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Filippo Fiorini per “la Stampa”
Si è aggiunto un nome illustre alla lunga lista di chi non crede al suicidio del procuratore Nisman e si tratta nientemeno che della presidente Cristina Kirchner, il politico contro cui il pm argentino sosteneva di aver raccolto centinaia di prove e che voleva mettere a processo per aver coperto i mandanti di una strage.
Nella seconda presa di posizione pubblica sulla questione, questa volta affidata alla sua pagina web personale, la presidente manifesta ora tutti i suoi dubbi in merito al «suicidio che (ne sono convinta) non è stato un suicidio», e sposa la tesi dei servizi deviati dicendo: «L’hanno usato da vivo e poi avevano bisogno che morisse».
«Niente di nuovo: la denuncia di Nisman non alimenta il fuoco della cospirazione», citando il titolo odierno del quotidiano argentino in lingua inglese Buenos Aires Herald (una testata di taglio moderatamente filo-governativo), Cristina inizia una critica per sommi capi delle 300 pagine di querela che Nisman le ha rivolto e che avrebbe dovuto presentare in parlamento il giorno dopo la sua morte. In primo luogo, contesta l’attendibilità delle fonti e sostiene che, in un complesso di prove in gran parte composte da intercettazioni telefoniche, due delle presunte spie argentine non siano in realtà tali.
attentato del 1994 alla comunita ebraica argentina su cui indagava nisman
Si tratta del tecnico informatico Ramon Bogado detto «Allan» e dell’ex magistrato Hector Yrimia, che nelle intercettazioni contenute nello scritto di Nisman negoziano con gli iraniani, a loro dire, per conto della presidente. Lo scopo è quello di togliere d’impiccio i politici e gli agenti segreti di Teheran ricercati dalla magistratura locale, come responsabili dell’attentato all’Amia (1994, 85 morti) e poter quindi riprendere i commerci bilaterali, con il petrolio a un prezzo di favore per Buenos Aires. Secondo Cristina però, queste due persone non sono mai state a libro paga del servizio segreto argentino, anzi, «Allan» Bogado è addirittura stato denunciato per essersi fatto passare per uno 007.
attentato del 1994 alla comunita ebraica argentina su cui indagava nisman
«Nisman è stato imbeccato con delle informazioni false», scrive la presidente e insinua che il responsabile possa essere stato Antonio Stiuso detto «Jaime», l’agente segreto più temuto d’Argentina. «Jaime» Stiuso entrò nell’ufficio d’intelligenza statale nel 1976, anno in cui Jorge Videla e gli altri generali presero il potere con un colpo di Stato. Nel corso degli anni è cresciuto all’interno a un apparato di sicurezza che si dedica per lo più a spiare gli avversari politici per conto del governo di turno. Nel 1993 è stato assegnato al pedinamento nel sottomondo del fondamentalismo islamico in Argentina e, come capo del Unità Operativa, è diventato la principale fonte di informazione per l’inchiesta sulla bomba all’Amia che dal 2004 è stata affidata a Nisman.
Allontanato dal servizio segreto a fine dicembre 2014, probabilmente per l’eccessivo potere che aveva accumulato e per l’uso discrezionale che ne faceva, «Jaime» Stiuso potrebbe essere l’uomo che, meno di un mese dopo, ha aperto i propri archivi per vendetta nei confronti del presidente che l’ha fatto licenziare ed ha usato il pm con cui ha collaborato per dieci anni allo scopo di renderli pubblici. «Invece che collaborare, dirigeva l’inchiesta», scrive Cristina di Stiuso, citando le parole del giudice del caso Amia e poi aggiunge di suo pugno: «Personalmente, credo abbia fatto qualcosa di più che dirigerla, i fatti parlano da soli».
E i fatti ci raccontano che la notte di domenica scorsa, il Alberto Nisman è stato trovato morto nel bagno del suo appartamento, con un colpo di pistola alla testa e una scrivania piena di carte, che imputavano alla Kirchner un reato gravissimo. «In sé, la denuncia del procuratore non è mai stata una vera operazione contro il governo - precisa Cristina - la vera operazione contro di noi è stata la sua morte, dopo averci denunciato, senza sapere che le sue fonti principali erano inattendibili».
Davanti all’accusa di essere scesa a patti con l’Iran risponde infatti con due argomenti. Il primo è di ordine economico: gli scambi tra Buenos Aires e Teheran non sono aumentati dopo la firma del memorandum bilaterale, in particolare, l’Argentina non importa petrolio dall’Iran. Il secondo, di natura politica: il suo ministro degli Esteri, Hector Timerman, ha reso pubblica qualche giorno fa una presunta email che avrebbe ricevuto dall’ex capo dell’interpol, Ronald Noble, in cui questi afferma che i mandati di cattura contro i ricercati iraniani sono ancora vigenti e chiarisce che Timermann e il resto del governo argentino si sono sempre battuti perché restassero tali e non perché venissero abrogati, come invece ipotizza Nisman nella sua denuncia.
D’altra parte, è pur vero che Timerman questo trattato con l’Iran l’ha firmato, nel Regno d’Etiopia a fine gennaio 2013. Un esperto in diritto internazionale, potrà dire se lo scritto contiene veramente tutti i vizi che denunciava Nisman nel suo esposto. In particolar modo, quell’articolo 7 in cui secondo il magistrato si apre la possibilità di far decadere le cosiddette «circolari rosse» dell’Interpol e lasciare liberi i presunti artefici di un massacro. Secondo Cristina, il procuratore è rimasto vittima di un inganno: «Lo hanno usato da vivo e poi, lo necessitavano morto» e l’hanno ucciso con quello che chiama «un suicidio apparente».
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