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Danilo Taino per il “Corriere della Sera”
La Banca centrale europea di Mario Draghi ha deciso di non nascondersi dietro ai governi che oggi si riuniranno a Bruxelles. Ieri, ha mandato un messaggio chiarissimo al governo e al sistema finanziario greco: o la situazione si sblocca per qualche magia, e Atene avanza proposte serie per affrontare la sua drammatica crisi, oppure non ci saranno più spazi per tenere in piedi le sue banche: evento che farebbe scattare l’inizio della sostituzione dell’euro con qualcosa di diverso in Grecia.
draghi tsipras putin varoufakis
Il Consiglio dei governatori della Bce ha deciso di mantenere immutato il tetto dell’Ela, cioè della liquidità d’emergenza che finora ha fornito agli istituti di credito ellenici: a 88,6 miliardi. Cioè non ha dato loro altri fondi nonostante nelle casse delle banche ci sia denaro sufficiente solo per qualche giorno, forse meno, per fare fronte ai prelievi individuali quotidiani di 60 euro consentiti dal governo. Prima di questo annuncio, l’esecutivo greco aveva fatto sapere che, a differenza di quanto aveva assicurato Syriza venerdì scorso in campagna referendaria, oggi le banche non riapriranno e resteranno chiuse almeno fino a giovedì.
La Bce, però, non si è limitata a tenere fermo il tetto dell’Ela. Ha anche fatto una mossa a sorpresa e ha deciso di applicare il cosiddetto haircut sulle garanzie dei titoli di Stato che le banche greche le danno in cambio della liquidità d’emergenza. Significa che oggi quei titoli valgono ancora meno di prima, essendo in stato di default o semidefault. Dunque, le garanzie che le banche hanno in portafoglio sono oggi inferiori a quelle di ieri. La Bce non ha fatto sapere di quanto sia stato il taglio.
Forse non è lo stesso per tutti i titoli: si è saputo che per alcuni di questi è del 10%. Si capisce che non è tale da costringere le banche a restituire parte degli 88,6 miliardi che hanno incassato nei mesi scorsi, altrimenti crollerebbero stamattina.
Ma è chiaro che ormai siamo vicinissimi al limite di quanto potrebbero ricevere. La Bce ha cioè segnalato agli istituti di credito greci — e al premier Alexis Tsipras — che sono a un passo dal precipizio. Se non si aprirà la prospettiva di un nuovo programma di aiuti alla Grecia in cambio di riforme, le banche non potranno più ricevere un euro dalla Bce, dovranno ricapitalizzarsi perché il loro capitale è crollato a causa del default del Paese e potranno farlo solo con una valuta parallela.
Il tutto si può leggere anche in questo modo: la Grecia ha pochi giorni, forse poche ore, per non uscire dalla moneta unica e la Bce non ha la possibilità legale di evitarlo.
Il segnale mandato dai governatori è forte. In sostanza, è la continuazione di quanto disse Draghi nel 2012, all’apice della crisi precedente (di mercato): «La Bce farà tutto quanto è necessario» per salvare l’euro. Anche oggi vale lo stesso concetto: è pronta a fare qualsiasi cosa, ad alzare qualsiasi muro, per evitare che il sistema delle banche centrali dell’eurozona venga travolto dall’insolvenza greca.
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