giampiero mughini

TE LO DO IO L'ANNIVERSARIO: MUGHINI SMONTA IL MITO DEL '68 - ''VA COMPRESO, NON CELEBRATO. UN PROCESSO DURATO 20 ANNI CHE HA RIVOLUZIONATO LA VITA QUOTIDIANA ED È FINITO CON LA MORTE DI MORO - IO GIÀ NEL '69 MI ALLONTANAI, QUANDO I MIEI AMICI MARCIAVANO CON LE IMMAGINI DI MAO E STALIN, DUE CRIMINALI POLITICI - MASCHILISMO? UNA POLEMICA INVENTATA QUANDO AL CONGRESSO DI LOTTA CONTINUA ALCUNE COMPAGNE DISSERO CHE I LORO UOMINI ERANO DEI CAZZONI CHE NON VALEVANO NIENTE A LETTO...''

 

giampiero mughini (1)

Davide Nitrosi per ''il Giorno - il Resto del Carlino - La Nazione''

 

Il maggio francese, Valle Giulia, Praga, Ian Palach. Lotta continua, Potop, il movimento. E le ragazze con le minigonne e il sesso libero, il corpo è mio. Poi vent' anni fra terrore rosso, antilopi e giaguari, la democrazia.

 

Il Sessantotto compie 50 anni. Giampiero Mughini, è giusto celebrarlo?

«Celebrare non è la parola pertinente. Diciamo comprenderlo».

 

Non l' abbiamo ancora compreso?

«Comprenderlo significa innanzitutto sapere che il Sessantotto è durato 20 anni. È cominciato all' alba degli anni Sessanta con gli scioperi furibondi alla Fiat di Torino, quando la Fiat dettava tempi e umori della sinistra, ed è morto con Aldo Moro, il 9 maggio 1978, quando il corpo di Moro assassinato a freddo fu ritrovato in un' auto lasciata dai terroristi, sedicenti rivoluzionari, a metà strada tra la sede del Pci e quella della Dc».

MUGHINI

 

Genesi operaia, epilogo tragico?

«Inizia con gli scioperi, ma non è solo la fabbrica. È anche cambio culturale. Nel 1961 nasce la rivista madre del gauchismo, Quaderni Rossi, e dopo di lei tante altre riviste, come quella che creai io a Catania, Giovane critica. Si prepara il terreno, il linguaggio, la poetica del Sessantotto vero e proprio».

 

Al centro una generazione nata sulle macerie della guerra: è un caso?

«No, perché era tutto elettrizzante, perché c' era stato il boom demografico, ed eravamo tanti ad avere 20 anni negli anni Sessanta e a condividere la crescita esaltante dell' Italia. Venivamo dalla povertà, ma stavano vivendo un momento in cui il mondo mandava messaggi eccitanti. La nuova moda, la nuova musica, la nuova cultura».

 

Non era un fenomeno elitario?

GIAMPIERO MUGHINI COMPAGNI ADDIO

«L' élite ha fatto scattare il Sessantotto, ma poi i cortei erano ampi e popolari. A dare il via furono gli universitari del 30 e lode, molto diversi dai grillini di oggi. Ma poi vennero subito le manifestazioni, fu un grande casino perché il cambiamento toccava la vita quotidiana, le relazioni. Per la prima volta ragazzi e ragazze condividevano esperienze assieme».

 

La vita privata diventò vita collettiva.

«E fu la grande novità. Non il socialismo realizzato sulla terra, non il comunismo: la grande novità fu la trasformazione molecolare della vita».

 

Caddero i tabù. Oggi certe libertà verrebbero scambiate per molestie?

«Oggi è cambiato tutto, non è paragonabile. La società italiana di quegli anni è lontana dall' oggi come gli etruschi».

 

Che cosa fu la rivoluzione sessuale per i giovani del tempo?

«Fu un percorso e una bellissima scoperta. Uno choc rispetto alla mia educazione. Io arrivavo da una scuola di preti dove unica cosa che insegnavano era la sessuofobia».

MUGHINI

 

E voi ribaltaste tutto?

«Quell' Italia fu ribaltata dalla nostra esperienza concreta. Sperimentavamo che avere accanto le ragazze, soprattutto le ragazze in minigonna, era una gioia. Quando vidi per la prima volta il mio amore dei vent' anni in minigonna, beh, capii che dio esiste!»

 

In quelle assemblee e occupazioni in fondo comandavano gli uomini. Restava il maschilismo?

