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Guido Olimpio per il "Corriere della Sera"
Immaginate la scena. Un hangar in una base non precisata della Thailandia. Un presunto qaedista subisce torture da parte degli agenti Cia, forse lo infilano in una vasca di acqua e ghiaccio. Alcuni dei funzionari, sconvolti dal trattamento, se ne vanno. Un episodio. Uno dei molti raccontati nel rapporto di 6.300 pagine preparato dalla Commissione intelligence del Senato Usa, diretta da Dianne Feinstein. Un documento che accusa la Cia di aver ingannato il Congresso.
Per il comitato l'intelligence si è resa responsabile di colpe gravi:
1) Ha esagerato il ruolo di alcuni militanti catturati.
2) Ha mentito nel sostenere che le informazioni ottenute con pressioni fisiche sono state determinanti per altre indagini, compresa la localizzazione di Bin Laden.
3) Ha nascosto forme di tortura.
4) Sono evidenti le contraddizioni tra quanto sostenevano le gerarchie dell'agenzia e la valutazione degli uomini sul campo. Insomma, una sorta di manipolazione per sostenere l'uso della forza per far parlare i detenuti.
All'atto di accusa la Cia ha replicato affermando che il rapporto è inficiato da errori e conclusioni sbagliate. Inoltre la «company» ha fatto trapelare il suo dissenso verso l'Fbi che avrebbe indagato sui colleghi dell'intelligence. Vecchie ruggini tra le due grandi agenzie ampliate da contrasti recenti.
Un evento citato nel documento aiuta a capire. Quando, nel 2002, gli americani catturano in Pakistan l'operativo di al Qaeda Abu Zubaida il primo a interrogarlo è un investigatore dell'Fbi, Ali Soufan. E sarebbe lui a ottenere informazioni importanti con un normale interrogatorio. Successivamente il terrorista passa alla Cia che lo sottopone per 83 volte al waterboarding, tecnica che simula l'annegamento. Secondo i senatori, che si sono avvalsi dell'aiuto di Soufan, si trattava di violenze senza alcuna utilità .
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