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C.l. Per “la Repubblica”
Una stretta sulle intercettazioni «non è all’ordine del giorno», spiega Matteo Renzi parlando coi suoi. È il giorno in cui la pubblicazione delle conversazioni tra lui e il generale Michele Adinolfi (e in cui l’allora segretario pd esprimeva giudizi su Enrico Letta) riaccende lo scontro politico. «Tengo più alla produzione industriale che non alle intercettazioni», osserva il presidente del Consiglio sottolineando i buoni risultati diffusi dall’Istat con un aumento del 3 per cento. Un segno più che ha sorpreso anche i più ottimisti e che il governo attribuisce a riforme e incentivi (dalla Sabatini all’Irap).
Sulla stessa linea Dario Nardella, oggi sindaco di Firenze e nel gennaio 2014 deputato renziano, intercettato anche lui durante un pranzo con lo stesso generale della Finanza («Letta? Mi sembra attaccato alla poltrona»): «Quelli contenuti nelle intercettazioni erano argomenti di dominio pubblico, come lo era il rischio che si andasse a elezioni anticipate» . Valutazioni politiche che allora aveva più volte fatto pubblicamente. Quanto a Giorgio Napolitano e al figlio Giulio, precisa che in quel pranzo col generale, quando si è parlato di loro, non ha fatto commenti, rimanendo in silenzio.
La legge sulle intercettazioni giace in commissione Giustizia della Camera, dove da martedì dovrebbe riprendere il cammino. Che si preannuncia tuttavia lungo e complesso. Renzi non ha fretta, altri nella sua maggioranza sì. «È giunto il tempo che si approvi finalmente una normativa che, nel pieno rispetto del diritto di cronaca, eviti di trasformare la pubblicazione in un processo sommario», afferma il capogruppo di Area popolare Renato Schifani.
Dall’opposizione, Renato Brunetta alza il tiro: «Vogliamo la verità, non la veritweet». E invoca una commissione di inchiesta sui fatti del 2011, attaccando Napolitano, definito «presidente (d)emerito convertito a seguace di Matteo».
E se il figlio dell’ex capo dello Stato, Giulio, come il padre Giorgio scrive una lettera al “Fatto” per bollare come «ignobile montatura» quanto pubblicato, Maurizio Gasparri se la prende proprio con Giulio Napolitano: «Commuove la sua indignazione, solo chi avesse vissuto in Papuasia si potrebbe meravigliare per l’uso improprio delle intercettazioni». I verdiniani Luca D’Alessandro e Massimo Parisi prendono invece le distanze da Fi: «Sarebbe un grave errore condannare la pubblicazione dei brogliacci quando riguardano Berlusconi e osannarla se ad essere intercettato è Renzi, reclamando perfino commissioni di inchiesta».
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