SENZA GNOCCA, TRA COMPARSE E “MALORINI”, COM’È TRISTE FORZA ITALIA NELL’AUTUNNO DI SILVIO

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Filippo Ceccarelli per "la Repubblica"

Autunno berlusconiano inoltratissimo, ormai. Il giorno più triste di Forza Italia è proprio quello in cui rinasce. Euforia artificiale, al Palazzo dei Congressi, e inconfessata rassegnazione. Giornalisti di colore recidivi nel loro cinismo. L'architettura squadrata accentua la sensazione di vuoto che incantò Fellini; il travertino razionalista lì ad ammonire che la retorica, prima o poi, porta a sbattere.

Non ci sono bandiere, a parte qualche eccentrico. Segnalato un beffardo torpedone della ditta "Angelino". Il solito sosia del Cavaliere con ritagli di stampa. A parte Francesca Pascale, spicca lo striscione dei "falchetti", ma poi i fotografi finiscono per accanirsi sulle scarpe, invero fantasmagoriche, di una militante e per tale motivo si registra un inizio di colluttazione, molto alla romana, cioè con dispositivo auto-bloccante tipo "areggeteme!".

Certo che dalle cavalleresche performance dei fratelli Zappacosta agli aforismi di un aristocratico conservatore come Nicolàs Gòmez Dàvila (Tra poche parole, Adelphi, 2007) il salto è vertiginoso, ma tra questi ultimi ce n'è uno che all'atmosfera di ieri si adatta come un guanto di seta alla rovescia, e che dice appunto: "Sfugge alla decadenza soltanto chi ne misuri con sprezzo l'inesorabile processo".

Là dove, per "decadenza", non si intende solo l'interminabile questione tecnica, ma qualcosa contro cui il Cavaliere invece disperatamente si batte, col risultato di trasmettere un senso di cupa desolazione alla sua prodigiosa avventura politica.

E questo anche perché nel tempo post-ideologico - oh, impietoso contrappasso delle suggestioni pubblicitarie! - la tristezza pesa più di qualsiasi illusoria "resurrezione", ché anche tale impegnativo vocabolo gli è scappato di bocca. Troppe mummie in effetti affollavano la grande sala lievemente claustrofobica. Una coltre di irresistibile vecchiaia pareva essersi depositata sulle poltroncine, alcune delle quali riempite da figuranti segna-posto per evitare vistosi buchi in platea.

Per quanto tenuti lontani, gli operatori del sistema mediatico segnalano la pressoché completa sparizione di qualsiasi forma di "gnocca", entità alla quale in tempi più lieti Berlusconi propose di intitolare la sua rinata o risuscitata formazione. E per quanto si sia notata la persistenza di Scilipoti e Razzi, che dopo essersi dichiarato "di proprietà" del Cavaliere ne ha evocato l'attitudine materna, beh, al clima non ha giovato la proiezione dell'inesorabile video liturgico-devozionale.

Anche questo affidato, dopo i trionfi de "Il fiume della libertà", allo zelo creativo dell'ex sottosegretario Giro; e pure questo soggetto a montaggio e smontaggio e rimontaggio per via dei capricci dell'ultima ora di Berlusconi che in questo caso assolutamente non voleva alcun riferimento al Pdl, e così è stato, solo che la censura degli ultimi cinque anni ha giocato un brutto scherzo e quando si sono riaccese le luci in sala tutti sembravano divenuti improvvisamente e drammaticamente più vecchi.

Il discorso del rifondatore è suonato lungo, noioso e soprattutto reticente sui traditori e sul governo. Mancava un brivido, ed è arrivato al momento del malore, o del "malorino". Ma al posto del compianto dottor Scapagnini, c'era stavolta il dottor Zangrillo.

E qui francamente poteva chiudersi questo malinconico sabato di novembre. Invece no, perché nel pomeriggio l'Esercito di Silvio si era raccolto nel teatro parrocchiale Orione, ai confini dell'Alberone, per tributare a Silvione l'amore dei suoi credenti, che però non l'hanno visto, ma solo ascoltato ormai a ranghi ridottissimi nella forma della telefonata "solo in uscita", cioè "lui non ci sente" spiegava il leader del movimento, Simone Furlan, che pure lui ha proiettato un suo video auto-promozionale, ma nella smania di imitare certe già arrischiate citazioni berlusconiane dell'"Elogio della follia", per ben otto volte nella sua inesausta perorazione ha fatto riferimento alla sua, di pazzia, e a quella dei suoi compagni di battaglia, e dell'Esercito in generale.

Qui i volti, i linguaggi, la partecipazione, l'attaccamento, la fedeltà, la venerazione, insomma tutto era più autentico e popolare. Ma l'assenza di "Lui" ha reso l'iniziativa "Nessuno tocchi Silvio" uno straziante sottoprodotto in confezione discount, o la scimmia del Consiglio nazionale.

Un improvvisato presentatore introduceva ora o l'uno ora l'altro oratore sullo spoglio palcoscenico ravvivato da una sediola mobile da bar e da un podietto racchiuso in un bizzarro arco di palloncini. Gente semplice: chi leggeva senza alzare la testa, chi recitava facendo sfondoni, chi imitava la Leopolda, chi raccontava di essere appena diventato nonno. Niente politica, solo dichiarazioni di difesa, d'amore e di riconoscenza, a occhio spontanee e sincere.

Ogni tanto la richiesta di spostare qualche automobile, a proposito di una certa Nissan: "è di Giovanardi, dategli fuoco, forza, su, una tanica - ha scherzato Furlan - no, no, meglio le gomme - ha ridimensionato - sennò dicono che siamo facinorosi".
La telefonata è andata in scena al buio, quando la platea si era svuotata. Voce stanca e impastata. I capi dell'Esercito, in fila sotto le luci del proscenio, l'ascoltavano facendo sìsì con la testa. Nella storia di Forza Italia si sono visti giorni migliori.

 

 

il pullman angelino di sostenitori di berlusconi consiglio nazionale forza italia foto lapresse berlusconi consiglio nazionale forza italia foto lapresse berlusconi parla consiglio nazionale forza italia foto lapresse scilipoti consiglio nazionale forza italia foto lapresse Fotoricordo con Simone Furlan Presentano l Esercito di Silvio