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Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"
Sul banco degli imputati c'è Fabrice Tourre il giovane finanziere francese che nel 2007 - appena ventottenne, ma già uno dei vice-president di Goldman Sachs - ebbe un ruolo centrale nella costruzione di Abacus Ac1: un Cdo (un'obbligazione che ha un debito come garanzia collaterale) sintetico che, secondo le «authority» di sorveglianza dei mercati, aveva aspetti fraudolenti.
Ma nel processo iniziato ieri davanti al tribunale federale di Manhattan con la selezione dei nove giurati (5 donne e 4 uomini), a rischiare una condanna, più che l'ex brillante e spregiudicato giovane leone di Wall Street, sono le grandi banche Usa - e soprattutto Goldman Sachs: istituti che, avendo faticato molto per uscire dal mirino dell'opinione pubblica, dei «media» e dei giudici dopo il crollo dei mercati del 2008, si ritrovano all'improvviso coi riflettori puntati addosso.
Con la Sec, la Consob americana, che vede nel processo Tourre-Goldman un'ultima occasione di riscatto, non essendo fin qui riuscita a incastrare nessun «pesce grosso» nelle indagini seguite al fallimento della Lehman del settembre di cinque anni fa e alle reazioni a catena innescate da quell'evento.
Più che sulla sentenza - il processo è civile e Goldman non è imputata, avendo già patteggiato tre anni fa, quando pagò una multa-record di 550 milioni di dollari - l'attenzione è concentrata sul dibattimento (durata prevista, tre settimane) nel quale verranno chiamati a testimoniare i capi della banca, la più prestigiosa di Wall Street, e John Paulson, lo spregiudicato finanziere che partecipò alla costruzione di Abacus, ma solo per poter scommettere contro questo strumento finanziario: un particolare che né Tourre né la Goldman rivelarono ai loro clienti.
Quelli che investirono in Abacus, compresi grandi istituti come l'Abn Amro Bank (olandese, ora appartiene alla Royal Bank of Scotland) e la tedesca Ikb Industriebank, persero più di un miliardo di dollari. Paulson guadagnò quasi altrettanto.
Per la Sec la mancata informazione configura una truffa, Tourre nega. Il finanziere francese divenne un simbolo della degenerazione di Wall Street tre anni fa quando, scoperti tutti gli imbarazzanti dettagli dell'operazione Abacus, emersero anche alcune email del 2007, tanto ciniche quanto lungimiranti, nelle quali Tourre prevedeva l'imminente crollo della finanza di Wall Street per effetto di meccanismi perversi come quelli che lui stesso aveva contribuito a costruire: «Tutta la costruzione sta per collassare.
Unico potenziale sopravvissuto il favoloso Fabrice (cioè lui stesso, n.d.r.) che è al centro di questo gioco di strumenti esotici, basati su un effetto-leva estremo, creati senza spiegare agli interessati tutte le implicazioni di queste mostruosità ».
Una sorta di autoaccusa, ma da allora molta acqua è passata sotto i ponti. Tourre ha lasciato la Goldman e ha fatto ammenda: prima volontario in Ruanda per cercare di aiutare sul piano finanziario il poverissimo Paese africano, poi il ritorno agli studi di economia all'Università di Chicago. In mezzo un'audizione davanti al Congresso di Washington dalla quale non è uscito male: un giovane genio della finanza finito in un gioco più grande di lui che si è limitato a seguire la grammatica in voga a Wall Street.
E' per questo che la Goldman e il suo capo Lloyd Blankfein tremano: hanno speso gli ultimi tre anni nella ricostruzione dell'immagine della banca. Restauro riuscito anche perché nel mirino ora sono finiti altri come la Jp Morgan Chase inciampata nello scandalo «London Whale».
Ma ora, con questo processo, rischiano di dover ricominciare tutto daccapo. Allarmate anche le altre grandi banche: vengono rimesse davanti ai loro eccessi di qualche anno fa proprio mentre la senatrice progressista Elizabeth Warren propone di separare le loro attività di credito a imprese e famiglie da quelle di banca d'affari ripristinando la legge Glass-Steagall.
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