DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
1. RENZI NEL BUNKER
Elisa Calessi per “Libero Quotidiano”
Dov'è finito il tocco del Re Mida? Quello per cui, avendo contro un partito e l'establishment, il «giovanotto di Firenze» riusciva a imporre l'agenda, dribblare le controprogrammazioni, risultare vincente quando perdeva (vedi le primarie 2012), perfino imporre l'uso di certe parole (una su tutte: rottamazione)? Erano in molti, domenica, persino tra i renziani della prima ora, a chiederselo, mentre, sulle note di Jovanotti, calava il sipario sulla sesta edizione della Leopolda.
Perché per la prima volta, sotto le volte della vecchia stazione da cui è partito tutto, Matteo Renzi, da tutti considerato un genio della comunicazione, è sembrato arrancare. Mai come quest'anno ha faticato a far parlare di sè. Mai come quest' anno è stato in difesa. Tutti preoccupati a minimizzare l' assenza di Maria Elena Boschi.
renzi alla leopoldatweet di de bortoli contro renzi
Una Leopolda arroccata. All' inseguimento. Fino al discorso di chiusura: retoricamente ben fatto, ma come in un bunker. Niente di nuovo, minimizza il premier su Facebook: «Sui giornali, come sempre, si è parlato di altro: soprattutto di banche. Ormai è una caratteristica della Leopolda: mentre i partecipanti discutono di politica, i media affrontano solo ciò che può essere "vendibile" dai giornali».
Colpa dei media cattivi, a cominciare da quelli messi all' indice nel sondaggio proposto ai partecipanti sulle peggiori prime pagine (vincitore Libero). Iniziativa criticata persino da un renziano doc come Michele Anzaldi, ma soprattutto - alla fine - snobbata dal popolo della Leopolda, a vedere i risultati: in tutto hanno votato un migliaio.
La seconda Leopolda di governo, quella che doveva celebrare l' Italia che comincia a cambiare grazie alle riforme dell' esecutivo, la più strutturata di sempre (grazie alla presenza di una professionista come Simona Ercolani, autrice tv), non ha "bucato". Perché? Colpa, si dice tra i renziani, della bufera sulle banche che non solo ha oscurato tutto, ma che ha colpito al cuore il simbolo stesso di questo evento, la sua madrina: Maria Elena Boschi.
Ma a indagare tra i fedelissimi c' è dell' altro. Si è persa, dice qualcuno, l' originalità delle altre edizioni. Tutto troppo scritto, programmato. Anche le altre volte il modello era il format tv. Ma un conto è che a farlo siano quattro amici con una bella dose di incoscienza e un po' di sana improvvisazione. Un conto è se lo fa una del mestiere. C' è chi lamenta l'assenza dei tavoli tematici, che gli altri anni occupavano un' intera giornata. Non che da lì sia mai nato chissà cosa.
Ma almeno si dava l' impressione che potesse accadere. È naturale, si dice, che dopo sei anni un po' di stanchezza ci sia. Sarà la fatica del governo.
Sarà che siamo tutti cresciuti. Ma quest' anno, si ammette anche tra i più indulgenti, qualcosa stonava. Forse quell' urgenza di spiegare le magnifiche sorti e progressive del governo, culminata con le finte interviste ai ministri a opera di ragazzi ben istruiti su cosa chiedere e soprattutto cosa non chiedere (niente domande sulle banche, per dire). «È come quei meeting aziendali che puntano a motivare», riflette un deputato.
A meno che il problema, osserva un altro, non sia la Leopolda: «Dovremmo essere capaci di rappresentare non solo l' Italia che ce la fa, ma anche quella che non ce la fa, essere capaci di condivisione. Altrimenti si cade in un ottimismo che non regge. Vi ricordate Berlusconi quando diceva che bisogna avere il sole in tasca? Ecco».
Il premier, però, tira diritto. Dopo essersi detto soddisfatto della Leopolda, quella, ha scritto su Facebook, «con il maggior numero di partecipanti di sempre», ha fatto il punto sui successi in materia fiscale: «Il nostro governo è quello che ha ottenuto più risultati nella storia italiana nella lotta contro l' evasione». Qualcuno non ci crede?
«Mentre loro criticano, noi facciamo». Intanto l' anno prossimo la formula cambierà. In vista del referendum costituzionale non ci sarà più una, ma «mille Leopolde».
