benjamin netanyahu gaza

“CIÒ CHE NETHANYAU STA FACENDO È UN CRIMINE DI GUERRA A GAZA, NON UN GENOCIDIO” – LO STORICO GIANNI OLIVA: “È UN INFERNO PROGRAMMATO PER OCCUPARE UN TERRITORIO. MA I PALESTINESI NON SONO I DUE MILIONI CHE VIVONO (SOPRAVVIVONO) NELLA STRISCIA, SONO OLTRE 14 MILIONI SPARSI NEL MONDO” – “QUESTO NON NE ATTENUA LE COLPE, MA INCIDE SULLE PROSPETTIVE. SE UN GIORNO SI ARRIVERÀ A ‘DUE POPOLI, DUE STATI’ BISOGNERÀ LASCIARSI ALLE SPALLE LE VERGOGNE TERRORISTICHE DI HAMAS E QUELLE ANNESSIONISTICHE DELL'ULTRADESTRA ISRAELIANA, E SARÀ POSSIBILE FARLO SOLO RICONDUCENDOLE A ‘SCELTE POLITICHE’, SOLO RICONOSCENDO CHE HAMAS NON È IL POPOLO PALESTINESE E I BOMBARDAMENTI INDISCRIMINATI NON SONO IL POPOLO ISRAELIANO…”

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Estratto dell’articolo di Gianni Oliva per “La Stampa”

 

gianni oliva

La storia è un retroterra di esperienze e di moniti, ma anche un serbatoio di linguaggi equivoci […]. È sotto l'occhio di tutti la strumentalità del termine "antisemitismo", usato come clava etico-ideologica contro ogni espressione di condanna della politica di Nethanyau: antisemiti i militanti di "Free Palestine", antisemiti i contestatori che non vogliono collaborazioni con le università israeliane, antisemiti i portuali che bloccano le esportazioni. E poi? "Antisemiti" anche gli ebrei, parenti e amici degli ostaggi, che chiedono trattative per liberarli? "Antisemiti" le centinaia di migliaia di ebrei che manifestano a Tel Aviv contro il governo di ultradestra?

 

benjamin netanyahu - offensiva militare su Gaza City

[…] Antisemiti due pontefici come Francesco e Leone XIV?

 

Siamo seri: "antisemitismo" rinvia a una vergogna che ha attraversato l'Europa per secoli, tra pregiudizi, ghetti, pogrom e persecuzioni; è una responsabilità morale, prima ancor che politica e culturale, che non può essere avvilita in uno slogan.

 

Il rischio […] è di sfumare l'antisemitismo stesso, di oscurarne l'unicità, perché l'abuso del termine ne ridimensiona il sottinteso storico.

 

treno olocausto 2

La stessa cosa vale per un termine utilizzato con valenza opposta, "genocidio". Parlare di "genocidio" significa riferirsi a una strage indiscriminata, ad azioni che annientano una comunità senza distinguere i nemici armati dai civili inermi: lo si usa per scenari contemporanei, lo si è usato retrospettivamente […].

 

Ma non è questo il suo significato storico. Il termine fu coniato nel 1944 da un giurista polacco di origine ebraica, Raphael Lemkin (1900-1959), per riferirsi all'insieme di azioni coordinate per distruggere e annientare il gruppo etnico ebraico.

 

 

forno preso d'assalto a gaza

Egli non aveva in mente solo Auschwitz e i milioni di morti della Shoah, ma il progetto razionale che aveva ispirato e guidato il processo stesso, la costruzione scientifica del concetto di "razza inferiore", la propaganda capillare che dalla notte dei cristalli aveva portato sino ai carri bestiame stipati di deportati, l'asservimento allo sterminio di tutto il sistema statale nazista, l'educazione dei tedeschi alla collaborazione o al silenzio.

 

Un ebreo non poteva salvarsi per la semplice ragione che non poteva smettere di "essere ebreo" e non aveva possibilità né di abiura, né di conversione, né di allontanamento. Per questo la Shoah continua a rappresentare un "unicum" nella storia (pur scellerata) del mondo.

 

ebrei nel campo di concentramento di auschwitz 2

Impropriamente, il termine è stato riferito a scenari diversi. Il più noto […] è l'eliminazione degli Armeni da parte del governo nazionalista dei Giovani Turchi, iniziata nel 1915 con le deportazioni nell'Anatolia Orientale. In termini numerici, il massacro riguardò centinaia di migliaia di persone, una cifra spaventosa, tra marce forzate, brutalità di ogni genere, carestie indotte, violenze di bande private.

 

Ma l'Impero Ottomano era un gigante dai piedi d'argilla, incapace di programmare una politica genocida: la sua fu piuttosto una follia nazionalista, che risparmiò buona parte degli Armeni residenti a Istanbul (solo la loro classe dirigente fu colpita). […]

 

il video di evyatar david, prigioniero della jihad islamica a gaza 7

In Italia si è parlato di "genocidio" a proposito degli italiani eliminati nella primavera 1945 sul confine nordorientale dai partigiani slavi di Tito. Non fu genocidio: fu la strage politica di alcune migliaia di italiani anticomunisti che potevano opporsi all'annessione di quelle terre alla nuova Jugoslavia. Come emerge dagli archivi di Lubiana e Zagabria, accanto a loro furono eliminati decine di migliaia di anticomunisti sloveni e croati: una strage ideologica figlia dell'intransigenza del tempo.

 

Quello a cui assistiamo a Gaza è un inferno programmato per occupare un territorio. Ma i palestinesi non sono i due milioni che vivono (sopravvivono) nella Striscia, sono oltre 14 milioni sparsi nel mondo: ciò che Nethanyau sta facendo è un crimine di guerra a Gaza, non un genocidio.

 

BOMBARDAMENTO SU QUEL CHE RIMANE DI GAZA

Questo non ne attenua le colpe, ma incide sulle prospettive. Se un giorno si arriverà a "due popoli, due stati" bisognerà lasciarsi alle spalle le vergogne terroristiche di Hamas e quelle annessionistiche dell'ultradestra israeliana, e sarà possibile farlo solo riconducendole a "scelte politiche", solo riconoscendo che Hamas non è il popolo palestinese e i bombardamenti indiscriminati non sono il popolo israeliano. Perché le "scelte politiche" si correggono e si superano, i genocidi no.

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