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Paola Di Caro per il “Corriere della Sera”
Il suo sogno sarebbe non doversene occupare in prima persona. Uscire dal ginepraio in cui si è ficcato il centrodestra a Roma senza dover prendere una decisione che avrebbe un valore politico troppo alto in questo momento, sia che spingesse per far convergere Bertolaso e Marchini, sia che operasse per unire le forze con Meloni. Silvio Berlusconi preferirebbe rimanere fuori dalla grana della corsa al Campidoglio, magari - confessa - i candidati si accordassero fra di loro, in qualsiasi modo a questo punto.
E però, il capo di FI sa bene quanto l' eventualità sia remota, come lo è l' altra speranza di tanti azzurri, e cioè che ogni candidato in campo si ritiri per convergere su un Mister X che metta d' accordo tutti.
Ma ad oggi nulla sembra muoversi. E nulla probabilmente si muoverà almeno fino alla fine della prossima settimana, quando si avranno i primi «sondaggi veri», come li definisce il Cavaliere, quelli che ha fatto commissionare per avere un quadro realistico delle chances di ciascun candidato. Solo allora si capirà se davvero si potrà arrivare almeno due soli candidati in campo (e quali), o uno.
È un po' il discorso che l' ex premier ha fatto nei giorni scorsi a Giorgia Meloni, che lo ha chiamato per capire le sue intenzioni e rinnovargli l' affetto e la stima. Ribadendo però che lei un passo indietro non può né vuole farlo, e che si sente l' unica in grado di arrivare a ballottaggio e anche di vincere. Un «pour parler» interlocutorio, lo definiscono, ma che dimostra come almeno il ghiaccio nei rapporti tra i due si stia sciogliendo.
Però, i movimenti sotterranei sono intensi soprattutto tra Marchini e Bertolaso. I due si trattano con i guanti: «Berlusconi, come Casaleggio, è stato l' unico innovatore degli ultimi 25 anni, sa che bisogna andare avanti», dice il primo, pronto a «confrontarsi sul programma» con Bertolaso.
Stesso interesse arriva dall' ex capo della Protezione Civile, ma la sensazione è che ciascuno attenda il passo indietro dell' altro: «Da Marchini - dicono dall' entourage del candidato azzurro - ci aspettiamo che faccia come Passera con Parisi».
Sicuramente al momento sembra più facile un accordo al centro che non fra Bertolaso e la Meloni. E infatti in Fratelli d' Italia si organizzano perché, spiega Ignazio la Russa, è chiaro che se non ci sarà l' appoggio azzurro «noi avremo comunque una forza di centro che ci sosterrà, questo sia chiaro», invece rispetto alle aperture di Storace «vedremo, bisognerà capire chi resterà in campo».
In questa situazione magmatica, Berlusconi non vuole prendere decisioni definitive per gli equilibri nazionali e futuri. Se infatti, ragiona l' ex premier con i suoi, si spingesse per convergere sulla Meloni, ci si arrenderebbe all' ala destra della coalizione, che è sospettata di aver lanciato un' Opa ostile sul partito azzurro: i rapporti con la Lega sono gelidi, e hanno irritato Arcore le parole di Salvini di ieri, critico con Berlusconi su Roma e Milan («Sta sbagliando le scelte»).
Ma anche se Bertolaso lasciasse il campo libero a Marchini, sostenendolo, la decisione sarebbe pesante, perché sarebbe un colpo forte all' idea di centrodestra «modello Milano» che è quella che piace all' ex premier e perché avrebbe conseguenze pesanti anche sulle altre città al voto. Non a caso anche se oggi si riunirà il tavolo delle candidature del centrodestra, non tira aria di via libera per Bologna, Torino, Novara dove pure l' accordo sarebbe a un passo.
salvini e berlusconi allo stadio b
Anche per questo Berlusconi si tiene stretta la carta Bertolaso che gli permette, dicono i suoi, di non spaccare il partito e non schierarsi troppo presto su uno dei due scenari alternativi che si presentano: «È troppo presto, ci sono troppe variabili, a che servirebbe?», si chiede il leader azzurro. Che poi le cose cambino dopo il 20 aprile, sondaggi «veri» alla mano, è sempre possibile. Se non probabile.
SALVINI MELONI BERLUSCONIbertolaso meloni romSALVINI MELONIBERTOLASO BERLUSCONI MELONI MARCHINI
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