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DOPO BOLLORÉ, MUSTIER, DONNET, ABBIAMO ANCHE FRANCESCHINÌ: IL MINISTRO DELLA CULTURA RIESCE A METTE D'ACCORDO TUTTE LE TV ITALIANE. SÌ, CONTRO DI LUI! - DOPO 3 ANNI DI LAVORO SULLA RIFORMA DELL'AUDIO-VISIVO, IN 48 ORE CAMBIA IDEA E IMPONE IL SISTEMA FRANCESE. MA GENTILONI LO STOPPA - LE AMBIZIONI POLITICHE, LA RIVALITÀ COL PREMIER, LA RICERCA DEL CONSENSO NEL CINEMA ROMANO...

 

DAGONEWS

 

PAOLO GENTILONI DARIO FRANCESCHINIPAOLO GENTILONI DARIO FRANCESCHINI

Il Ministro della Cultura Franceschini da 3 anni lavorava a una riforma complessiva dell'intero sistema audio-visivo italiano insieme a tutti gli operatori del settore, gli uffici tecnici e legislativi competenti del Ministero, le società di produzione, le aziende televisive, gli autori, gli artisti, le associazioni confindustriali e tutte quelle dei dei produttori cinematografici. Per 3 anni Franceschini aveva lavorato per riportare a sintesi legislativa (e industriale) la "grande e complicata matassa" del settore: tavoli tecnici, tavole rotonde per anni impegnati a trovare il difficile equilibrio fra interessi e modelli di business differenti fra loro.

 

Franceschini coordinava i lavori, sempre con attenzione agli equilibri politico-industriali, per evitare impatti negativi e squilibri. Il Ministro sembrava equidististante dagli interessi in campo: quelli degli autori e produttori italiani spesso in disaccordo con i broadcaster, quelli dei broadcaster spesso in disaccordo con il modello dirigista imposto storicamente dal Ministero della Cultura italiano (sempre fortemente influenzato dalla lobby degli artisti, degli autori dell'industria cinematografica ) e quello di alcuni broadcaster spesso contro alcuni altri broadcaster.

 

RENZI FRANCESCHINIRENZI FRANCESCHINI

Franceschini sembrava insomma l'uomo giusto, capace di guardare con obiettività a una riforma che potesse dare a ognuno il suo, nel tentativo di sostenere al meglio un intero comparto culturale e industriale.

 

Dopo 3 anni di sforzi in una determinata direzione invece, tutto d'un tratto, con un email, senza preavviso alcuno, ne' agli operatori, ne' alle televisioni e nemmeno alla Presidenza del Consiglio, Franceschini, virando a 360 gradi, questa settimana annuncia di essersi ricreduto e che a seguito di una serie di incontri con il suo omologo Ministro della Cultura francese (si, Francese! dopo le banche, l'agroalimentare, le telecomunicazioni, anche il Cinema francese!) si e' convinto che il "modello francese" ( che tra l'altro si appoggia su basi fiscali e culturali completamente differenti da quello italiano) e' quello giusto e che tutto quanto aveva pensato di legiferare, oggi non vale più, e' solo carta straccia.

 

In pochi giorni un nuovo testo, sconosciuto a tutti, sarebbe quindi andato il Consiglio dei Ministri e nel giro di 48 ore sarebbe diventato Legge: il testo inviato la mattina di giovedì scorso per presa a visione a tutti i soggetti in campo, sarebbe dovuto andare in CdM ed essere approvato il venerdì stesso. Fortunatamente il Presidente del Consiglio Gentiloni respinge tutto al mittente.

 

Gentiloni e' offeso sia nel metodo che nel merito: per il metodo scorretto del Ministro "competente" e per il merito divisivo e incongruente del nuovo testo di legge. Gentiloni, da ex Ministro delle Telecomunicazioni e competente del settore, conosce bene gli effetti distorsivi della proposta "francese" di Franceschini e non li approva.

