LA RIEDUCAZIONE IMPOSSIBILE DEL “RAGAZZO COCCODE’” - DOPO IL PRIMO GIORNO A CESANO BOSCONE, IL BANANA FA IL GIGIONE: “HO FATTO TANTE BATTUTE, ABBIAMO PARLATO TANTO DI MILAN E LA PROSSIMA VOLTA PORTERÒ GLI OROLOGI DEL MILAN”

Michele Brambilla per "la Stampa"

Il più inutile appostamento della storia del giornalismo comincia alle sette del mattino, quando i primi cronisti cominciano ad arrivare alla Sacra Famiglia, e finisce verso le due del pomeriggio, quando anche i più ostinati capiscono che non si tira fuori mezza notizia neanche a pagarla.

In mezzo a queste sette ore, il nulla. Silvio Berlusconi arriva alle nove e mezza ed entra nella palazzina San Pietro, dove ci sono i malati di Alzheimer, senza aprire bocca; e se ne va alle due meno dieci sempre senza proferire parola. Ai giornalisti che gli urlano «presidente, com'è andata?», o altre fondamentali domande di questo genere, l'ex premier risponde allargando le braccia come per dire: abbiate pazienza, ho l'obbligo di stare zitto.

Solo più tardi, e non qui, Berlusconi racconterà, sia pure con parsimonia, com'è andata. Lo farà nell'intervista a Telelombardia: «Ho fatto tante battute, abbiamo parlato tanto di Milan, e la prossima volta porterò anche degli orologi del Milan», ha scherzato. Poi, più serio, ha aggiunto: «La cosa che mi ha colpito di più è stata la dedizione delle persone che sono a contatto con questi malati di Alzheimer».

Parole pronunciate verso sera davanti alle telecamere, e che quindi hanno reso un po' grottesco uno spiegamento di uomini e mezzi - più di cento giornalisti, forse duecento, da tutto il mondo - che ha colpito anche l'ex premier: «Mi è sembrata esagerata tutta questa attenzione, la calca di fotografi e giornalisti per una cosa normale che rientra in cose che già si conoscevano», ha detto a Telelombardia.

Ma nel frattempo la calca di giornalisti a Cesano Boscone, per ingannare il tempo, non ha trovato niente di meglio che intervistarsi a vicenda. Il che è servito, tra l'altro, per renderci conto della figura che stiamo facendo all'estero. C'è ad esempio una cronista di una radio francese e le chiedo se nel suo Paese ci sia molto interesse attorno a questa faccenda dell'ex presidente del Consiglio condannato ad assistere anziani in genere più giovani di lui. «Sì», mi risponde, «c'è molto interesse, anche se un po' cinico».

In che senso cinico? «Nel senso che ci dà l'opportunità di ridere di voi». I colleghi tedeschi, che non per niente sono tedeschi, colgono un altro aspetto: «Anche da noi», mi dicono, «esistono le pene alternative. Ma se uno viene condannato a quattro anni, non finisce per fare quattro ore alla settimana per dieci mesi».

Ma poi, Berlusconi può davvero essere utile ai malati? E a se stesso? A Telelombardia lui dirà più tardi di «non sentirsi bene nell'affrontare una situazione che mi ha limitato molto». «Non sono solo quelle quattro ore e mezza», ha spiegato, ma anche tutti gli altri vincoli posti dall'Uepe alla sua vita privata. Comunque, ha osservato che la sua permanenza alla Sacra Famiglia è stata di «ore intensissime, ma sono stato anche di disturbo per loro: spero recupereremo la prossima volta. Io mi sono messo a disposizione, non so poi se vorranno usufruire della mia esperienza».

L'impressione, per ora, è però che la sua presenza, più che aiutare l'istituto, lo paralizzi: polizia dappertutto, strade interne sbarrate, personale di servizio con consegne blindate. La Sacra Famiglia - due chilometri e ottocento metri di perimetro, diciotto ingressi - pare trasformato in un fortino.

Ovviamente anche la massiccia presenza di noi giornalisti è una scocciatura: quelli dell'istituto ci avrebbero volentieri lasciati fuori tutti, ma per evitare assalti scomposti hanno dovuto accettare una soluzione di compromesso: tutti dentro ma al di là di una serie di transenne. Insomma la nostra presenza qui è frutto di una trattativa, un po' come quella fra i giocatori del Napoli e Genny 'a carogna.

In ogni caso i costi paiono superare ampiamente i benefici che il condannato può, con tutta la buona volontà, portare. Qui qualcuno ironizza: «Magari Silvio tocca i malati e li guarisce». Ma c'è anche chi invece non scherza affatto sull'ex presidente caduto in disgrazia: da un balcone di via Cottolengo 20 - che si affaccia proprio sul vialetto della palazzina San Pietro - la signora Stella Parrillo attende adorante fin dalle otto del mattino: «Dovevo andare a lavorare», spiega, «ma resto qui in casa perché voglio assolutamente vederlo. È una persona brava, brava, brava».

La prima giornata di Berlusconi a Cesano Boscone finisce insomma come finisce al solito tutto quello che riguarda Berlusconi: con il diventare spettacolo. Ma in realtà questa storia, più che uno spettacolo, è una vicenda eccezionalmente densa di significato, non politico o giudiziario, ma umano. Un significato evidente, a meno che non si voglia vedere niente di profondo nella parabola di una persona che ha costruito tutta la sua vita sul diventare un personaggio famoso, e che finisce con il trovarsi in compagnia di uomini che non sono neppure in grado di riconoscerlo.

 

SILVIO BERLUSCONI ALL'USCITA DALLA SACRA FAMIGLIA DI CESANO BOSCONEGIORNALISTI APPOSTATI PER IL PRIMO GIORNO DI SILVIO BERLUSCONI A CESANO BOSCONEle troupe davanti alla casa di cura di cesano boscone berlusconi arriva alla casa di cura di cesano bosone berlusconi arriva alla casa di cura di cesano boscone