2. PROCESSO ALLA LEOPOLDA
Wanda Marra per il “Fatto Quotidiano”
La Leopolda 6 si è chiusa con il maggior numero di partecipanti di sempre. Gli italiani hanno voglia di luoghi in cui è possibile discutere. Sui giornali, come sempre, si è parlato di altro: soprattutto di banche". Sceglie Facebook Matteo Renzi per tornare a dire la sua sulla Leopolda.
Tra Nazareno e Palazzo Chigi è calata una nuvola di malumore tangibile, la kermesse fiorentina si è chiusa tra nervosismo e ansia per gli sviluppi del caso banche. Lui però insiste: la colpa è dei giornali. Così la Leopolda che era iniziata male (campioni annunciati e mai arrivati), è finita peggio (oscurata dal macigno Boschi). La comunicazione è politica: e la realtà è che la kermesse del renzismo, nata come espressione della rottamazione, dal governo perde senso. L' energia propulsiva delle prime edizioni si è trasformata in un' autocelebrazione di cartapesta.
La Boschi sparita per due giorni È salita sul palco sabato pomeriggio Maria Elena, dopo due giorni di attesa. Ufficialmente a Roma, per lavorare alla legge di Stabilità, la sua assenza ha fatto pensare qualsiasi cosa: che fosse in preda a una crisi di nervi, che il premier ce l' avesse con lei.
simona ercolani fabrizio rondolino
Quando alla fine ha preso la parola, minigonna e stivali al ginocchio, più che spavalda è sembrata nervosa. E se il silenzio sulla questione banche voleva trasmettere superiorità è sembrato solo reticenza. Poi, la "madrina" non s' è più vista. Fissa nel backstage, non è salita sul palco neanche alla fine.
paolo mieli, stefania giannini, luca lotti, luigi gubitosi, franco marini, simona ercolani
Il quiz (rinnegato) sui titoli "Renzi uccide la sinistra", no "Tsipras uccide la sinistra".
Venerdì sera, nel momento della massima tensione, Matteo si è divertito a sbeffeggiare Il Fatto Quotidiano (ma anche Libero e Il Giornale). La platea effettivamente ha riso. Ma due giorni dopo, anche secondo molti renziani (in primis Michele Anzaldi), la trovata si è rivelata un boomerang anche dal punto di vista della propaganda. Inopportuna, dato il momento.
E pubblicità certa per i "nemici". Magari nell' idea originaria voleva essere una trovata simpatica e molto subdola per inculcare nelle menti dei cittadini che i giornali sono brutti, cattivi e bugiardi. Ma alla fine vince l' immagine di un premier anti-democratico e desideroso di controllare la stampa. Tanto è vero che lo spin doctor, Filippo Sensi ha detto a tutti quelli che gliel' hanno chiesto che no, l' idea non è stata sua.
stefania agresti madre di maria elena boschi
Fabrizio Rondolino, giornalista marito della "regista" Simona Ercolani, è tornato a parlarne ieri su l' Unità. Sarà stata la coppia oggi al top del renzismo a idearla? I nemici interni lo suggeriscono. Ma i più ricordano: "Senza Matteo non si muove foglia". Come dimenticare la conferenza stampa di fine 2014, quando il premier dettava i titoli a Sky e irrideva le domande che non gli piacevano? A Renzi fare da direttore e conduttore piace.
Scaletta ossessiva Troppi video Il format era rigido e studiato al millimetro. Un video dopo l' altro, tanto da ubriacare la platea e ingessare qualsiasi tipo di confronto possibile. Un insieme di messaggi talmente continuo e contrastante da far sorgere il sospetto che a parte la propaganda sui risultati del governo, a Firenze ci fosse poco da dire.
Le domande addomesticate Erano stati annunciati i question time ai ministri. Ma le domande erano palesemente organizzate, studiate e concordate. Effetto: fintissimo.
Il karaoke su "Azzurro" Il coretto sulle note di Celentano è partito nel primo pomeriggio di sabato. Un momento karaoke così dissonante, da lasciare fredda pure una platea tifosa. Segno della definitiva trasformazione della Leopolda in kermesse telecomandata dall' alto. Non a caso, quest' anno la conduzione è stata affidata a un dj professionista, Andrea Vignolini di LadyRadio, che ha affiancato i due originariamente prescelti, Ottavia Soncini e Ciro Bonajuto, non in grado di reggere il palco.
fotomontaggi maria elena boschi e banca etruria 5
La prima sera in soccorso era arrivato lo stesso segretario-premier. Tre giorni, in questa veste, sarebbero stati troppi, anche per lui. Il messaggio è fin troppo chiaro: del popolo della Leopolda è rimasto ben poco. Dopo Matteo, il diluvio.
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