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Il nome ancora non è noto, anche se potrebbe essere un ecumenico “Ansa-Agi”, ma Matteo Renzi ormai ha deciso che le prime due agenzie di stampa si dovranno fondere. Il settore è in perdita fissa e Palazzo Chigi, che mantiene le agenzie con fior di sovvenzioni pubbliche (nel 2014 lo Stato, ha sborsato 53 milioni, ha deciso di imporre la cura dimagrante.
L’Ansa è di proprietà dei principali editori italiani, mentre l’Agi è da sempre dell’Eni, che da anni non sa bene che farsene visto che le basta una qualsiasi campagna pubblicitaria per avere ai suoi piedi tutti i giornali italiani.
L’accordo è quindi stato tra il presidente del Consiglio e Claudio Descalzi, capatàz del Cane a sei zampe. Un Descalzi particolarmente ossequioso nei confronti dei desiderata di Pittibimbo, che finora lo ha difeso a spada tratta nella pesantissima inchiesta milanese per le tangenti in Nigeria.
L’indagine è condotta da un pm-mastino come Fabio De Pasquale, toga che in passato ha ottenuto le condanne di Bettino Craxi e Silvio Berlusconi, e coinvolge anche Paolo Scaroni e Luigi Bisignani. Per Descalzi, giura chi gli è vicino, l’inchiesta è un mezzo incubo perché la sua posizione di “esecutore” è difficilmente scindibile da quella di Scaroni. Dunque, se viene affondato Scaroni, annega anche lui.
Renzi ha fiutato la situazione e ne ha approfittato per coinvolgere l’Eni nella sua marcia sul sistema dell’informazione, anche se da bravo giocatore di scacchi ha anche pronta la carta di riserva in caso Descalzi risultasse indifendibile: si tratta di Andrea Guerra, ex amministratore delegato di Luxottica e attuale consigliere principe sulle questioni economiche di Palazzo Chigi.
A seguire la fusione Ansa-Agi sono anche Gianni Di Giovanni e Marco Bardazzi. Il primo è il presidente dell’Agi e il secondo è il responsabile della comunicazione Eni e ha alle spalle una lunga carriera all’Ansa, prima di passare alla Stampa. E proprio all’Ansa di Firenze Bardazzi ha mosso i suoi primi passi: 5 anni durante i quali ha ovviamente conosciuto il sindaco Matteo Renzi, che molto si è speso per la sua nomina alla corte di Descalzi. Bardazzi sarebbe vicinissimoa Luca Lotti, il sottosegretario con delega all’editoria, ma in pratica, insieme con la Boschi e Delrio, è il braccio esecutivo del premier.
Dunque il progetto Renzi-Lotti prevede un’integrazione tra le due agenzie entro settembre di quest’anno, Antitrust permettendo. E avrà una pesante ricaduta occupazionale. L’Ansa ha appena prepensionato 96 giornalisti e adesso ha un organico di circa 400 persone, mentre l’Agi ne ha un centinaio. Le sovrapposizioni sarebbero moltissime e già si parla di circa 200 giornalisti da mandare a casa.
Se Renzi e Descalzi riusciranno nella loro operazione è facile immaginare che il comando concreto della nuova agenzia finirà per averlo l’Eni, se non altro perché gli altri editori sono una galassia (ben 34 e la Finegil vale uno) e nessuno di questi ha voglia di cacciare un euro. Insomma, la presa del governo sulle agenzie di stampa sarà completa.
paolo scaroni and denis sassou nguesso eni
Intanto, oggi pomeriggio si terrà a Palazzo Chigi l’incontro Lotti e i rappresentanti delle agenzie di stampa. Il braccio destro del premier comunicherà i quattro criteri per poter incassare i sussidi pubblici. Il primo è di avere in organico almeno 50 giornalisti professionisti con contratto a tempo indeterminato. Il secondo prevede un’organizzazione territoriale con almeno tre sedi in Italia. Il terzo richiede che ogni agenzia abbia non meno di 30 testate abbonate “paganti” (insomma, niente cambi merce) e l’ultimo prevede che non si stia facendo ricorso ad ammortizzatori sociali.
Alla luce di quanto sopra, sarebbero in regola Ansa, Agi, Adn-Kronos, Askanews e La Presse, mentre sarebbero in fuorigioco Nove colonne, Dire, Velino e Radiocor. Le nuove regole e la fusione tra le prime due agenzie italiane avrebbe anche l’effetto di spingere l’Askanews di Luigi Abete a rilevare Radiocor dalla Confindustria, in modo da completare la propria offerta con l’informazione economico-finanziaria.
Le mani di Renzi sull’Ansa-Agi è dato da non sottovalutare e da leggere insieme alla riforma della Rai che il premier sta varando. Al di là di tutte le manfrine sulla designazione del cda e sul presunto allontanamento dei partiti dalla stanza dei bottoni di Viale Mazzini, quello che conta è che Palazzo Chigi sceglierà il nuovo amministratore delegato con super-poteri e avrà in mano la Rai.
Ricapitolando, se la campagna di primavera andrà in porto, il premier spaccone metterà le mani sulla Rai e sulla prima agenzia di stampa del Paese, il che dovrebbe aprire un qualche dibattito tra i cultori della libertà di stampa. Se poi riuscisse a piazzare anche Antonio Polito alla direzione del Corriere della Sera, come ha chiesto all’amico-alleato Sergio Marchionne, il bingo sarebbe completo.
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