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1.E’ LA POLITICA, MONNEZZA! DOPO LA P2, LA P3, LA P4 E CRICCHE VARIE ARRIVA LA “CARBONERIA” DI RENZI
Giampiero Calapà e Vincenzo Iurillo per il “Fatto quotidiano”
Dopo la P2 della prima Repubblica, la P3, la P4 e cricche varie dell’era berlusconiana, ecco si scopre un’autoproclamata “carboneria”, di epoca renziana, che tra cene e incontri scambia informazioni sul destino dell’Italia, auspicando e annunciando scalate ai vertici dello Stato.
È il 5 febbraio 2014, alla Taverna Flavia, Roma, c’è il pranzo durante il quale il generale Michele Adinolfi accenna alla ricattabilità del capo dello Stato Giorgio Napolitano. Alla stessa tavola Dario Nardella, vicesindaco di Firenze e storico numero 2 di Renzi, anticipa alla “carboneria” riunita le trame che porteranno a #enricostaisereno, le ragioni del cambio Enrico Letta-Renzi al governo, auspicando:
“Bisogna fare la legge elettorale e andare a elezioni anticipate. (. .. ) Oggi Letta che cosa può fare, anche un Letta bis, che consenso ha nel Paese per poter fare una riforma? Lui c’ha proprio questa cultura andreottiana del tirare... (...) io fossi stato Letta, il giorno che il segretario del mio partito prende due milioni di voti, il giorno dopo sarei andato da lui. (...) Oppure quando ha detto dieci anni di inconcludenza, io sarei andato da Renzi e gli avrei detto: se questo è il tuo giudizio sul mio governo lascio, che il partito decida, invece mi dà l’impressione che sta attaccato alla seggiola”.
giulio con il padre giorgio napolitano e ignazio marino
Alla stessa tavola c’è anche il superburocrate del ministero dell’Economia Vincenzo Fortunato, ha un’idea ben precisa: “Letta ha voluto distruggere il centro di potere, ma non ha creato nulla. Oggi Letta paga le conseguenze di aver smantellato ogni struttura”.
Qualche giorno prima squilla il telefono del generale Michele Adinolfi. È Luca Lotti, braccio destro, factotum di Matteo Renzi, oggi sottosegretario con delega ai servizi segreti. È il 16 gennaio 2014, il 22 febbraio il sindaco di Firenze diventerà presidente del Consiglio. Adinolfi ha un obiettivo: avanzare la sua candidatura a comandante generale della Guardia di finanza, non ci riuscirà, ma l’11 gennaio aveva già ricevuto le confidenze di Renzi sull’intento di sostituire Letta jr a Palazzo Chigi: “Lui non è capace, non è cattivo, non è proprio capace ma l’alternativa è governarlo da fuori”.
clio giulio e giorgio napolitano ignazio marino (2)
Lotti, invece, quel 16 gennaio, propone ad Adinolfi un caffè nel pomeriggio a largo del Nazareno, divenuto ormai simbolo di patti più o meno nascosti. Più tardi è Adinolfi a chiamare e Lotti “risponde di essere in ritardo, consiglia però al generale di salire nel suo ufficio in quanto ci sono troppi giornalisti in zona”.
GIULIO E GIORGIO NAPOLITANO FOTO LA PRESSE
Gli episodi, raccontati in queste carte dell’indagine su Cpl Concordia e depositate dai pm della Procura di Napoli, sono la sintesi perfetta di un certo modo di gestire il potere e nasconderne alcuni aspetti. Infatti, quelli sono proprio i giorni decisivi per la scelta del nuovo comandante delle Fiamme gialle e per le sorti del vecchio governo Letta e del nuovo governo Renzi.
La rete relazionale che Michele Adinolfi (indagato ma già con richiesta di archiviazione della procura) “è riuscito a creare nel corso del tempo –scrivono gli inquirenti –gli è funzionale a perseguire i propri interessi, complice sicuramente la fortuita coincidenza che ha fatto sì che si trovasse a Firenze nel momento storico dell’affermazione politica a livello nazionale dell’ex sindaco Matteo Renzi: riesce ad avere un canale preferenziale sia col premier, sia con Luca Lotti, sia con Marco Carrai”.
La nomina di Adinolfi non arriverà, bloccata proprio dal governo Letta per la conferma al comando generale di Saverio Capolupo. E Adinolfi non gradisce, come si evince da uno scambio di sms con lo stesso Lotti. “Con nostra avversione”, scrive il renziano. “Ok ma non è passato comunque”. “Ti chiamo e ti spiego quello che è successo”.
MATTEO RENZI E LA BOMBA A ENRICO LETTA
“Ha fatto Matteo ieri”. Altro che Nazareno per le riforme. Adinolfi soltanto nel dicembre 2013 per altro, parlava al telefono con Attilio Befera, in quel momento direttore dell’Agenzia delle entrate, per chiedergli se Gianni Letta avesse saputo della richiesta di archiviazione dei pm di Roma nella vicenda della P4. Befera gli risponde: “Non ti preoccupà, ti curo io...”.
Pochi giorni dopo Gianni Letta chiama Adinolfi invitandolo nel suo ufficio Mediaset. “Allora mi vuoi ancora bene?!”, dice il generale. “Io sempre te ne voglio”, risponde l’ex eminenza grigia di Berlusconi. Da Forza Italia al Pd il passo è breve. Il 9 gennaio 2014 Nardella telefona ad Adinolfi: commentano l’operato del ministro dell’Economia Saccomanni. Il generale dice che “Matteuccio avrebbe voluto al posto di Saccomanni il vecchio, ma i due concordano che il cambio non avrebbe logica”.