 

dario franceschini e michela de biasedario franceschini e michela de biase

Di rimbalzo tutte le televisioni all'unisono esprimono pubblicamente il dissenso nei confronti della manovra di Franceschini: il Direttore Generale della Rai appone la firma a una dura lettera pubblica contro le scelte di Franceschini a fianco a quella di Cairo per La 7; Mediaset e Sky ritrovano unità nella stessa lettera; Discovery, preannunciando il rischio di chiudere i battenti in Italia firma a fianco di tutti quanti come anche Viacom, Fox, De Agostini. Insomma tutta la industria televisiva schierata pubblicamente contro il Ministro: un miracolo mai riuscito a nessuno!

 

Ma perché Franceschini osa tanto politicamente? Perché provoca un intero sistema industriale? Per difendere qualche autore, regista o attore con cui si è oramai abituato a trascorrere in famiglia piacevoli serate sulle terrazze romane nel tradizionale scenario da "gauche caviar"? O forse ben altro?

 

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Analizziamo meglio. Sicuramente gli aspetti estetici della difesa di un certo piccolo mondo radical chic come quello dei cinematografari "de noantri" ha un suo peso; una famiglia nuova con forti ambizioni politiche conta in questa situazione: una giovane intraprendente moglie desiderosa di aprirsi la strada nella politica romana e' un elemento da non trascurare in questa vicenda e in questo repentino voltafaccia di Franceschini (non sarebbe il primo voltafaccia: Enrico Letta docet).

 

Si vagheggiano inoltre ipotesi di preparazione alla candidatura femminile a Sindaco di Roma ma soprattutto all'interno del PD si polemizza già sulla possibilità della doppia candidatura, marito e moglie, alle prossime elezioni politiche. I conflitti di "interesse famigliare" come la storia insegna non sono solo di appannaggio berlusconiano.

 

Ma vi e' dell'altro: lo scontro con Gentiloni, il suo vero avversario politico, il vero competitor alla prossima gara post elettorale a candidato premier. Per affrontare questo Franceschini ha bisogno sia di consenso (e il luccicante mondo del cinema gli puo' venire in soccorso, gli autori a la page sono perfetti strumenti in questo caso) che di forti truppe parlamentari: vuole garanzie per i seggi nel futuro parlamento; teme di perdere alcuni pezzi della pattuglia parlamentare che oggi detiene e scalcia e quindi si dimena, dando segni di forte inquietudine nel PD e nel Governo. Nel frattempo fra una cena in terrazza, una presentazione del suo illuminante romanzo e una gaffe legislativa grande come una casa, si agita nervosamente organizzando la sua trama politica.

gianni lettagianni letta

 

Passiamo alla Rai: Franceschini e' stato uno sponsor del nuovo assetto Rai ma oggi reclama spazi, vuole visibilità e quindi agisce. Il bersaglio principale del nuovo testo legislativo sarebbe la Rai, Rai Cinema per l'esattezza. Cose mai viste: il Ministro della Cultura contro gli interessi della Televisione di Stato!

 

Passiamo a Mediaset, a Sky a La7: Franceschini ha sempre mantenuto rapporti equilibrati con tutti loro almeno sino all'altro ieri, quindi perché questo colpo basso? Perché vuole spazio, perché' le campagne elettorali si fanno con la visibilità, la conquista di una centralità: insomma televisioni avvisate, televisioni salvate.

 

urbano cairourbano cairo

E ora? La frittata è quasi fatta ma prima che impazzisca con forti ripercussioni politiche e industriali, il Ministro della Cultura, avrà sicuramente il tempo per mediare, direttamente o tramite i soliti ascari di Palazzo, sia con le parti industriali che con quelle politiche. Il sasso tirato nello stagno rimarra' comunque la medaglia al valore che da Moretti a Sorrentino, da Virzi' a tutti gli autori e registi italiani gli intesteranno, vada come vada il decreto legislativo; la mediazione che il Ministro effettuerà sulla loro testa sarà  sempre una "colpa" da intestare ai soliti biechi interessi industriali, al Presidente del Consiglio,  al solito Berlusconi, al Partito Democratico che non apprezza le qualità politiche "famigliari": insomma un Ministro buono, contro tutti gli altri cattivi.

