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Emanuele Buzzi e Marco Imarisio per il “Corriere della Sera”
«Presto non avrete più bisogno di parlare con me...», Gianroberto Casaleggio si rese subito conto che quella battuta poteva prestarsi anche a interpretazioni non politiche. Appena uscito dal solito bar in via Morone, camminava a fatica, sottobraccio al fedele Pietro Dettori, storico impiegato della sua azienda. «Scusate, oggi proprio non ce la faccio».
GIANROBERTO E DAVIDE CASALEGGIO A ROMA
Era il primo pomeriggio di venerdì 11 marzo, e molto se non tutto era stato appena deciso, in una riunione mattutina alla quale erano presenti i cinque del direttorio, Beppe Grillo che a Milano stava trattando le nuove date del suo spettacolo, lui e suo figlio Davide. Nessun altro. Quel giorno si parlò di ciò che sarebbe accaduto nel Movimento Cinque Stelle.
Casaleggio verrà ricordato soprattutto per la sua teoria del web come arma di liberazione politica. Ma nella vita quotidiana della sua creatura hanno sempre inciso di più le doti di pianificatore, il pragmatismo quadrato. Mai avrebbe consentito che la sua scomparsa potesse coincidere con l’anno zero. E quella riunione serviva a lasciare linee guida chiare, almeno nella loro enunciazione.
La prima, e la più importante, riguarda la ricerca di un nuovo leader, dotato di quei poteri riservati finora ai due cofondatori. A farla breve, il candidato premier alle prossime elezioni politiche, giudicate imminenti. La scelta avverrà entro il prossimo giugno, naturalmente online, su questo Casaleggio non ha mai voluto sentire discussioni, nonostante i recenti pasticci. Piaccia o non piaccia, all’interno del Movimento a molti non piace, ma ogni indizio porta all’incoronazione di Luigi Di Maio, non a caso etichettato da Grillo come un «Casaleggio senza capelli». Più di una battuta.
Il Casaleggio originale sapeva bene che il successo ottenuto alle elezioni politiche del 2013 aveva chiuso in modo definitivo la fase pioneristica del Movimento Cinque Stelle. Il direttorio non gli venne imposto ma fu una sua scelta, necessaria per colmare il vuoto lasciato da Grillo, che dopo le Europee del 2014 aveva mollato la presa. Anche se la malattia non l’avesse vinto in così poco tempo, era già stato deciso di assegnare maggior potere decisionale al gruppo dei cinque parlamentari che avranno voce in capitolo anche su selezione dei candidati ed espulsioni. Il baricentro si sposterà sempre più a Roma.
Ma il cosiddetto movimento-azienda non finisce certo con la morte del titolare della Casaleggio e associati. Suo figlio Davide diventerà il titolare del sistema operativo che consente l’accesso al blog. I codici del Movimento Cinque Stelle restano così in famiglia, e non si tratta certo di una promozione. Erano mesi ormai che Casaleggio junior faceva le veci del padre, spesso impossibilitato a svolgere il proprio lavoro.
La famosa scomunica di Federico Pizzarotti e degli altri sindaci 5 Stelle «in cerca di visibilità» apparsa sul sacro blog era firmata dal padre ma concepita e scritta dal figlio, così come la recente intemerata nei confronti di un giornalista della Stampa «reo» di aver parlato delle reali condizioni di salute del cofondatore milanese.
La successione dinastica avverrà anche sul piano legale e amministrativo. Gianroberto Casaleggio era infatti uno dei quattro membri dell’associazione a cui fa capo il Movimento Cinque Stelle, titolare della proprietà del simbolo e del conseguente potere di revoca. La sua quota verrà rilevata da Davide. A volerlo è stato soprattutto Grillo.
La scomparsa del suo alter ego avrà conseguenze anche per lui. Casaleggio aveva assecondato il passo indietro dell’amico, senza mai condividerlo fino in fondo. Era consapevole del fatto che al momento non è dato un M5S senza Grillo. Le dichiarazioni pubbliche non andavano in tal senso, ma era una delle sue maggiori preoccupazioni. L’ex comico, momentaneamente tornato a essere tale, ha promesso di rimettersi in gioco, non da subito.
Nei prossimi mesi la sua presenza si sentirà soprattutto sul blog. Quando verranno nuove elezioni politiche, l’impegno cambierà. Grillo sarebbe pronto eventualmente a sobbarcarsi anche un altro «Tsunami tour», come nel fatidico 2013.
Casaleggio se n’è andato con la consapevolezza di lasciare dietro di sé equilibri incerti. Ma non era un uomo tenero. La vocazione autoritaria di M5S veniva da lui. L’ultimo lascito è una stretta sulle regole, con l’introduzione di un antico pallino, un ricorso maggiore alla pratica del «recall», ovvero l’avvio della procedura di espulsione di un eletto nel caso quest’ultimo riceva la sfiducia di almeno 500 iscritti del territorio di provenienza. L’adesione alle regole non ha mai previsto deroghe, meno che mai adesso. Con la sua scomparsa ci saranno possibili riposizionamenti interni, e altrettanti mal di pancia. La risposta sarà sempre la stessa.
GIANROBERTO CASALEGGIO E IL FIGLIO DAVIDE
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