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In un raro (e subito smentito) rigurgito di decisionismo, Paolo Gentiloni ha convocato a Palazzo Chigi Marco Minniti e Roberta Pinotti. “Vorrà parlare della Libia? Forse dei migranti”, hanno pensato i due ministri. Invece, no. “Er Moviola” voleva parlare di nomine militari e non: tema sul quale i due erano preparati.
minniti pinotti del sette graziano
Il prossimo anno, fra gennaio e l’estate, scadono i vertici dei Carabinieri, dello Stato maggiore Difesa, del Dis, dell’Aise, della Guardia di Finanza. Una concomitanza in parte determinata dall’anagrafe, in parte della scelta del Ducetto di nominare tutti questi generaloni e spioni solo per due anni: quanti erano quelli che lui avrebbe dovuto trascorrere a Palazzo Chigi, referendum permettendo.
Gentiloni è uomo di sane letture, oltre a possedere un Dna di perfetto democristiano. Così, come il Conte Zio dei Promessi sposi, vuole “troncare, sopire”. E ha annunciato ai due ministri l’intenzione di rimandare tutte le nomine al nuovo governo. Lui non ci vuole mettere bocca: ormai la legislatura sta finendo e preferisce lasciare la “patata bollente” a chi verrà dopo di lui.
Il primo ad arricciare il naso è stato Minniti. “Alcune nomine coinvolgono emergenze del Paese come la Libia, non possiamo non decidere”. E’ chiaro che si riferiva ad Alberto Manenti, capo dell’Aise (servizi segreti militari). E per uscire dall’equivoco ne ha chiesto la proroga immediata. E’ stato Manenti ad organizzare l’incontro del ministro dell’Interno con il generale Haftar.
Stessa reazione dalla Pinotti che ha un’attenzione particolare per i Carabinieri. Il ragionamento della ministra è stato più o meno questo: Del Sette scade a gennaio, prima che si forma il nuovo Parlamento ed il nuovo governo passano 6 mesi. Con l’Arma nel casino tra i fattacci di Firenze e quelli della Consip non si può non decidere il nuovo vertice.
Di fronte alle osservazioni dei ministri, Gentiloni ha ripetuto in continuazione il suo mantra: “non voglio essere sleale con Renzi”. E sul tema delle nomine, li ha congedati con un democristianissimo “ci aggiorniamo”.
A Palazzo Chigi, poi, raccontano che al “Moviola” stia andando in uggia l’atteggiamento da diva della Boschi: Festival di Venezia, foto con il canadese Trudeau, sempre in giro per il mondo. Così, agli amici avrebbe detto: “dobbiamo dimostrare che lavoriamo sodo”. E con la testa indicava proprio la stanza di Maria Elena.
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