DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
maria giovanna maglie con artu
Un riconoscimento da Camilla Paglia, fiera sostenitrice di Bernie Sanders? Ebbene sì, “the Donald” si prende anche questa soddisfazione. Due giorni alle primarie risolutive di Florida e Ohio, il Gop è impegnato in furiose campagne contro di lui e poco credibili “serrate le file” sul fanatico pentecostale Ted Cruz, ultimo quello dei Bush che lo detestano e lo avevano sempre dichiarato; l’ex pupillo della nomenclatura, Marco Rubio, si gioca nel suo Stato, la Florida, l’ultima partita, e invita i suoi (pochi) sostenitori in Ohio a votare per il candidato John Kazich, che ne è il governatore, nella speranza di sottrarre così più di 150 delegati a Trump nei due Stati e tenere aperti i giochi.
Donald Trump ha annullato un rally a Chicago perché dei sospetti dimostranti avevano circondato lo stadio, ma non ha fatto una piega, non ha insinuato un solo dubbio; anzi, intervistato da Msnbc, ha generosamente concesso che dimostrare è d’uopo perché il Paese è diviso e rabbioso, i posti di lavoro vanno agli stranieri e vanno all’estero, e ha concluso che quindi quelle proteste non solo non lo danneggiano, gli portano voti.
La femminista dissidente Camille Paglia
Dalle colonne di Salon.com, che Trump non lo vuole vedere neanche dipinto, Camille Paglia, scrittrice di soli best seller e polemista atomica e scorretta, risponde a una lettrice da Santa Rosa, California, che le ricorda che pochi mesi fa aveva definito Trump un “carnival barker”, un imbonitore da Carnevale, e un “non presidente”, e si chiede se abbia cambiato idea e non le sembri in fondo una sorta di repubblicano liberale.
Risposta inaspettata che vi riassumo: “Può darsi che sia ancora un imbonitore ma sembra sempre di più un presidente. Come la maggior parte dei commentatori e dei media del Nordest, credevo che fosse impossibile che Trump sopravvivesse alle sue gaffes clamorose sui messicani tutti stupratori e i musulmani che a migliaia in New Jersey festeggiano il crollo delle Torri, ero certa che sarebbe scoppiato e scomparso in una nuvola di polvere. Invece ho capito che la sua candidatura ha un sostegno ampio che pochi avevano compreso”.
Poi spiega di aver capito come stanno le cose da un video messo sul web da due sorelle del Nord Carolina, nere, da sempre democratiche, che reagivano con rabbia alle domande cattive e alle accuse di sessismo che la giornalista di Fox, Megan Kelly, rivolse a Trump nel primo dibattito tra candidati.
Le due donne nel video sono così arrabbiate con la bionda Kelly e il suo birignao che la investono di insulti del tipo “vattene a casa o fai la cronista su ‘Sesame Street’, piantala di colpire sotto la cintura, lui è l’unico su quel palco con un po’ di buon senso, lui sarà il prossimo presidente, fattene una ragione, ragazza, rassegnati, hai capito?”.
Per la Paglia se Trump ce la farà, quel video diventerà un reperto storico, sarà il simbolo della rivolta popolare contro le elites politiche e i grandi media, ed è la prova che anche se Trump è un improvvisatore troppo impetuoso, il suo candore coraggioso e la sua energia fanno sentire un soffio d’aria fresca nei clichés noiosi del politically correct.
Insomma, altro che l’etero diretta Hillary Clinton, Trump è sé stesso, combatte la burocrazia e gli sprechi di Washington, è un uomo d’affari con capacità di dirigere. Lei continua ad essere con l’onesto socialista Sanders, ma tra Donald Trump e Ted Cruz non ha dubbi, il senatore del Texas è vanaglorioso, unticcio, trasuda falsa compassione cristiana, è una maschera di cera sempre sul punto di sciogliersi. Su Cruz, che piace tanto alla destra europea e italiana, impossibile darle torto.
Ne volete un altro di ripensamento illustre su Trump? Hollywood, dove già nel segreto gli estimatori c’erano, sta mettendo in piedi una vera organizzazione. La maggioranza del mondo del cinema si dichiara democratico, ma repubblicani e indipendenti non si muovevano così dai tempi di Reagan, anche perché considerano il miliardario, che è produttore e conduttore tv, uno di loro.
