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1- L'ELISEO RISCHIA IL SUO SECONDO ASSO
Massimo Nava per il "Corriere della Sera"
Decisamente, il Fondo monetario internazionale non porta bene alla Francia. Dopo lo scandalo sessuale che ha costretto alle dimissioni Dominique Strauss-Kahn, un'inchiesta della Corte di giustizia (competente nelle indagini sull'operato di ministri nell'esercizio delle loro funzioni) mette sotto accusa Christine Lagarde, ex ministro dell'Economia e secondo asso nella manica dell'Eliseo, calato affinché la prestigiosa poltrona dell'Fmi continuasse a essere occupata da una personalità francese.
Accuse di ben diversa natura e sacrosanta presunzione d'innocenza, ma è difficile non vedere nella scelta di Parigi un po' di leggerezza (o di arroganza?) essendo noto che la Lagarde avrebbe dovuto prima o poi rispondere del suo operato nella vicenda del risarcimento- quasi 300 milioni di denaro pubblico- ottenuto da Bernard Tapie nell'affare Adidas Credit Lyonnais. Ieri si è saputo che le accuse sarebbero anche più gravi, oltre alla responsabilità politica di aver avallato un arbitrato che ha risollevato, con gli interessi, le alterne fortune del discusso uomo d'affari transalpino.
Proprio nei giorni in cui veniva avanzata la candidatura al Fondo, alcuni organi di stampa avevano riacceso i riflettori sulla vicenda, peraltro cavalcata dalla sinistra, per due ragioni inquadrabili nei livori di una campagna elettorale ormai avviata e senza esclusione di colpi: il rancore verso Tapie, ex ministro di Mitterrand passato alla corte di Sarkozy (con scontati sospetti di favoritismo), e la necessità di uscire dall'imbarazzo creato dallo scandalo Strauss-Kahn, che ha tolto di mezzo il cavallo meglio piazzato nella corsa all'Eliseo.
Per Christine Lagarde, apprezzata in patria e sulla scena internazionale per capacità e competenza dimostrate nei momenti più critici, è un colpo duro. L'inchiesta non dovrebbe avere conseguenze immediate, anche perché il consiglio dell'Fmi era informato della vicenda, ma il danno d'immagine è innegabile. In un momento di turbolenza dei mercati, potrebbe aggiungere ulteriori motivi d'inquietudine il fatto che magistratura e stampa (non solo in Francia) indaghino sull'operato di alti responsabili dell'economia. Ma forse sarebbe più preoccupante se non lo facessero.
2- CHRISTINE LAGARDE RISCHIA FINO A 15 ANNI PER LO SCANDALO CRÃDIT LYONNAIS-TAPIE
Alberto Mattioli per "la Stampa"
Cinque ore di discussioni descritte come «molto vivaci» e la Cour de Justice de la République, l'unica che in Francia giudica i ministri per le malefatte commesse nell'esercizio delle loro funzioni, ha deciso. Christine Lagarde, ex ministra delle Finanze, dal 28 giugno direttrice generale del Fondo monetario internazionale, è sotto inchiesta per «complicità in falso e nella sottrazione di fondi pubblici», cioè due reati molti più gravi dell'«abuso d'autorità » ipotizzato dalla Procura. Lagarde rischia fino a 10 anni di galera e 150 mila euro di multa, anche se per la sentenza, se mai ci si arriverà , ci vorranno anni.
Molti meno, in ogni caso, di quelli passati dall'inizio della diatriba fra Bernard Tapie e il Crédit Lyonnais sulla vendita dell'Adidas, uno di quegli «affaire» francesi che si trascinano per decenni infangando tutto quel che toccano, compresa la reputazione finora inossidabile di madame Lagarde.
La vicenda non è solo lunga ma anche complicatissima. In sintesi: Tapie, uomo d'affari, politico, presidente dell'Olympique Marseille, attore, rapper e pluricondannato, nel â93 diventa ministro (socialista) e deve quindi sbarazzarsi di Adidas, comprata con i generosi crediti del Lyonnais, banca pubblica.
La vende proprio al Lyonnais, che gliela paga 318 milioni di euro e la rivende per 708. Tapie si considera truffato e inizia una lunghissima diatriba giudiziaria con la banca, anzi con lo Stato. Nel 2005, la Corte d'appello accorda a Tapie un risarcimento di 135 milioni di euro. L'anno seguente, la Cassazione l'annulla. Si dovrebbe ripartire da capo, ma nel 2008 Lagarde, nel frattempo diventata ministra, decide di affidare il contenzioso a un arbitrato privato. Fra risarcimento, interessi e risarcimento morale, gli arbitri decidono che lo Stato, cioè il contribuente francese, deve versare a Tapie 403 milioni.
Insorgono i socialisti e non solo loro. Le accuse nei confronti di Lagarde sono tre: prima, di aver scelto la strada insolita dell'arbitrato; seconda, di non aver ricusato uno dei tre arbitri, di cui si sono scoperti i rapporti con Tapie; terza, di non aver fatto ricorso, specie per i 45 milioni di risarcimento accordati a Tapie. Di recente, a un disgraziato riconosciuto innocente dopo 15 anni di galera ne è stato accordato uno.
Intanto scoppia la polemica dei due mondi. In Francia, le opposizioni sono scatenate non solo contro Lagarde, ma anche contro Nicolas Sarkozy, grande amico di Tapie che per lui ha scaricato i socialisti. «La decisione della Corte rinvia al Presidente la responsabilità di una scelta a favore di Tapie - tuona François Hollande, il socialista in testa ai sondaggi - e indebolisce Lagarde alla testa del Fmi». E per il centrista François Bayrou si tratta del peggiore scandalo nella storia della Quinta repubblica, che pure in materia non si è privata di nulla.
Ma anche in America c'è perplessità . Certo, il Fmi fa sapere che non cambia nulla, anche perché l'inchiesta era già iniziata quando Lagarde è stata eletta. Ma dopo l'affare Dsk, al Fmi sono alquanto preoccupati per gli scandali a ripetizione che colpiscono i politici francesi mandati a dirigerlo.
E lei? Tace. Il suo avvocato, Yves Repiquet, definisce «una pura follia» i nuovi capi d'accusa e spiega che l'apertura dell'inchiesta non è «assolutamente incompatibile» con la direzione del Fmi. Peccato, però: solo l'altro ieri, «Vanity Fair» aveva inserito Lagarde al sesto posto della sua classifica delle donne meglio vestite del mondo, premiando i suoi capelli lasciati orgogliosamente bianchi, i suoi tailleur Chanel e le sue borse Hermès (ma prima resta, benché incintissima, Carlà BruniSarkozy...).
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