GLI IMPRESENTABILI - SCAJOLA NON SI CANDIDERÀ COL PDL: “NON SOPPORTO PIÙ ESAMI SULLA MIA MORALITÀ” - MA ALFANO E VERDINI LITIGANO PER I (MOLTI) NOMI COMPROMESSI, DA DELL’UTRI A LABOCCETTA - BERLINGUER, GARANTE DEL PD, SILURA 3 CANDIDATI SOTTO INCHIESTA, ANCHE SE STRA-VOTATI ALLE PRIMARIE, E NE SALVA 10 - IN CAMPANIA ESCLUSO CAPUTO, IN SICILIA I SENATORI PAPANIA E CRISAFULLI, CHE SI INCAZZA: “UNA VERA EPURAZIONE NON DEMOCRATICA. HANNO PREVALSO I GIACOBINI”…

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1- LISTE PULITE, SCAJOLA NON CI STA E NON SI CANDIDA - L'EX MINISTRO DELL'INTERNO: «PER LA DIGNITÀ MIA E DELLA MIA FAMIGLIA NON SOPPORTO PIÙ ESAMI SULLA MIA MORALITÀ»
Da "Corriere.it"

La questione etica per quanto riguarda la composizione delle liste elettorali sta creando problemi a non pochi partiti.
SCAJOLA - «Per la dignità mia e della mia famiglia non sopporto più esami da parte di alcuno sulla mia moralità. Per queste ragioni ritiro la mia candidatura. I miei valori, la mia storia e il mio stile di vita parlano per me. Con buona pace di qualunque arbitro. Per quel che concerne le mie "vicende giudiziarie", tocca ricordare, nero su bianco, che Claudio Scajola ha inanellato solo archiviazioni, proscioglimenti e tanti mal di pancia». È quanto dichiara in una nota, Claudio Scajola che avrebbe dovuto essere candidato per il Pdl.

PDL - Il nodo da sciogliere nel Pdl continua ad essere quello delle deroghe e dei cosiddetti «impresentabili». Nodi su cui si da giorni si registrano pesanti divergenze tra Denis Verdini e Angelino Alfano. Ragionamenti però a cui non rimane indifferente nemmeno Silvio Berlusconi. L'ex capo del governo continua a ripetere ai suoi fedelissimi di essere un garantista per cui contrario ad escludere dalle liste big del Pdl che non sono stati condannati in via definitiva.

A mettere però in allarme l'ex premier sarebbe una parte dei suoi consiglieri pronta ad invitarlo ad una «seria riflessione» prima di dare il via libera ufficiale alle liste: devi considerare - è una delle tesi sottoposte all'ex capo del governo - che gli avversari farebbero la guerra sul tema delle liste pulite. Parole che avrebbero fatto scattare un campanello dall'allarme soprattutto in chiave sondaggi ed il rischio che Berlusconi vuole evitare è che candidature cosiddette scomode possa fermare la risalita dei consensi pidiellini. Lo schema al momento prevede la presenza nelle liste di Nicola Cosentino e pare anche di Marcello Dell'Utri. Più in bilico Marco Milanese, Amedeo Labocetta, Alfonso Papa e Mario Landolfi.

SGARBI - Lascia il Pdl anche Vittorio Sgarbi che si candida con la lista «Prima il nord» al Senato in Veneto, Lombardia e Piemonte e alle Regionali di Lombardia. Lo rende noto lo stesso critico. «Il Pdl ha preso in giro tutto e tutti riproponendo il nuovo solo a chiacchiere. Questo nuovo non c'è - afferma Sgarbi - ha in progetto di ricandidare tutti, traditori compresi. Chi ha mal governato Paese e partito non può essere riproposto. Andremo da soli con la nostra lista "Prima il Nord" contro tutti, convinti che saremo premiati dalla voglia di cambiamento».


2- PD, ESCLUSI TRE CANDIDATI SOTTO INCHIESTA I GARANTI ASSOLVONO ALTRI DIECI NOMI - VIA CRISAFULLI, PAPANIA E CAPUTO NONOSTANTE L'OK DALLE PRIMARIE
Liana Milella per "la Repubblica"

Fuori Crisafulli, Papania e Caputo. Due siciliani e un campano. Fuori anche, ma per un volontario passo indietro, di fatto obbligato, la milanese Brembilla e il potentino Luongo. Nonostante le vittorie alle primarie. Restano tutti gli altri, una decina di discussi candidati del Pd alle prossime elezioni la cui biografia è stata a lungo esaminata.

Dopo tre lunghi giorni di conclave nel palazzetto dei Democratici a Sant'Andrea delle Fratte, la commissione di garanzia prende una decisione che alla fine il presidente Luigi Berlinguer definirà «coraggiosa, severa, radicale». Soprattutto «unanime». Ovviamente «sofferta» perché assunta su persone «che hanno processi, ma non condanne».

Restano dentro tutti coloro su cui, spiega Berlinguer, ci sono solo «voci a vanvera che circolano in rete o sui giornali». Perché «non possiamo condannare prima della condanna» e perché «io non ci sto a presiedere il tribunale della Santa Inquisizione, non ci sto alla barbarie dei processi sommari». I punti fermi, com'è scritto nella delibera che chiude la verifica interna, sono due.

Viene escluso chi deve rispondere di reati contro la pubblica amministrazione (per questo resta Oliverio con la bancarotta) e la cui candidatura finirebbe per scontrarsi con le regole imposte dal codice etico del Pd. Vengono esclusi possibili candidati, peraltro vincitori delle primarie, che non hanno condanne in nessun grado di giudizio «per tutelare comunque l'immagine e l'interesse generale del Pd».

