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Roberto Giovannini per “la Stampa”
Non chiamatelo «reddito di cittadinanza», o «reddito minimo garantito», se non volete fare arrabbiare il governatore del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani. E in effetti la legge regionale che vara il nuovo sussidio lo definisce «misure di inclusione attiva e sostegno al reddito». Un bonus fino a 550 euro netti al mese di cui potranno beneficiare diecimila tra i friulani più poveri.
Il provvedimento è diventato legge regionale anche grazie al voto del M5S. Si tratta di un esperimento di tre anni, finanziato con circa 25 milioni reperiti nel bilancio friulano, che dovrebbe entrare in vigore a settembre, una volta varato il regolamento. Il bonus sarà di importo variabile, a seconda del reddito ISEE (un indicatore che tiene conto anche di fattori diversi dal reddito) della persona o della famiglia, e sarà riservato a chi ha un ISEE inferiore ai seimila euro.
Il sussidio potrà essere erogato al massimo per 12 mesi, con possibile ripetizione dopo un’interruzione di 2 mesi. Per averne diritto, almeno un membro della famiglia dev’essere residente in Regione da almeno 24 mesi. In cambio del bonus, i beneficiari dovranno aderire a un «percorso concordato di attivazione finalizzato a superare le condizioni di difficoltà del richiedente e del relativo nucleo familiare».
Un «patto» che può contenere sia obiettivi di inclusione sociale e di occupabilità, sia obiettivi di riduzione dei rischi di marginalità connessi all’intero nucleo familiare, come la partecipazione a corsi di formazione e riqualificazione. In tutto, la norma potrà interessare fino a circa 8-10mila friulani.
Dunque, più una misura di contrasto alla povertà fortemente condizionata, che un vero e proprio reddito di cittadinanza, che invece riguarda una fascia ampia di cittadini e non richiede alcuna contropartita.
Tuttavia, il varo del nuovo strumento mostra da un lato che sempre più amministrazioni sentono la pressione della crisi e della recessione, che ha creato vaste sacche di persone povere non in grado di farcela senza un aiuto; dall’altro lato, si comprende che c’è - anche per l’iniziativa dei Cinque Stelle - una forte spinta politica ad affrontare il tema.
Non è un caso che se il Friuli Venezia Giulia ha già varato la sua norma - non molto costosa, anche grazie al fatto che si rivolge a una fascia veramente ristretta della popolazione - stiano pensando a misure analoghe anche Regioni come la Lombardia e la Calabria.
Vero è che contro l’ipotesi di reddito di cittadinanza non molto tempo fa ha sparato a zero il presidente del Consiglio Matteo Renzi, secondo cui si tratta di un’idea incostituzionale e comunque fondata su una logica di puro assistenzialismo. Renzi ce l’ha con Beppe Grillo. Il comico genovese ha anche lui in mente uno strumento che c’entra fino a un certo punto con il reddito di cittadinanza.
Si tratta di un sussidio (quantificato in 780 euro al mese) da assegnare a tutti coloro che sono disoccupati o pur lavorando guadagnano meno di questa cifra. Un progetto che secondo i calcoli dell’Inps costa 16-17 miliardi; tanti, ma non poi così tanti, specie considerando che parte delle risorse verrebbero dall’assorbimento di strumenti simili meno universali.
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