IL BOTTO DI FINE ANNO: IL 1 AGOSTO 2024 (DUE SETTIMANE DOPO IL TAGLIO SUL CAPOCCIONE) GENNARO…
Giancarlo Perna per la Verità
Il vero difetto di Giuliano Poletti è di essere politicamente inesistente. Nonostante i 65 anni d' età, il ministro del Lavoro si fa mettere i piedi in testa con estrema docilità. Il saccente Renzi lo trattava come uno stuoino e lui, compatibilmente con la stazza, si appiattiva. Ora che premier è il trasognato Paolo Gentiloni, Poletti è ugualmente succube, nonostante la mitezza del nuovo venuto.
Il ministro, come si sa, è strastufo della poltrona di via Flavia e pianterebbe volentieri baracca e burattini. Sua suprema aspirazione è tornare nella sua comunistissima Imola per rituffarsi nelle coop rosse da cui proviene. Voleva dimettersi già alcune settimane fa, dopo la mozione personale di sfiducia firmata da tutto l' arco ideologico, Sinistra italiana, destri della Lega, " qualunquisti di M5s. Ma poi, cedendo a Gentiloni, che temeva per la tenuta del suo fragile governo, ha soprasseduto. E ora, in data da stabilire, dovrà sorbirsi le accuse in Senato per una frase incauta ma innocente e sottoporsi all' antipatico voto di stima.
Personalmente considero Poletti una bravissima persona, tanto più simpatica quanto più impacciata. Prendiamo la frase dal sen sfuggita per cui è messo in croce. Accusato di essere un ministro del Lavoro mediocre poiché l' occupazione ristagna e obbliga parecchi all' espatrio, Poletti ha reagito pasticciando con le parole. Culturalmente, d' altra parte, è piuttosto grezzo. È di famiglia contadina e i suoi studi sono quelli che sono: un diploma di agrotecnico che, per le condizioni di partenza, è già toccare il cielo con un dito.
La frase incriminata, su cui è stato montato un ridicolo can can, va sezionata nel nocciolo e nello svirgolo. Il nocciolo, che è poi quanto il ministro voleva effettivamente dire, suona così: «Bisogna correggere un' opinione secondo cui quelli che se ne vanno (all' estero, ndr) sono sempre i migliori. Se ne vanno 100.000, ce ne sono 60 milioni qui: sarebbe dire che i 100.000 bravi e intelligenti se ne sono andati e quelli che sono rimasti qui sono tutti pistola. Contesto questa tesi». Il ragionamento non fa una grinza e penso concordiate tutti.
Tanti che conosco, e io stesso, abbiamo i figli attivi in Italia e non credo che siano la feccia del Paese perché sono rimasti. È il concetto espresso da Poletti e mi pare impeccabile. L' eventuale errore sta nell' aggiunta di un inutile ricamo improvvisamente frullatogli nel cervello: «Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dov' è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi». Di chi stai parlando, caro Poletti? Perché mescoli un fenomeno nazionale, come l' espatrio per necessità, con una antipatia privata? In fondo, chissene importa dei tuoi pruriti. A pensarci bene, però, conosco anch' io chi potrebbe lasciare l' Italia senza fare un soldo di danno. Giovani mafiosi, imberbi camorristi, un paio di vicini di casa, politici vari dalla querela facile ma che ho sulla punta della lingua. Dunque, alla fine, neppure in questo il povero Poletti è stato irragionevole. Inopportuno quanto si vuole ma nient' altro.
Le serie di lacune del ministro stanno, come accennato, nella eccessiva arrendevolezza. È il frutto del realismo che gli ha consentito di galleggiare nonostante i cambiamenti del mondo circostante. Poletti nasce marxistone, il classico comunista romagnolo che toglie spazio e respiro a chiunque non faccia parte della camarilla. In questa veste, è stato per vent' anni assessore comunale e segretario del Pci imolese. Insomma, un rosso al cubo. Caduto il Muro, ne ha preso atto, e si è scolorito senza " piangersi addosso.