«Assolutamente no. Ricordo solo che c' erano alcune ragazze che nelle occupazioni stavano in cucina mentre noi sproloquiavamo. Ma non tutte. La polemica sul maschilismo è stata inventata a posteriori quando al congresso di scioglimento di Lotta continua alcune compagne salirono sul palco a dire che i loro uomini erano dei cazzoni che non valevano niente a letto».

 

Ma dopo il '68 vennero gli anni Settanta e la violenza.

Sessantotto manifestazione

«Gli anni della guerra civile fra giovani. A differenza della guerra civile combattuta fra il 1943 e 1945, quella degli anni Settanta fu una guerra psicotica, anche se con molti morti. Ciascuno dei due gruppi considerava la parte avversa come una parte da distruggere».

 

Gli anni di piombo nascono dal Sessantotto?

«Vi nascono filologicamente. Già nel '70 c' erano Curcio e Franceschini, c' era il gruppo di Sociologia a Trento. È un ecosistema che nasce a partire dal 1969 e dura fino alla morte di Moro. Se le Br avessero liberato Moro e si fossero presentate alle elezioni avrebbero preso un milione e mezzo di voti, perché avevano un seguito».

black power olimpiadi del sessantotto

 

Un ecosistema, appunto.

«Quando rapirono Moro, ero sull' autobus e il passeggero vicino a me commentò la notizia dicendo: se lo merita. I grillini non sono nati adesso, mi ricordano quelli che vedevano la Dc, il più grande partito democratico dell' Occidente, come un nemico a prescindere. Questo è stato il cotè tragico e fallimentare del Sessantotto».

 

Un fallimento quindi alla fine?

«Non tutto. Il non fallimento è stata la rivoluzione della vita quotidiana, che allora è cambiata per tutti noi e che è l' aspetto più importante della nostra dimensione.

Il divorzio, i diritti...».

 

Eredità del '68 è anche il manicheismo di certa sinistra?

«Nell' oceano del '68 c' erano i manichei e quelli che non lo erano: chi prendeva a ceffoni il capitalismo e chi condannava la stalinismo. Io ho sempre disprezzato il manicheismo».

 

E l' astio per il riformismo? Quello non è un' eredità?

Giangiacomo feltrinelli a Berlino nel sessantotto

«No, perché tanti ex sessantottini sono divenuti paladini del riformismo. Penso a Daniel Cohn-Bendit, leader del '68 francese. Chi era manicheo è rimasto chiuso e ottuso, quelli che si sono evoluti vogliono continuare a migliorare le cose, non ad abbatterle».

 

Nei grillini che ha citato prima vede una vena del '68?

«Assolutamente no. La nostra generazione era carica di letture e interessi culturali, una cosa che nessun grillino neppur lontanamente mastica. Un Di Maio nel '68 non avrebbe avuto accesso al dibattito. I grillini sono un prodotto della società dello spettacolo e della 'cliccocrazia', lontana anni dai ragazzi del 30 e lode»

 

Lei diresse anche Lotta Continua. Rimpiange quell' esperienza?

proeteste studentesche del \'68

«Ero solo direttore responsabile di Lotta Continua. Un ruolo giuridico perché pensavo, da liberale, che dovesse uscire. Avevano bisogno della firma di un giornalista professionista, ma a me neppure piaceva quel giornale. Il mio unico rapporto furono 26 processi come direttore responsabile».

 

Dopo Lotta continua prese le distanze dal movimento?

«Mi sono dimesso dal Sessantotto nel 1969, quando vidi la mia generazione che marciava con i manifesti di Mao e Stalin che, per me, erano solo due criminali politici.

Iniziai allora a ritrarmi. Ma c' erano amicizie profonde e il ritrarmi è durato a lungo».

 

proteste studentesche del \'68

Fino al libro 'Compagni addio'?

«Lo pubblicai nell' '87, lo covavo da dieci anni. Avrei potuto scriverlo prima».

 

Che le costò molte accuse.

«Molte, e nessuno di loro che mi abbia fatto le scuse dato che avevo ragione dalla a alla z».

 

Ha visto che Capanna continua a rievocare quegli anni?

scontri a Valle Giulia

«Capanna l' ho conosciuto poco. Continua a parlare di anni mirabili, e come se per lui mezzo secolo fosse passato invano. Pubblicammo contemporaneamente i nostri due libri, lui vendette quattro volte di più perché il grosso della nostra generazione voleva ascoltare il suo, di ritornello. Ad avere avuto ragione anzitempo, ho pagato e continuo pagare un prezzo alto».

CAPANNAL AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MOROMOROMario-Capanna.