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Paolo G. Brera per "la Repubblica"
Niente da fare, il giorno dopo il massacro dei bambini di Damasco l'Onu è rimasto a braccia conserte, paralizzato dalle sue regole sui veti e dalle divisioni nei suoi membri permanenti.
Non ci sarà , per il momento, nessuna missione dei suoi ispettori scientifici per toccare con mano gli indizi, per verificare se oltre a un orrore bellico sia stato commesso anche un crimine di guerra. Una paralisi che rischia di produrre scenari inquietanti: se fosse provata l'escalation della guerra civile siriana, per la Francia sarebbe necessario «rispondere con la forza», e il Regno Unito sarebbe pronto a «tutte le opzioni».
Ma se «al momento non ci sono ancora le prove», per gli Usa ci sono comunque «forti indicazioni » che il regime di Assad abbia effettivamente attinto al suo arsenale chimico. E il presidente francese Hollande definisce «molto probabile» l'uso delle armi di sterminio. Secondo Debka, poi, un sito di informazione israeliano con buone fonti nell'intelligence, i Servizi israeliani sono addirittura in possesso della registrazione dell'ordine di sparare i gas, impartito dai comandanti di alcune batterie di missili siriani.
L'Onu rimane al palo. Quei dodici chilometri tra il Four Seasons di Damasco, dove alloggiano gli ispettori, e la periferia orientale della capitale siriana sono un
passo troppo lungo per la diplomazia internazionale: il Consiglio di sicurezza riunito mercoledì notte non li ha autorizzati a lasciare la loro camera d'albergo per andare sul posto a verificare cosa sia successo davvero mercoledì mattina prima che sorgesse il sole.
I video e le immagini dell'ecatombe hanno commosso il mondo, ma non abbastanza la sua principale istituzione che non è riuscita a trovare una posizione comune: Russia e Cina hanno ribadito di credere alla versione del regime di Assad e non hanno consentito di andare oltre un auspicio formale di «fare chiarezza ». L'unico risultato effettivo è stato un plauso alla «determinazione » del presidente Ban Ki-Moon a bandire una «pronta indagine
imparziale», una minestrina sciapa che rischia di produrre uno strappo gravissimo.
«Se il Consiglio di sicurezza non è in grado di rispondere, dobbiamo farlo in un altro modo», dice il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, chiarendo però che «non è in discussione mandare truppe sul campo». E la Turchia rilancia auspicando un immediato intervento perché si è «ampiamente superata ogni linea rossa».
Camminando come può sui fili della diplomazia, il segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon è «molto preoccupato»: ha spedito il suo vice a Damasco, e ha ordinato agli inviati di trattare con il regime una visita nei distretti bombardati. Il governo, però, ha già risposto che al momento è impossibile: sarebbe «troppo pericoloso» per gli ispettori. Già , perché nel frattempo l'attacco lealista contro «i terroristi » asserragliati nei sobborghi orientali della capitale prosegue, durissimo. Altri bombardamenti, altri morti.
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