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Primarie o fiera delle vanità ?
A poche ore dalla consultazione nel Partito democratico per scegliere il nuovo segretario, l'interrogativo sembra tornato d'attualità . Di sicuro la "cavalcata ambiziosa" (Giuliano Ferrara su "il Foglio") di Matteo Renzi così estraneo all'apparato del partito (fino al punto di essere detestato) ma grande favorito nella corsa alla leadership dei post demo-sinistri sembra far pendere il giudizio (in sospeso) sul piatto della bilancia della vanità .
Di là dai meriti (o demeriti) del candidato-favorito, è stato il sindaco di Firenze e il suo giornale di riferimento, "la Repubblica" di Ezio Mauro e Carlo De Benedetti, a trasformare la sua scesa in campo in un défilé mediatico dove la sua faccia da bamboccione faceva premio sulla sostanza delle idee (che pure ci sono e ci saranno).
"Nell'iconografia del giovane leader, la copertina di Vanity Fair rischia di rimanere come pietra miliare e punto di non ritorno nell'estetizzazione del potere", ha osservato puntuale Filippo Ceccarelli nella sua rubrica sul "Venerdì".
Nel magazine de "la Repubblica" ha trovato spazio anche una delle rare voci uscite fuori dal coro delle laudi renziane. "Mancano pochissimi giorni alle primarie per eleggere il segretario del Pd. Una carica che non esiste. Il quasi sicuro vincitore, Matteo Renzi, infatti, non ha alcuna intenzione di ricoprirla. Ha deciso di continuare a fare il sindaco di Firenze", ha scritto pungente Curzio Maltese.
Capovolgendo il ragionamento di Maltese, il vero rischio che corre il Pd dalle tante anime inquiete è quello di ritrovarsi un giovane generale avendo alle spalle un'armata rossa in rotta.
E chissà , allora, se oggi il politologo Arturo Parisi tornerebbe a fare l'elogio delle primarie quando nell'autunno del 2007 i militanti furono consultati per eleggere il segretario (Veltroni con il 75,82%) e i membri della costituente del nuovo partito.
In quell'occasione il numero dei partecipanti fu di 3 milioni e mezzo. Che, due anni dopo (2009), scese di poco, oltre 3 milioni, nella scelta del segretario Pierluigi Bersani (1.623.239 preferenze). E la soglia dei tre milioni è stata toccata pure nel novembre dello scorso anno per indicare il leader della colazione per palazzo Chigi.
Già , la prima volta di Renzi che al secondo turno fu battuto da Bersani (60,9%) contro il 39% del sindaco di Firenze.
Ora sarebbe facile ironizzare sul destino avaro cui sono andati incontro nel giro di qualche anno i vincitori delle primarie in casa del Pd. Prima Walter Veltroni poi Culatello Bersani, indicati dalla base, sono stati "liquidati" in fretta con le solite pratiche interne al partito.
Adesso tocca al "rottamatore" Renzi ribaltare questa feroce tendenza auto-distruggitrice nella sinistra. E domenica sera quando si spegneranno le luci sulla passerella delle primarie, sarà l'affluenza alle urne dei militanti e dei sostenitori della causa (bassa, nella media o alta) Pd a indicare quanto brillerà in futuro e di che luce la nuova stella Renzi.
Anche perché osservava Machiavelli ogni "innovatore ha i propri nemici fra i conservatori e ha solo tiepidi difensori tra coloro che sperano di trarre vantaggio dalle nuove leggi".
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