DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Foto di Marco Ferrario, tratte dal numero in edicola di ''Vanity Fair'' www.vanityfair.it
Candida Morvillo per il Corriere della Sera
C' è una sola italiana fra le 53 candidate al World Mayor Prize 2018, che premia la sindaca migliore del mondo ed è organizzato dalla City Mayors Foundation di Londra. Si chiama Patrizia Barbieri ha 58 anni e governa Piacenza, non proprio una capitale. Le tocca giocarsela, per dire, con la collega di Parigi Anne Hidalgo. La prima a esserne stupita è lei, eletta un anno fa, il 25 giugno, sostenuta da Forza Italia, Lega e Fratelli d' Italia, prima esponente di centrodestra a espugnare dopo 15 anni quello che era un fortino del Pd. Dice: «Mi chiedo perché mi hanno scelta, avrei voluto fare di più, il primo anno è stato duro...».
Si è insediata ed era sui giornali per un' inchiesta su 50 furbetti del cartellino.
«Di solito, ci s' insedia trovando un mazzo di fuori, io trovai la Guardia di Finanza.
Ovviamente, ero nuova, l' indagine non mi riguardava, ma dovetti iniziare con tutti quei dipendenti sospesi. La squadra di manutentori era stata azzerata e, ironia della sorte, la prima cosa che contavo di fare era riqualificare il decoro urbano del centro. Ancora oggi, con molte persone sospese o licenziate e ricorsi avviati, subiamo il contraccolpo».
Il premio, per la prima volta dal 2004, è solo per le donne. È più difficile essere donna e sindaco?
«Un po' sì, devi conciliare tutto, io lavoro da avvocato, ma ho anche un marito e due figlie e ogni momento libero è per loro, ma non amo il vittimismo. Nel '94, quando sono diventata sindaco di Castelvetro Piacentino, c' era più scetticismo verso le donne».
Nell' ultima campagna elettorale, però, è stata vittima di un sms sessista.
«Pare lo abbia diffuso un avversario politico che è stato hackerato. Ha fatto il giro della città e diceva: "La Barbieri, non vincerà perché è... (e qui una parola irripetibile per dire che non ero affascinante)».
Perché ride?
«Che devo fare? Se fossi stato un uomo, quell' sms non l' avrebbero scritto».
Che risultati si riconosce in questo primo anno?
«La riorganizzazione degli uffici: abbiamo nominato un direttore generale e ridotto i dirigenti. Ho inaugurato un pattinodromo fermo da vent' anni, chiedendo sponsorizzazioni ai privati. Sembra una cosa piccola, ma è importante per le persone».
La sinergia coi privati è un suo metodo?
«Lo uso perché la città risponde. L' ha fatto anche sugli itinerari culturali che ho allargato a periferie e frazioni, con percorsi di teatro, burattini».
La Parma del sindaco Pizzarotti sarà Città della Cultura 2020 e lei gli si è federata e sarà della partita. Ha realizzato lo sposalizio coi 5 Stelle prima di Salvini.
«Ho fatto di più, perché con noi c' è anche il sindaco di Reggio Emilia, che è del Pd.
Ha vinto Parma, ma condividiamo la vittoria in tre».
E lei ha portato bene a Salvini, che aveva lanciato il suo programma di governo da Piacenza in quanto prima città dell' ex rossa Emilia con assessori leghisti.
«Ci sentiamo ancora se serve, o anche solo per dirci come va. E così con Giorgia Meloni e Maria Stella Gelmini. Per un sindaco è fondamentale una simile vicinanza».
Piacenza ha il 18 per cento di immigrati residenti, più del doppio della media nazionale. Come se la cava?
«Molti sono integrati, ci creano problemi soprattutto i richiedenti asilo giunti nel 2016. Nel quartiere Roma, c' è un tema sicurezza e ho un progetto per riaprire le botteghe chiuse finanziando start up di giovani artigiani, e arriveranno nuove telecamere».
Il Pd locale l' ha accusata di raccontare Piacenza come il Far West.
«La gente è stanca di chi alimenta polemiche, vuole invece essere ascoltata».
Che sogna per la città?
«Un centro più vissuto e a misura di giovani».
Conosce qualche collega nella lista delle 53?
«Vorrei tanto conoscere la sindaca di Parigi, ma non credo che a lei interessi conoscere la sindaca di Piacenza».
