudicate «concorrenti alla realizzazione degli obiettivi generali».
Il governo appare determinato. La sintesi politica fra le diverse e contrastanti anime della maggioranza non è sempre agevole. Lo dimostra il decreto semplificazioni, arrivato in tempo, come promesso entro la fine di questo mese, ma con lo stralcio degli aspetti sui quali vi è stata la maggiore fibrillazione. Alcune misure e alcuni tempi non sono, come ha ripetuto più volte il premier, negoziabili.
URSULA VON DER LEYEN MARIO DRAGHI
È arrivato puntuale anche il provvedimento sull' intera governance del Pnrr dal quale si deduce come funzionerà la cabina di regia, quale sarà il ruolo del ministero dell'Economia e della Ragioneria generale. Ma è chiaro che nell'esecuzione dei progetti molto dipenderà dal grado di preparazione dei singoli ministeri. Diverse velocità sono prevedibili. L'importante è rispettare il cronoprogramma, fittissimo.
In arrivo anche le assunzioni veloci nella pubblica amministrazione con il coinvolgimento degli ordini professionali. I tempi stretti possono avere conseguenze negative sulla qualità delle scelte e sul criterio dell'equità (specie per i concorsi)? Sì, inutile nasconderselo. La velocità di esecuzione delle opere avrà come contraltare una minore impermeabilità a infiltrazioni criminali (negli appalti) o a fenomeni di concussione e corruzione?
Non è escluso. Ma, d'altra parte, la trasparenza e i controlli europei dovrebbero premiare competenza e onestà. Una luce più forte a difesa della legalità.
Speriamo. Nella lunga ed estenuante trattativa preliminare alla redazione del Pnrr, Bruxelles ha molto insistito sulla riforma della Giustizia: processo penale, civile, ordinamento giudiziario, funzionamento del Csm. La ministra, Marta Cartabia, ha avvertito che se dovesse saltare, l'intero impianto di sussidi e prestiti del Pnrr verrebbe a cadere. È una riforma abilitante. Poche le reazioni. Sono leggi delega, per fortuna, ma su temi sui quali i contrasti sono atavici, a partire dalla prescrizione. Contrapposizioni decennali che dovrebbero magicamente ricomporsi in pochi mesi.
L'attenzione è soprattutto sui tempi del processo civile. Secondo i dati del 2019 per il primo grado occorrono in media 527 giorni; per l'appello 865 giorni, otto volte il dato tedesco; per la Cassazione 1.266 giorni, cioè 7 anni e mezzo. Bruxelles chiedeva di ridurre i tempi del secondo grado, a fine periodo del Pnrr, a 100 giorni come in Germania.
Si sono accontentati di 300. Nel Pnrr si legge, sempre a proposito di Giustizia che «per i tre progetti di riforma il governo ha richiesto la trattazione prioritaria che ne comporterà la calendarizzazione per l'esame dell' aula entro giugno 2021». Cioè domani mattina.
Altro tema di cui non si parla o si parla poco è quello delle liberalizzazioni. Bruxelles voleva di fatto la cancellazione degli ordini professionali. Respinta.
Avremmo assistito a moti di piazza. Ma sono stati presi degli impegni di portata storica che riguardano una maggiore concorrenza nei mercati del gas e dell'elettricità (obbligatorietà delle gare d' appalto, eliminazione dei prezzi regolamentati, solo per fare due esempi) spostati un po' più in là, nel 2024 e 2025. Quale sarà il governo che dovrà farli rispettare? Avranno l'onestà i partiti di ricordarli nella prossima campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento o faranno finta di niente?
Poi c'è la liberalizzazione delle concessioni portuali, non una cosa da poco. E, ancora, l'allargamento dei poteri dell' Antitrust per il controllo delle concentrazioni. Ci sarebbe anche il capitolo dei servizi municipali, dei limiti alle cosiddette partecipazioni in house. La riforma dei servizi pubblici locali non riguarderà, come aveva chiesto Bruxelles, il servizio idrico, ma ci troviamo comunque di fronte a una rivoluzione annunciata nelle gestioni comunali.
Chissà se questi temi verranno discussi nella prossima tornata per l' elezione dei sindaci a Milano, Napoli, Roma, Torino. Argomento noioso. Da rimuovere. Certo nel 2025 gran parte dei soldi del Next generation Eu sarà stato erogato ma se gli impegni presi non verranno rispettati sarà assai difficile risedersi a un tavolo europeo e sostenere la necessità di emettere debito comune. C' è un futuro oltre il Pnrr, ma noi siamo concentrati sui consensi immediati, il semestre bianco, il prossimo voto. Cioè domani. Dopodomani è un altro secolo.
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