DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Mario Ajello per “il Messaggero”
salvini meloni e berlusconi in conferenza stampa
Anche i più vicini a Berlusconi, i vicinissimi e le vicinissime, non fanno che ripetersi tra di loro nelle continue telefonate di angoscia in queste ore: «Il presidente non ne azzecca più una, e ci porta a sbattere». Quelli che parlano così, e sono quasi tutti, sono anche quelli che hanno cercato di dissuadere in ogni maniera Berlusconi, l' altro giorno, a recarsi in Molise esponendosi in pubblico. Temevano che un' eventuale sentenza negativa sulla trattativa Stato-Mafia lo potesse mandare su tutte le furie (il che è accaduto) e lo spingesse a straparlare (e infatti ha tirato fuori la storia dei «cessi»).
salvini e berlusconi in conferenza stampa
Ma niente: Silvio è voluto partire lo stesso, ha anche rimproverato la Ronzulli che cercava di tutelarlo, e il risultato s' è visto. La rivolta dei big azzurri è quella che inoltre li fa parlare così dopo l' ultima sortita del leader: «Prima era tutto Pd, Pd, Pd, e ora ha ritrattato l' apertura al Pd. 48 ore fa era anti-Salvini, e adesso vuole ricucire a tutti i costi, per poi magari rompere di nuovo. Ha perso la bussola il presidente».
Si racconta che dietro la svolta di queste ore («Non ho mai aperto al Pd») ci sia stata una telefonata di Luca Lotti di questo tenore: «Berlusconi dovrebbe smettere di parlare del Pd, perché se davvero vogliamo fare qualcosa insieme è meglio non parlarne».
LA FASE
E dunque la fase è difficile assai. «Il problema è lui» (cioè Silvio) ripetono i più, e ci sono le critiche esplicite di uno come Romani («Non è più tempo dell' uomo solo che indica la strada e tutti gli altri ad applaudire»), le richieste di Toti («Berlusconi deve concederci lo Statuto Albertino, deve consentire al partito di ricostruirsi dalle fondamenta»), le paure e i calcoli di chi pensa a ricollocarsi.
La transumanza da FI alla Lega, nei territori, nelle ultime convulse settimane è in stand by ma può diventare una slavina, anche a livello parlamentare, se Salvini farà il governo. Il leader del Carroccio, ben informato da colonnelli berlusconiani non più fedeli a Silvio ma già segretamente dalla parte di Matteo, avrebbe garantito a Di Maio una trentina di parlamentari forzisti a sostegno dell' esecutivo Lega-M5S.
E si stanno facendo le suddivisioni. Su 125 deputati forzisti, sarebbero 7 per lo più ex An quelli che potrebbero passare, come primo scaglione, da Berlusconi a Salvini, e poi altri 21. Al Senato invece, dove abbondano i berlusconiani doc, soltanto due su 61 al momento vengono considerati in odore di tradimento.
Per il grande smottamento, se ci sarà, bisogna vedere chi andrà al governo e comunque, sia a livello centrale che periferico, Salvini frena: gli interessano più gli elettori che gli eletti di FI. Specialmente al Sud, dopo tutti i guai che sta passando con i riciclati, gli indagati e gli arrestati in Sicilia, vuole vagliare bene gli eventuali nuovi arrivi.
TOTI E SALVINI INSIEME A PRANZO A PORTOFINO
Nel frattempo si muove in totale autonomia e in posizione di forza, rispetto al partito azzurro, in vista del voto amministrativo di giugno in molte città: il candidato questo è, se ci vi piace, ed è nostro, e se non vi piace fatevelo piacere lo stesso. Ecco la regola che ha imposto Salvini per il sindaco di Terni, ad esempio, e così anche nella maggioranza dei comuni del Nord.
Non solo. Salvini si gode le scene di Toti, l' azzurro più verde, che in Liguria è subissato di richieste («Portami alla Lega») da parte di chi lo considera un traghettatore verso il Carroccio. O del Molise, dove alcuni collettori di voti di centrodestra già si sono messi in proprio contro la coordinatrice berlusconiana Annalesa Tartaglione. E da domani, se Salvini arriva primo alle elezioni regionali, tutti questi pezzi di mondo azzurro cominceranno la marcia di avvicinamento a Matteo come sta accadendo nel resto del Sud.
La salvinizzazione insomma è in atto. Ma non è automatica, ha bisogno dei suoi tempi e per ora non c' è Salvini a spingerla.
Anche perché il leader leghista sta gestendo lo strappo con Berlusconi senza gesti clamorosi alla Fini. E lo ha rivendicato l' altra sera durante una cena con alcuni imprenditori: «Il paragone tra me e Fini - così ha osservato non è calzante». E soprattutto, avrebbe potuto aggiungere, non è bene augurante.
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