Un'ultima giornata di attesa, con i giornalisti assiepati sotto il portone. Rinvii sulla decisione di ora in ora. Alla fine, alle 20, il verdetto, sancito anche dal passaggio nel comitato elettorale. Escono dalle liste due "potenti" del Pd in Sicilia, due senatori, Vladimiro Crisafulli, detto Mirello, e Antonio Papania, detto Nino. Il primo ha un rinvio a giudizio per abuso d'ufficio, il secondo un processo già chiuso con una condanna (che però lui sostiene essere estinta). Entrambi super votati alle primarie.

Plaude dalla Sicilia Giuseppe Arnone, battagliero ambientalista e presidente del comitato Pio La Torre, che parla di «una fase nuova per togliere il tappo a una gestione ampiamente al di sotto dei valori etici e morali, oltre che politici, del Pd». Ma ai vertici del partito nell'isola è tempesta. Il segretario regionale Giuseppe Lupo, che aveva tentato una difesa in extremis, protesta e sostiene che «se vi fossero stati motivi validi per non accettare le candidature di Crisafulli e Papania si sarebbe dovuto fare prima delle primarie».

In Campania è azzerata la delega a candidarsi al consigliere regionale Antonio Caputo, appena finito nell'inchiesta sui rimborsi per la comunicazione. Anche lui reagisce furioso: «Nelle prossime ore valuterò con gli amici cosa fare: non so se nel partito, che ho definito difficile, vale il gioco delle correnti o la rappresentanza sul territorio».

Già, decisioni «sofferte» dice Berlinguer. Che aprono la caccia al perché di chi resta. Come i deputati siciliani uscenti Francantonio Genovese (un abuso d'ufficio) e Angelo Capodicasa, chiacchierato per via di alcune intercettazioni. O il crotonese Nicodemo Oliverio, un'imputazione per bancarotta. O altri nomi finito nell'elenco dei chiacchierati del Pd. Andrea Rigoni di Massa, o l'aquilano Giovanni Lolli.

Per molti il presidente Berlinguer ha parole precise, per Capodicasa non vede «neppure un avviso di garanzia, nessun dato concreto in mano», per Rigoni «tutto archiviato dal gip», per Loggi «un favoreggiamento poi cancellato dalla magistratura per aver aiutato degli albanesi che volevano sbarcare in Italia», per Genovese «una bagatella inesistente».

Berlinguer, alla fine, non ha dubbi: «Di più non si poteva fare, avremmo finito per trasformarci nel tribunale dell'Inquisizione, come pure alcuni avrebbero voluto. Ma abbiamo voluto tenere fermi i principi della presunzione di innocenza e di non colpevolezza, ma anche quello dell'onorabilità di un grande partito di massa come il Pd».


3- "A ROMA HANNO PREVALSO I GIACOBINI MA COSÌ FANNO UN FAVORE AL CAVALIERE"
Sara Scarafia per "la Repubblica"

Mirello Crisafulli ha appena saputo che la commissione di garanzia ha deciso di farlo fuori dalle liste e sta già organizzando un comizio nella piazza di Enna: «Dovrò pur spiegare alle 6.350 persone che mi hanno votato alle primarie perché non sono più candidato. Una vera epurazione che di democratico non ha nulla».

Senatore Crisafulli, se l'aspettava?
«A 24 ore dalla chiusura delle liste il partito ha trovato un nuovo criterio, quello dell'opportunità. Un criterio elastico, che non valeva per le primarie del 30 dicembre. Forse ne hanno fatto una questione di peso: a Roma erano preoccupati che con i miei 123 chili potessi sfondare uno scranno ».

Per la candidatura alle primarie la sua posizione era stata valutata dalla commissione regionale di garanzia: cosa è cambiato?
«C'è stata una campagna di stampa contro di me, nonostante secondo lo Statuto e il codice etico io risulti perfettamente candidabile. Il Pd siciliano è su posizioni di diritto, a Roma invece hanno prevalso i giacobini. Hanno usato il metodo Grillo. Un rigurgito di mentalità sovietica illogico, intempestivo e scorretto».

Su di lei pesa un rinvio a giudizio per abuso d'ufficio: la accusano di aver fatto pavimentare a spese della Provincia la strada che porta a casa sua...
«Abuso d'ufficio? Peccato mi manchi l'ufficio. La strada comunque passa e non arriva davanti casa mia. Cosa dovrebbe fare un politico? Vivere in casa senza fognature, senza strade, senza illuminazione?».

Pensa che sulla decisione della commissione di garanzia abbia influito anche l'indagine del
2004, poi archiviata, per concorso esterno in associazione mafiosa?
«La mia posizione, ripeto, è stata vagliata da un organismo competente non più di un mese fa. La risposta è stata chiara: mi hanno permesso di correre alle primarie ».

Pensa che ci sia una manovra, che abbiano voluto colpirla?
«Non faccio l'investigatore e non so chi abbiano voluto colpire. Di certo hanno colpito il Pd. Cedendo a posizioni giustizialiste fanno un favore a Berlusconi».

(...) Dice che avrebbe fatto un passo indietro, si sente un candidato "impresentabile"?
«Impresentabile io che ho preso 6.350 voti, cioè quelli dell'80 per cento dei votanti? Chi può mai dirlo? Ma da uomo di partito avrei comunque compreso ragioni di opportunità. Ma il silenzio di questi ultimi dieci giorni mi ha colpito ».

(...)Voterà Pd, nonostante tutto?
«Sto organizzando il comizio di apertura della campagna elettorale, al quale invito fin da ora il candidato premier Pier Luigi Bersani ».

 

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