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Marco Del Corona per Corriere della Sera
Non basta una sentenza per mettere a tacere una storia che continua a parlare. Gu Kailai, condannata lunedì scorso alla pena di morte (con due anni di condizionale, di fatto un ergastolo o anche meno), non esce di scena.
Dopo che in Cina alcuni termini relativi al suo processo per l'omicidio del businessman britannico Neil Heywood erano stati cassati nelle ricerche sul web, adesso la censura si estende a diversi termini che richiamano l'idea di «sosia», «doppio», «controfigura».
Quello che sta accadendo ricalca un fenomeno frequente nella Repubblica Popolare: un fatto di cronaca viene commentato, i netizen identificano un nodo sensibile, il nodo diventa virale diffondendosi in mille microblog, le autorità intervengono.
Nel caso di Gu, moglie dell'ex portabandiera della sinistra «neomaoista» Bo Xilai, il tema è l'identità stessa della donna apparsa il 9 agosto per il processo e il 20 agosto per la sentenza davanti alla corte intermedia di Hefei: era davvero lei?
Il sospetto ha cominciato a filtrare dopo il processo lampo, sette ore in tutto. La signora in giacca e pantaloni neri, capelli corti, sembrava Gu. Forse era Gu. Forse. L'udienza, la sola del procedimento, è stata chiusa al pubblico ma la tv di Stato Cctv ha trasmesso le immagini. Gu, o chi per lei, era apparsa calma, quasi a suo agio. Anche nel giorno della sentenza, l'ammissione di avere personalmente perpetrato il delitto corrispondeva al linguaggio del corpo mostrato alle telecamere.
Addirittura, una sua affermazione aveva suscitato l'irrisione dei microblogger: Gu, o chi per lei, aveva dichiarato che il verdetto mostrava il «rispetto dei giudici per la legge, per la verità e per la vita umana»; ebbene, sulla Rete avevano scherzato paragonando i «tre rispetti» di Gu alle «tre rappresentatività », il marchio di fabbrica ideologico dell'ex leader Jiang Zemin.
Il sospetto sull'identità di Gu riflette la delicatezza del processo a poche settimane dal congresso del Partito che rinnoverà i vertici della Repubblica Popolare. L'impiego di una sorta di controfigura per mettersi al riparo da sorprese o per ovviare a una situazione psicofisica non gestibile dell'imputata si riallaccerebbe, comunque, alla pratica diffusa anche nella Cina del passato di far scontare condanne a figure pagate all'uopo dai veri destinatari del procedimento penale. Una «win-win situation», per usare un'espressione cara alla Cina d'oggi: il ricco si risparmia la galera, il povero trova un gruzzoletto, se non per sé, per la famiglia.
I pettegolezzi online stavolta si sono concentrati sulle fattezze fisiche, la forma delle orecchie, il gonfiore del viso (che però poteva essere causato da psicofarmaci, compatibili con il profilo di una persona che ha ucciso «in preda a un grave stress»). A questi si sono aggiunti i giornali. Da Hong Kong l'Apple Daily ha persino dato un nome alla controfigura, Zhao Tianyun, scrivendo che sarebbe stata indicata dalla moglie del premier Wen Jiabao.
Il Financial Times invece ha citato due esperti di software per il riconoscimento facciale secondo i quali la Gu del processo non poteva assolutamente essere la Gu che appariva nelle fotografie dei tempi felici, accanto a Bo Xilai. A fronte di tale e tanta mobilitazione dietrologica, le conferme da parte di chi aveva conosciuto nel tempo la coppia Bo & Gu sono state assorbite rapidamente. E il blocco alle ricerche sulla parola «sosia», rimanda all'opacità dell'intera vicenda. Forse quella del caso Gu non era giustizia, ma una sosia della giustizia.
Gu Kailai
GU Kailai
Bo Xilai Gu Kailai
Neil Heywood Bo Xi Xilai
GU KAILAI MOGLIE DI BO XILAI CON PATRICK DEVILLERS
neil heywood
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