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Massimo Lugli per "La Repubblica"
Intimidita, minacciata e denunciata senza motivo dagli agenti della polizia penitenziaria che, nel luglio del 2011, che vigilavano sulla sicurezza di Angelino Alfano, all'epoca ministro della Giustizia. Una storia di arroganza in divisa (o meglio, in questo caso, in 'abiti simulati') che ha già avuto un epilogo giudiziario.
La vittima, Arianna Bianchi, 28 anni, cantante dell''Harry's Bar' di via Veneto, è stata scagionata in istruttoria dal Gip, Stefano Aprile, che ha accolto le conclusioni del pm, Elisabetta Ceniccola: non luogo a procedere. Ora la giovane donna, tramite l'avvocato Alessandro Bernardi, chiede un risarcimento di 55 mila euro per lo shock e lo spavento subiti quella notte di due anni e mezzo fa.
«Faremo questa causa civile per una questione di principio e rispetto verso le donne in generale, il ricavato verrà dato in beneficenza» tiene a precisare il legale.
Tutto comincia alle 2,15, quando Arianna esce dal locale (uno dei più noti fin dai tempi della Dolce Vita) e sale sulla sua Micra gialla. Alta, bionda, slanciata, ex modella, la ragazza è abituata a commenti e avance più o meno galanti ma quando una 'BMW' nera piuttosto malandata, con a bordo due uomini vestiti come ultrà da stadio, comincia a seguirla, comprensibilmente, si spaventa.
«Sono arrivata a via Pinciana, diretta ai Parioli e mi sono ritrovata di nuovo la macchina dietro, quasi attaccata al parafango» racconta «Ho dato un colpetto al freno e loro hanno lampeggiato coi fari, poi mi hanno superata, hanno suonato il clacson e mi hanno fatto cenno di fermare. Ho pensato a una rapina o peggio.
La BMW si è messa di traverso sulla carreggiata e ho proseguito mentre chiamavo il 113».
A questo punto uno dei due agenti mostra una paletta ma Arianna è terrorizzata. Si ferma, ma non abbassa il vetro e chiede aiuto alla sala operativa della questura. «Mi hanno detto
di chiudermi dentro e aspettare una volante» aggiunge «e mi hanno spiegato che, poco prima, una ragazza era stata brutalizzata da falsi poliziotti». Passano minuti carichi di tensione.
I due agenti (che, spiegheranno in seguito, stavano 'bonificando' via Veneto prima del passaggio di Alfano) bussano al finestrino, mostrano un tesserino, urlano: «Apri o sarà peggio per te». Poi sul posto arriva la polizia: due volanti e un'autocivetta della mobile oltre al capoturno del reparto 'Sicurezza e vigilanza' della polizia carceraria.
Spiegazioni, documenti e l'equivoco sembra chiarito. «I poliziotti mi hanno fatto i complimenti, hanno detto che mi ero comportata benissimo e che ero stata coraggiosa» conclude Arianna. La ragazza torna a casa e cerca di dimenticare ma, qualche mese dopo, arriva la denuncia: articolo 651 del codice penale, omesso riferimento delle proprie generalità , arresto fino a un mese e 206 euro di multa. Il Gip cancella tutto ma Arianna non ci sta più: pretende giustizia. E rispetto.
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