2. IL MIGLIOR SINDACO DEL MONDO? PATRIZIA BARBIERI
Silvia Bombino per www.vanityfair.it
«Sì», risponde. Ed è l’unica volta che, durante l’intervista, interrompe una domanda. Patrizia Barbieri, 58 anni, sindaco di Piacenza da uno, di una cosa è sicura: «Fossi un uomo sarebbe tutto più facile». E srotola il teorema del primo cittadino al femminile: «Non puoi entrare in una sala dove non ti conoscono, e fare una battuta: se sei un uomo sei simpatico, se sei una donna sei frivola.
salvini sull aereo militare verso la libia
Ma non puoi nemmeno essere seria e chiedere, per esempio, di leggere i verbali: un uomo che lo fa è preciso, una donna una rompiscatole». Nella sala riunioni del Comune, che si affaccia su piazza dei Cavalli, Barbieri arriva sorridente ma non troppo. La sua è una filosofia della misura. «Per famiglia, appartenenza, formazione, sono una persona concreta, non amo la sovraesposizione, mi piace lavorare e vedere i risultati».
Sveglia alle 6.30, rientro a casa non prima delle 9 di sera. Weekend dedicato alla famiglia. Una sola vacanza all’anno, ad agosto (cinque giorni a Sanremo, quattro in montagna). È lei l’unica italiana (su un migliaio di sindaci donna) a figurare tra le candidate del premio internazionale World Mayor 2018, che ogni due anni la fondazione filantropica City Mayors assegna ai migliori primi cittadini di tutto il mondo. Quest’anno, che è dedicato solo alle donne, in gara ci sono Anne Hidalgo di Parigi e le sindache di territori difficili come Molenbeek in Belgio e Calais in Francia. Non ci sono le prime cittadine più note d’Italia, Virginia Raggi e Chiara Appendino.
Come se lo spiega?
«Non so chi mi abbia candidato e scoprirlo mi ha sorpresa. Immagino che si premi il mio lungo impegno amministrativo, sono 25 anni».
Ha iniziato nel 1994, all’epoca della discesa in campo di Berlusconi.
«Ero e sono un avvocato matrimonialista, all’epoca anche assistente all’università. Mi hanno chiesto di candidarmi a sindaco di Castelvetro Piacentino in una lista civica. Ho accettato e da allora ho sempre fatto politica a livello locale, poi anche in Provincia».
Chi glielo chiese?
«I partiti che sostenevano quella lista: tra gli altri proprio Forza Italia, di cui feci la tessera, che mantenni fino al 2004. Si doveva espugnare un paese da 45 anni governato dalla sinistra».
La sua lista dello scorso anno invece era sostenuta dalla Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, pensionati e liberali, con lo slogan «Prima i piacentini». Viene da una famiglia di destra?
«Mio padre era meccanico e mia madre ostetrica. Gran lavoratori, non si sono mai interessati molto di politica, mi hanno insegnato solo tre valori: onestà, fatica e serietà. Quando sono diventata sindaco mi hanno appoggiato. In campagna elettorale mi hanno dato della fascista e della razzista, mi han detto di tutto, ma non lo sono».
Se le danno della fascista per lei è un insulto?
«Sì».
Non ci sarà mai una via Giorgio Almirante a Piacenza?
«Valuto tutto, mi hanno fatto proposte anche per altri nomi. A tutti i piacentini, comunisti e no, è sempre piaciuto l’avvocato Carlo Tassi, che era dell’Msi (avvocato e deputato missino dal 1972 al 1992, morto nel 1994. Noto perché indossava sempre la camicia nera, ndr)».
Salvini e Meloni sono venuti in campagna elettorale a sostenerla.
«Sì, si sono spesi molto».
È mai andata a Arcore in questi anni?
«No. Berlusconi lo conobbi nel 1994 alle convention, giornate di formazione che Forza Italia organizzava a Milano, prima che diventasse un partito. Era interessante, c’era gente come il filosofo Marcello Pera, uscivi contento. Altri contatti non ce ne sono stati. Matteo Salvini e Giorgia Meloni invece sono persone più raggiungibili, con cui posso confrontarmi se c’è bisogno».
Che cosa pensa dell’ascesa della Lega di Salvini?
«Non credo nel discorso del populismo. Mentre il Pd crolla, perché autoreferenziale, Salvini piace perché le persone hanno bisogno di essere ascoltate, avere una qualità di vita migliore, meno insicurezza. Togliere quella sensazione di paura a volte più percepita che reale, quando per esempio ti avvicina un parcheggiatore abusivo…».
Se il primo luglio, a Pontida, Matteo Salvini dovesse lanciare davvero Lega Italia, lo seguirebbe?
«No, ora voglio fare l’amministratore locale e restare indipendente».
Quanti migranti avete accolto in città in questi anni?
«Nel 2016 arrivarono circa un migliaio di richiedenti asilo, collocati al quartiere Roma, vicino alla stazione. C’era un vero e proprio business, gente che affittava anche a 20 persone in un appartamento. Adesso la situazione è molto più tranquilla. Noi siamo per l’inclusione, l’integrazione, non il ghetto».
Sembrano discorsi di sinistra.