CONFALONIERI PIERSILVIO BERLUSCONICONFALONIERI PIERSILVIO BERLUSCONI

 

Perciò già lo vediamo attovagliato a cena con il solito Gianni Letta a rimettere le cose al posto giusto. Mediaset non è solo un broadcaster perché Berlusconi e' uno degli attori principali del prossimo governo italiano, necessario alla tenuta del sistema: cena rigorosamente a base di champignon, fois gras, bagnati nello Chablis. I tempi sono cambiati, il patto della crostata e' cosa passata. Ora, nella colonia francese della fragile Repubblica italiana, va di moda il Mont-Blanc!

 

 

FRANCESCHINI TV: PALAZZO CHIGI FERMA LA LEGGE CHE FA I PALINSESTI

Estratto dall'articolo di Carlo Tecce per ''il Fatto Quotidiano''

 

Forse il ministro Dario Franceschini non l' ha capito e, se l' ha capito, è davvero animato da spropositate ambizioni. Perché il decreto che impone più prodotti italiani di cinema e fiction a Sky Italia, Mediaset, la pubblica Rai e sorelle, a leggere i dettagli di un testo bloccato più volte da Palazzo Chigi, assomiglia a un progetto di Franceschini Tv con una legge che fa i palinsesti.

 

hollywood netflixhollywood netflix

Il ministro della Cultura rivendica l' orgoglio nazionale e il modello francese: lo importiamo, promette, senza importare le abitudini e la fiscalità di Parigi. Per esempio, il testo prescrive un obbligo quotidiano del 60 per cento del tempo di cinema o fiction italiane nel segmento 18-23, cioè prende in considerazione la prima serata francese, che inizia e finisce in anticipo: con questo criterio, anche se dal computo sono esclusi giochi, notizie, sport e pure la pubblicità, Raiuno dovrebbe spezzettare in più giorni una pellicola di Steven Spielberg o di Ron Howard. Come fa, ancora, il satellite di Rupert Murdoch con i canali Cinema e Sky Uno, zeppi di successi americani?

 

marinella soldimarinella soldi

E ancora. Franceschini Tv ordina una dieta di intrattenimento al pubblico e un' abbuffata di cinema e fiction italiane in lingua originale. The Young Pope di Paolo Sorrentino, girato in inglese con attori perlopiù inglesi (Jude Law e Diane Keaton), rispetta l' italianità? Più che una battuta, le tv cercano una soluzione per respingere Franceschini che, in un biennio, vuol portare dal 10 al 20% del fatturato la spesa per il cinema e la fiction europea e italiana (il 30 per Viale Mazzini).

 

Il ministro risponde all' esigenza di tutelare un mercato nazionale per anni sfiancato e non protetto dai vigilanti - l' Autorità di controllo (Agcom) è sempre parca di multe - e fin qui ha ragione, ma poi esagera perché, con un colpo di teatro, anzi di cinema, ha tentato di fregare Mediaset & C. E fregare il Biscione, insegna l' ultimo quarto di secolo, è assai complesso.

andrea zappiaandrea zappia

 

Se Franceschini ha l' ossessione del made in Italy, le televisioni hanno la concorrenza spietata di Netflix e Google, le televisioni non lineari che vanno su Internet e sfruttano l' economia di scala: pagano milioni di euro serie tv che vendono ovunque, spendono spiccioli in Italia e lasciano mance. Il governo è inerme, Internet non prevede concessioni a differenza delle televisioni classiche.

 

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mario orfeo monica maggionimario orfeo monica maggioni