Il 17 gennaio 2014 Adinolfi è a cena con altre fiamme gialle, il futuro capo del governo Renzi è al centro dei discorsi. A tavola, alla Taverna Flavia, c’è il generale Vito Bardi, comandante in seconda della Finanza, ora in pensione, e il generale Giorgio Toschi, comandante della scuola di Polizia Tributaria. La microspia funziona male, l’audio non è chiaro. Una delle mogli si chiede se si possa rimuovere Capolupo, Toschi risponde “che non è possibile”. Quindi “senza comprendere il nesso viene fatto il nome di Renzi”. Bardi si allontana un attimo, poi torna al tavolo e commenta: “Mi sembra il tavolo della carboneria”.
mar32 michele adinolfi pippo marra maurizio tucci
2. IL LEGAME TRA RENZI E ADINOLFI INIZIA NEL 2011, QUANDO IL GENERALE ARRIVA A FIRENZE
Davide Vecchi per il “Fatto quotidiano”
Il generale Michele Adinolfi ha 44 anni di servizio nella Guardia di Finanza. Ed è arrivato a Firenze solamente nel 2011 come comandante interregionale di Toscana ed Emilia- Romagna. Dalle intercettazioni dell’indagine della Procura di Napoli sulla Cpl Concordia e diffuse ieri dal Fatto, si scopre un profondo legame di amicizia tra Adinolfi e Matteo Renzi, creato in tre anni.
dambrosio saverio capolupo simonetta matone
Tanto che quest’ultimo aveva intenzione di nominarlo al vertice delle Fiamme Gialle una volta diventato premier ma è stato anticipato dal suo predecessore, Enrico Letta, che ha confermato il generale Saverio Capolupo, pochi giorni prima di vedersi sottrarre il governo da Renzi attraverso una ormai evidente manovra di potere.
Eppure i due hanno approfondito il loro legame solo nel 2013, grazie a Luca Lotti, giovane miracolato dall’allora sindaco, nonché cinico equilibrista nei rapporti con le forze armate per conto del capo, Matteo. Quando nel giugno 2013 esplose lo scandalo delle escort a Palazzo Vecchio fu Lotti a monitorare da dietro le quinte le indagini e a pilotare le conseguenze politiche distanti dal Palazzo.
Sempre a Lotti venne affidato il dossier interno sulla casa che Marco Carrai ha pagato all'amico Renzi e varie altre piccole grane che hanno coinvolto nel tempo l’attuale presidente del Consiglio. Ma le intercettazioni raccontano di un legame diretto tra Adinolfi e Renzi. Con il generale che regala cravatte al premier, preoccupandosi che se non gli piacciono i colori le può cambiare, e l’altro che confida all'uomo delle Fiamme Gialle come sta provocando la caduta dell’esecutivo Letta.
Perché in meno di un anno i due sono diventati così uniti? Tanto che Adinolfi, dopo aver visto sfumare la nomina a capo della Finanza chiederà a Renzi la guida dell’Aise (ex Sismi), al posto di direttore o vicedirettore del servizio segreto che in quel momento era vacante ed era scelto dalla Presidenza del Consiglio. Alcune recenti inchieste hanno svelato come la Guardia di Finanza sia spesso al centro dei giochi di potere dei Palazzi.
mar25 marra elia valori cossiga michele adinolfi
Dal Mose, che portò in carcere il generale Emilio Spaziante per aver ricevuto mazzette in cambio di informazioni riservate, all'alta velocità e grandi opere fino alla Cpl Concordia, gli uomini delle Fiamme Gialle sono spesso perni stessi del sistema corruttivo. Del resto, come spiegò lo stesso Spaziante ai pm di Napoli che lo interrogarono per l'inchiesta sulla P4, “nella Gdf le notizie investigative giravano e arrivavano al Comando generale”: i vertici sanno tutto.
Compresi comandanti regionali e interregionali. Gli stessi pm di Napoli titolari dell'inchiesta sulla Cpl hanno parlato di “sistematica e piuttosto inquietante ingerenza in scelte e vicende istituzionali ai più alti livelli” da parte di Adinolfi. La posizione del generale, inizialmente indagato, è stata archiviata. E mai sono state indicate nello specifico le supposte ingerenze. Renzi, inoltre, non è mai finito direttamente in nessuna inchiesta, seppure ci siano diversi fascicoli in Procura a Firenze che riguardano vicende a lui collegate.
È uscito totalmente indenne anche dalla vicenda dei contributi figurativi per l'azienda del padre nella quale era stato assunto poche settimane prima di essere eletto presidente della Provincia e poi pagati dallo Stato per dieci anni: si è dimesso dalla società dopo che Il Fatto aveva rivelato i contorni imbarazzanti della storia nel 2014. Senza altri danni.
Una vicenda simile (anche se ogni caso fa storia a sé) ha trascinato un ex ministro in Procura con l’accusa di truffa aggravata: Josefa Idem. Secondo le indagini svolte dalla Gdf di Ravenna, coordinata dal pm Angela Scorza, l’ex olimpionica si era fatta assumere dal marito poco prima di essere riconfermata assessore del Comune di Ravenna, così da far versare i contributi previdenziali all’ente. Un’occupazione durata però appena sette mesi. Non dieci anni
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