DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1%…
Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”
Seduti uno accanto all’altro, colonnelli e sottufficiali dell’ex An disegnano un quadrato. Quasi evocano lo spirito della fiamma missina, soffocata da due decenni di potere e faide. «Eppure la destra vale il venti per cento — ricorda Gianni Alemanno, capelli bianchi e tutto il peso di una grave inchiesta sulle spalle — Noi ora vogliamo ricostruirla, a partire proprio dal simbolo».
I centocinquanta nostalgici della destra che fu sfidano il caldo e si ritrovano in una sala di Palazzo Wedekind trasformata in sauna. Ventiquattro sigle (un assaggio? Nazione sovrana, Comitati tricolori, Nuove frontiere, Nuove Prospettive) e un patto per riunificare dopo la diaspora.
Per vent’anni si sono combattuti. Fratelli coltelli, fino allo strappo di Fini e molto oltre. «Non rimettiamo assieme i cocci — spiega però Isabella Rauti — ma ricostruiamo la destra della Terza Repubblica». Hanno dissipato l’impossibile, bruciando poltrone e camionate di voti. E adesso?
«Adesso — propone Roberto Menia, finiano se esistono ancora i finiani — serve una bella amnistia togliattiana della destra. Basta con il darsi dei traditori a vicenda». Il collante può diventare l’acceso antileghismo, come agli albori di An. Un terzo pilone del centrodestra, a trazione meridionale: «Nessuno è contro Salvini — sibila Alemanno— ma non è il nostro leader».
gianni alemanno pier francesco parra isabella rauti
La pattuglia dei promotori è ampia, oltre a Rauti e Alemanno rifanno capolino Viespoli e Moffa, Tatarella e Landolfi, Briguglio, Biava e Bocchino. Quasi tutti esclusi alle ultime Politiche, per mano dell’ex Cavaliere o a causa dello schianto di Futuro e libertà. Esaurito il ventennio berlusconiano, è rimasto solo — si fa per dire — un tesoretto custodito gelosamente dalla ‘ Fondazione Alleanza nazionale’.
«Questi soldi — ricorda l’ex sindaco di Roma — sono il patrimonio di una comunità e vanno utilizzati per un progetto politico». Da qui gli sconfitti vogliono ripartire. E dai saloni semideserti della mitica sede di via della Scrofa. Il programma è presto detto. A ottobre i mille soci della Fondazione sceglieranno se utilizzare l’ingente patrimonio per far rinascere An. Fino ad allora il simbolo è in prestito a Fratelli d’Italia, ma con diritto di riscatto.
«Tocca a loro decidere se mettersi in gioco — spiega Alemanno — Se Giorgia lo fa, ha le caratteristiche per essere il leader». “Giorgia” è la Meloni, che finora ha sempre guardato con sospetto il ritorno all’antico. Ignazio La Russa, invece, sembra più disponibile a ragionare. Alla fine molto dipenderà dai big del cda della Fondazione, dove siedono pure i berlusconiani Altero Matteoli e Maurizio Gasparri, restii a sbloccare il tesoro. «Una cosa comunque è ormai certa — si rallegra Gennaro Malgieri — abbiamo finalmente elaborato il lutto».
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