«Qui il Pd il problema l’ha creato».
Ma nemmeno chiudere i campi rom, come da vostro programma, è la soluzione.
«Noi vorremmo eliminarli dopo un percorso di integrazione, abbiamo un tavolo aperto. Ai nomadi chiediamo di lavorare, integrarsi e solo dopo poter accedere alle case. Non è facile, a volte ti dicono una cosa, poi fanno tutt’altro».
Che cosa pensa delle «sparate» di Salvini sul censimento dei rom?
«Mi sembra che tutto quello che dice venga letto in modo strumentale. Salvini non ha bisogno di me per difendersi, però è un fatto che appena parla viene attaccato. Sta solo ponendo un problema su situazioni che si trascinano da anni, ci sono bambini rom che non si sa neanche se vanno a scuola».
Ma è il ministro dell’Interno, dovrebbe stare attento alle parole: dire «schediamo i rom» è diverso da dire che c’è un problema di legalità.
«Arrivare a una soluzione è un lavoro ragionato, ci sarà modo per affrontare anche questo. Certo, finché si commentano solo i tweet…».
Salvini comunica sui social. Lei invece non è su Facebook, perché?
«Non ci capisco nulla. Mio marito ogni tanto mi spiega come fare, è molto paziente, ma io dimentico tutto. È uno spazio che devo iniziare a presidiare, però. Sui giornali leggo tanta disinformazione».
Suo marito è il magistrato Pierpaolo Beluzzi, noto per l’indagine sul calcioscommesse e per aver digitalizzato gli atti del processo sulla strage di Piazza Fontana. Anni fa si era proposto alle primarie del Pd. Avete idee politiche diverse?
«No, gli avevano proposto un progetto di innovazione in cui credeva, ma quando sono partite le polemiche di corrente ha lasciato perdere, da quelle primarie si è ritirato. Essendo il mio lavoro la politica, né con lui, né con le mie figlie (Veronica e Valentina di 19 e 22 anni, una maturanda, l’altra iscritta a Giurisprudenza, ndr) amo parlarne a casa, dove già sono poco».
Scusi, lei è avvocato, suo marito magistrato, siete persone di legge. Non commentate neppure le frasi di Salvini sulla scorta di Saviano?
«Non ho seguito la polemica nel dettaglio, però ripeto: se i toni sono esasperati, se ci sono insulti ogni giorno sui giornali…».
Se ci si ritiene diffamati, si può denunciare. Altra cosa è insinuare che la scorta vada tolta a un cittadino minacciato dalla camorra.
«Ripeto: secondo me i toni esasperati mandano in cortocircuito, e fanno perdere di vista il vero tema, quello delle migrazioni».
È d’accordo con la politica di chiudere i porti?
«Sì. È una mossa di rottura per cambiare politica, bisogna mettere un fermo a questa situazione, seppur insieme all’Europa».
Qui la flat tax i commercianti la vogliono?
«Sì, qui la vogliono tutti».
Anche il reddito di cittadinanza?
«Interessa meno».
Che risultati ha realizzato, a Piacenza, in un anno?
«Politiche di welfare più efficaci, lotta al degrado, patto per la sicurezza e più cultura».
Può fare degli esempi concreti?
«Per esempio abbiamo riportato le persone, con eventi culturali e di svago, a vivere gli spazi critici della città, come i Giardini Margherita davanti alla stazione, e quelli delle frazioni. Stiamo cercando di supportare start-up per aiutare giovani che vogliono avviare attività artigianali».
Che difficoltà ha incontrato?
«Tante. L’inizio è stato in salita. Di solito il primo giorno da sindaco si ricevono fiori e congratulazioni. Io ho ricevuto la notifica dell’ordinanza sui 53 indagati, i cosiddetti “furbetti del cartellino”».
Conseguenza dell’azione dell’ex ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia.
«Esatto. Capirà l’atmosfera di demotivazione che c’era, perché alcuni avevano avuto comportamenti gravi ma altri solo ingenuità».
Però non ci si può lamentare dei «furbetti» e contemporaneamente delle sanzioni. Il Comune è parte lesa, come tutti i cittadini, rispetto a questi illeciti.
«Certo, non voglio dire questo: c’è chi è stato licenziato, chi è stato sospeso. Ma il fatto che 53 persone, insieme, fossero sospese dal servizio ha comportato delle difficoltà. Tutto il settore manutenzione era azzerato. Non potevamo assumere altri in sostituzione, in attesa dei processi. Per un sindaco che come prima mossa parlava di decoro pubblico, non è stato il massimo».
Il trionfo del centrodestra alle ultime amministrative la aiuterà?
«Sì, non tanto per un discorso di asse, ma perché il clima cambia. Si diffonde la giusta idea che la gente vuole essere ascoltata».
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