“Hollywood Reporter” riferisce di un incontro carbonaro a Los Angeles dei “friends of Abe”, un’associazione di conservatori, riuniti per assistere all’ultimo dibattito tv tra repubblicani, giovedì scorso, rigorosamente su invito. C’erano attori famosi ma anche lavoratori dell’industria, particolare non secondario, perché pare che quando Trump ha attaccato la Disney per aver licenziato americani e aver assunto stranieri, sia scoppiato l’applauso.
Commenta anonimo un potente manager che lavora con i produttori: “Per ogni voto a Cruz o Rubio ne conto dieci a Trump”. E aggiunge che il fervore liberal pro Hillary e soprattutto Sanders si affievolirà una volta che gente che vive in case da cento milioni di dollari capirà quanto i democratici facciano a gara per aumentare le tasse.
Una grande sostenitrice di Trump, l’attivista e giornalista conservatrice Ann Coulter, sulla breccia dai tempi di Clinton e Lewinsky, ha organizzato un pranzo riservatissimo per una quarantina di vip, ospite d’onore Clint Eastwood, tema dominante i due milioni di illegali nelle strade di LA. Era subito dopo il voto delle primarie in Michigan, e a tavola fioccavano le citazioni da ‘Gran Torino’, il film che nel 2008 Eastwood girò con un occhio profetico alla rabbia dei bianchi e all’avventura di Obama alla Casa Bianca.
Liquidato dai critici come un film sulla vecchiaia, ‘Gran Torino’, dal nome di un’automobile famosa della Ford che il protagonista, l’operaio polacco in pensione, Walt Kowalski, tiene come una reliquia in garage, contiene tutti gli elementi del successo di Donald Trump nel 2016. E’ la Ford che licenzia in Michigan e apre in Messico, gli stranieri piccoli criminali che hanno invaso il quartiere,
"E tu li chiami fratelli questi animali? Vorresti avere le palle nere come loro?"; l’immigrato dall’Europa che agli States ha dedicato tutto, con onestà ossessiva , “non pagare le tasse è come rubare”, anche anni di guerra sporca in Corea, perché “quello che ossessiona di più un uomo è ciò che non gli è stato ordinato di fare”, e che non si ritrova più; gli è cambiato il quartiere e il mondo, la predica buonista del giovane sacerdote della parrocchia lo irrita,
“non mi farò confessare da un verginello ventisettenne appena uscito dal seminario imbottito di letture che gode a tenere le mani a vecchiette superstiziose”; il figlio con moglie e nipote avidi e ipocriti gli sono estranei, “Cristo Santo, ho più cose in comune con questi musi gialli che con quei depravati della mia famiglia”. Eppure è ancora lui la risorsa d’America, la sua salvezza.
ted cruz trumpTRUMP SCHWARZENEGGER
Il pranzo si è concluso ricordando lo scambio di battute di Kowalski col barbiere italiano: “Ecco qua, sembri davvero un essere umano adesso... ma perché fai passare tanto tempo fra un taglio e l'altro taccagno polacco figlio di puttana?“ Mi meraviglio che tu abbia ancora la licenza. Io spero sempre che tu crepi e che qui finalmente prendano qualcuno che sa fare il suo mestiere e invece ci sei sempre tu con la grazia di quell'impasta pizze che sei”;
il suo ostentato razzismo che non risparmia nessuno “C'è un messicano, un ebreo e uno di colore che entrano in un bar. Il barista li guarda e dice: Siamo già stati rapinati “; fino allo strepitoso testamento finale “E lascio la mia auto da corsa del '72 Gran Torino...alla persona che più lo merita, Thao Vang Lor. A meno che tu non scoperchi il tetto come uno stronzo messicano, non aggiunga quelle ridicole fiamme sulla fiancata come ogni coatto bianco, e non monti quegli spoiler da checca come sulle auto degli altri musi gialli. Fa veramente schifo” Come ha fatto il miliardario di New York, Donald Trump, a capire così profondamente i Kowalski d’America? Già, come ha fatto?
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