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Goffredo De Marchis per "la Repubblica"
«Una richiesta ridicola». Mario Monti accetta la sfida del Pdl e boccia l'idea di un'audizione preventiva del nuovo presidente della Rai Anna Maria Tarantola in Vigilanza. à sicuro delle sue ragioni e sa di avere le spalle coperte dal Quirinale. Ieri Palazzo Chigi, dopo il voto del Cda che ha nominato la presidente, è rimasto sempre in contatto con Sergio Zavoli, trovando un interlocutore molto deciso ad andare avanti e a non dare spago ad altre tattiche dilatorie.
«Non ci sarà nessuna audizione e nemmeno un parere della commissione sui poteri del nuovo vertice aziendale. Domani si vota il presidente e basta», ha risposto Zavoli interpellato dal governo. Questa linea è condivisa in pieno dal premier.
Il centrodestra ha provato già ieri mattina in consiglio a mettere i bastoni tra le ruote alla Tarantola.
Antonio Pilati, autore della legge Gasparri e super esperto della materia, voleva presentare un ordine del giorno per impegnare il Parlamento a discutere le deleghe che l'esecutivo ha assegnato alla presidenza Rai. Ma alla fine di una lunga mediazione condotta dal membro Udc Rodolfo de Laurentiis e dal consigliere del Tesoro Marco Pinto l'odg è stato accantonato. «Siamo qui per adempiere a un atto amministrativo, non dobbiamo fare politica», ha spiegato de Laurentiis ai colleghi.
Lo scontro però è solo rinviato. Alle trattative sottobanco e al confronto in Vigilanza. Che qualcosa si stia muovendo nel cerchio ristretto di Silvio Berlusconi è una certezza secondo il presidente della commissione Zavoli. «Altrimenti Tarantola non sarebbe passata neanche nel Cda». Ma i colloqui tra l'esecutivo e il Cavaliere non hanno ancora raggiunto il compromesso finale. I falchi del Pdl infatti alzano il prezzo.
«Occorre un chiarimento politico - dice Paolo Romani - . Noi siamo convinti, in punta di diritto, che l'attribuzione di maxi poteri sia consentita solo attraverso un provvedimento di legge». La strada quindi è quella di un «giudizio della commissione», magari rinviando a un gruppo di giuristi l'elaborazione di un parere pro veritate su chi debba decidere le deleghe: il Parlamento o l'azionista- governo? Insomma, altri giorni sulla graticola per Tarantola e il direttore generale designato Luigi Gubitosi.
Un'eventualità che Monti vede come il fumo negli occhi. La neopresidente ha accolto la nomina in cda senza far trapelare nulla. Difende la sua scelta di non partecipare al cda e l'attesa rispettosa del voto parlamentare. Così si comporta una "civil servant", spiegano le persone che l'hanno sentita.
Le sue mosse e i suoi silenzi sono concordati passo per passo con Palazzo Chigi. Tarantola non rincorre voti nel consiglio e in commissione. Attende la maturazione delle condizioni politiche. Ma alle deleghe non rinuncerà . Sono la garanzia di conduzione efficace della tv di Stato: potere di firma sui contratti fino a 10 milioni e nomina senza passare dal Cda dei primi e secondi livelli della struttura gestionale della Rai.
La resistenza del Pdl è fortissima. Maurizio Gasparri e Romani rischiano di perdere il controllo dei gangli vitali di Viale Mazzini. Il consiglio verrebbe esautorato di una serie di competenze che oggi lo obbligano a riunirsi una volta a settimana. Ma adesso questa resistenza deve imboccare una via: o il centrodestra si assume la responsabilità di non votare Tarantola in commissione facendola saltare o accetta la scelta del governo. Nei corridoi di Viale Mazzini molti sono convinti che i berlusconiani inventeranno una scusa per ottenere il rinvio. Ma Monti l'ha ripetuto anche a Berlusconi: «Nel mio cassetto c'è sempre il progetto pronto per il commissariamento».
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