COPIA E VINCI- IL PRODUTTORE MAURIZIO TOTTI: “BASTA SNOBISMI SUI REMAKE. EPPOI CI SONO MOLTI AUTORI CHE SPACCIANO COME ORIGINALI IDEE SCOPIAZZATE E PRODUTTORI CHE PLAGIANO SENZA RITEGNO FILM STRANIERI”

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Malcom Pagani per il “Fatto quotidiano”

 

MAURIZIO TOTTIMAURIZIO TOTTI

Maurizio Totti, 61 anni, produttore. Decine di titoli nel curriculum, molti recenti premi per Vergine Giurata, un ciuffo di remake che da Che bella sorpresa a La peggiore settimana della mia vita e Fuga di cervelli gli hanno garantito incassi da sogno e qualche critica da incubo: “Più che critica, è puro pregiudizio figlio di un vecchio schema che separava nettamente il cinema commerciale da quello d’autore.

 

Per anni abbiamo pensato al regista come un pensoso filosofo che non diversamente dal Leopardi de Il giovane favoloso viveva sepolto in casa a elaborare un’idea originale che immancabilmente avrebbe scritto, diretto e interpretato non dimenticando di occuparsi anche delle musiche e dei costumi”.

 

fuga di cervelli fuga di cervelli

Con quali conseguenze?

Una serie di film che non hanno lasciato nessun segno né raggiunto nessuno degli obiettivi economici previsti. Nel cinema, la produzione è un mestiere che si propone di conseguire un risultato anche economico. Non c’è niente di male. Niente di cui scusarsi. Sono un produttore, non un filantropo.

 

Qualcuno le ha chiesto di scusarsi?

L’atteggiamento di alcuni critici nei confronti del remake è ostile. ‘Ancora un remake’ scrivono, senza notare che esistono molti autori che spacciano come originali idee scopiazzate e altrettanti produttori che, immagino, guardano un film straniero e senza pagare i diritti lo plagiano senza ritegno convinti che tanto nessuno se ne accorgerà.

ma che bella sorpresama che bella sorpresa

 

Le pare disonesto?

A dir poco. Belli di Papà, il prossimo film di Guido Chiesa con Diego Abatantuono che sto producendo è il remake di un film messicano. Parla di ricchi e poveri, nord e sud, genitori e figli. Ho visto l’o r iginale, Nosotros los nobles e ho deciso di comprarlo. Non sa quante volte mi capita di incontrare colleghi stranieri che mi dicono: ‘Ma in Italia questo film l’avete già fatto, non avete pagato i diritti, ma l’avete girato lo stesso’.

 

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Il principale appunto mosso al remake è quello di impoverire il panorama di idee originali.

Rispondo con un dato: negli ultimi tempi ho prodotto tre remake e due film originali.

Con i primi ho incassato 30 milioni di euro. Con i secondi 3. Se qualcuno mi spiega che delitto compio con il remake sono pronto a discuterne. Non penso che esista un cinema puro e un suo contraltare impuro, ma come dicevano i saggi c’è sempre qualcuno di più puro che ti epura. Ecco, di questa presunta purezza io fatico a distinguere i confini. Quando con Salvatores lavorammo al progetto di Io non ho paura, passammo più tempo a difenderci dalle critiche preventive che a presentare le vere ragioni per cui avevamo fatto il film.

 

Cosa vi imputavano?

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Di aver messo in piedi un film tratto da un libro. Capirai, lesa maestà. Come vede il preconcetto verso il remake ha radici lontane. Ho visto che del tema ha parlato con venature aspre anche Carlo Verdone. Ognuno dice la sua e io rispetto tutti. Chiederei solo lo stesso trattamento. Non tutti i remake riescono nell’intento di sorprendere, divertire o incassare bene. Se il cinema fosse una scienza esatta, ci sarebbe un produttore ogni due italiani. Non tutti i remake sono stati convincenti, è vero. Non è una buona ragione per eliminarlo dall’orizzonte del cinema italiano.

 

A proposito, in che stato versa il nostro cinema?

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Per usare una brutta espressione, fare sistema, da noi, è impossibile. Quello del regista non diversamente dal mestiere che faccio io, è il lavoro più individualista che ci sia. Per tacere del fatto che appena qualche collega arriva a rivestire un ruolo istituzionale, regolarmente, prende a farsi i cazzi propri. Quando per un film di Matteo Rovere ricevetti dalla commissione preposta un incredibile divieto ai minori di 18 anni, non mi ricordo un solo produttore che abbia fiatato. Si naviga per conto proprio. In solitudine.

 

Per che cosa si può lottare collettivamente allora?

Non per la vittoria in un Festival. Si è ragionato molto sui mancati premi italiani di Cannes, ma quando partecipi a una gara, lamentarsi in coda è inelegante e un po’ inutile. Va invece protetta la differenza tra le specie. La sopravvivenza delle più diverse razze in sala. Il film d’autore come quello commerciale. C’è spazio per tutti.

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