Dal partito, piombato nella nevrastenia di cambiare continuamente nome, è entrato nell' universo della Lega coop che era sopravvissuta egregiamente alla batosta, rafforzandosi. Il cambiamento di prospettiva fu radicale. Dalla visione operaista, il nostro Giuliano è approdato all' ottica padronale. La Lega è, infatti, la quintessenza del capitalismo rosso: 12 milioni di soci, 1,2 milioni di dipendenti, 127 milioni di fatturato annuo. Ergo: i conti devono tornare e i dipendenti filare dritto.
Altro ergo: i sindacati, a cominciare dalla Cgil, sono piantagrane e rompiscatole. Così la vede ormai da lustri Poletti, tanto più che del mondo coop è stato per dodici anni (2002-2014) il supremo capataz, ossia presidente nazionale della Lega. Di qui lo ha sfilato Matteo Renzi, su suggerimento di Graziano Delrio, corregionale di Poletti, per infilarlo nel governo.
L' astuzia consisteva nell' affidare a un uomo di provata fede sinistreggiante, la svolta a destra delle leggi sul lavoro. Il grande tabù era l' articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, che impediva i licenziamenti necessari, soffocando le aziende. Poletti, con il Jobs act, eseguì a meraviglia lo smantellamento che gli era stato affidato di quel decrepito lascito sessantottino. Amico personale di Marco Biagi, il giuslavorista ucciso dalle Br e teorico della snellezza lavorativa, Giulianone spazzò via l' articolo scomodo, facendo prevalere in ogni caso il diritto dell' imprenditore a licenziare, anche di fronte a sentenze avverse dei tribunali. Quando tutto pareva andato in porto, fu Renzi a edulcorare inaspettatamente la norma per rabbonire la sinistra Pd inviperita. La riforma polettiana fu così stravolta e la licenziabilità ripristinata sia pure in parte.
Pensate che Poletti abbia abbozzato resistenze? Battuto i pugni per difendere la sua creatura? Niente. Accettò lo stravolgimento con quel pragmatismo suo proprio che spiega il giudizio già dato di inesistenza politica. Tuttavia il Jobs act, pur mutilato, migliora (in senso capitalistico) il sistema rispetto al passato. Tanto che la Cgil, nemica giurata di Poletti, chiede la sua abrogazione via referendum. Il sindacato comunista fa il suo mestiere. Surreale è invece il centrodestra -politici e " giornali- che tifa Cgil per antipatia verso il ministro.
SALVATORE BUZZI - GIULIANO POLETTI
Preferire Susanna Camusso a Giuliano Poletti è allearsi col nemico per sconfiggere l' avversario: una balordaggine contraria ai propri valori e interessi. Ma è lo stato attuale del centrodestra. Anche l' accusa a Poletti di avere incentivato artificialmente le assunzioni con gli sgravi fiscali viene dal pulpito sbagliato poiché il primo a proporli fu, a suo tempo, il Cav che li sventolò come una geniale idea.
Ripeto, per me Giulianone è una brava persona che ci sta provando ma non ha la grinta giusta. Proviene dall' ambiente protetto della rossa Romagna dove tutti si muovono all' unisono con riflessi pavloviani e i capi sono riveriti. Nella palude romana, Poletti è un pesce fuor d' acqua. Va perciò ricollocato nel suo acquario. Nato nella frazione di Imola detta Spazzate Sassatelli - nome che segna per la vita e ti rende inadatto a qualsiasi altra ricollocazione - vive nella vicina Mordano che dette i natali a Dino Grandi, il gerarca emblema del 25 luglio 1943.
Ebbe, oltre al Pci, una sola passione giovanile: la palla mano, sorta di football senza uso di piedi. Ne fu campione (prima squadra nel Romagna) finché, spuntata la pancetta, assunse la vicepresidenza della Federazione nazionale. Oggi il suo unico hobby è la roulotte e il solo lusso passarci le vacanze estive con la moglie nella pineta litoranea di Pinarella, a 30 chilometri da casa. Ditemi voi se non è da abbracciarlo e rispedircelo al più presto.
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