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Enrico Franceschini per “La Repubblica”
La regina è “inorridita”. Il primo ministro rischia le dimissioni. La sterlina e la borsa tremano. Sono le prime conseguenze del sondaggio pubblicato ieri dal Sunday Times che assegna la vittoria ai sì all’indipendenza della Scozia nel referendum in programma tra dieci giorni nella terra di Braveheart. Una previsione clamorosa, scioccante, da thriller finale, perché è la prima volta, da quando è stata indetta la consultazione popolare, che gli indipendentisti ottengono la maggioranza in un rilevamento statistico. Il loro vantaggio appare minimo: 51 a 49 per cento.
Ma è significativo per almeno due ragioni: fino a un mese fa i no hanno sempre avuto circa 20 punti percentuali a proprio favore; e l’istituto che ha condotto il sondaggio, YouGov, tra i più autorevoli, era finora scettico a scommettere su un’affermazione dei sì. Se il 18 settembre il pronostico verrà rispettato, si profila un cataclisma per il Regno Unito, che diventerebbe meno unito e rischierebbe di perdere altri pezzi (a cominciare dall’Irlanda del Nord), e per l’Europa intera, che potrebbe essere travolta da un’ondata di referendum secessionistici.
Per coincidenza Elisabetta II sta concludendo le vacanze estive, come ogni anno, proprio in Scozia, nel castello di Balmoral. Avrebbe commentato in privato che la prospettiva che il suo regno perda la Scozia la «fa inorridire» e le causa «fortissime preoccupazioni»: ufficialmente Sua Maestà è neutrale sul referendum scozzese, ma fonti di palazzo reale confermano al Times ciò che è del resto ben noto, «la sovrana è un’unionista convinta ». Ieri ha ricevuto Cameron a Balmoral per saperne di più e ha chiesto aggiornamenti quotidiani sulla possibilità che tra poco più di una settimana la Gran Bretagna si svegli rimpicciolita.
alex salmond leader del snp e la regina elisabetta ii
Non meno tranquillo è il primo ministro: nel partito conservatore sarebbe già partita la fronda per costringerlo a dimettersi se «perderà la Scozia». Viene accusato di avere fatto troppe concessioni ad Alex Salmond, il premier indipendentista del governo autonomo scozzese, e di avere completamente sbagliato tattica nella campagna referendaria.
Tra i Tory c’è già chi lo paragona a lord North, il leader britannico che nel 1782 dovette dimettersi dopo che Londra «perse le colonie americane » nella guerra d’indipendenza. Downing street corre ai ripari: ieri il ministro del Tesoro George Osborne ha promesso in tivù più ampi poteri alla Scozia se voterà per il no all’indipendenza.
Ma il premier scozzese Salmond bolla l’iniziativa come «una bustarella dettata dal panico»; e comunque potrebbe essere tardiva. L’indipendenza scozzese sarebbe un disastro anche per il partito laburista, che potrebbe non vincere mai più un’elezione nazionale senza l’apporto degli elettori scozzesi: pure per il suo leader Ed Miliband si levano richieste di dimissioni. Quanto ai mercati finanziari, il Times rivela timori di un crollo della sterlina e della borsa se il 18 settembre, come prevede l’ultimo sondaggio, avranno la meglio i sì.
gordon brown e la moglie sarah in campagna elettorale
Le residue speranze degli unionisti potrebbero dipendere da un ripensamento degli elettori il giorno del voto. C’è un precedente: nel 1995 in Quebec i no all’indipendenza erano sempre stati in vantaggio di 20 punti, poi nell’ultimo sondaggio balzarono in testa i sì di un soffio ma dalle urne uscì la vittoria dei no, 50,6 a 49,4 per cento. A dieci giorni dal voto, conclude la Bbc , è impossibile prevedere chi vincerà.
david cameron con la moglie samantha, il principe philip e la regina elisabetta ii
liam fox segretario della difesa
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