DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Salvatore Cannavò per “il Fatto Quotidiano”
Lo strano oggetto che si aggira per l’Europa, una volta si sarebbe detto “spettro”, è in realtà poco conosciuto. Alexis Tsipras è il fantasma seduto ai vertici europei e rappresenta una speranza per una sinistra europea priva di prospettive. Finora, però, il suo programma economico e politico è stato filtrato dal dibattito sull’uscita o meno dall’euro. Oppure dalla tematica del debito che Syriza, la Coalizione di sinistra radicale guidata da Tsipras, chiederà la rinegoziazione.
Con la Commissione europea e il governo tedesco, i colloqui con i dirigenti della sinistra greca sono avviati da tempo. E in quei circoli Syriza ha posto il tema del comprehensive agreement. Così il responsabile economico del partito, Yanis Varoufakis, ha spiegato a Repubblica, “la necessità di un accordo complessivo che risolva la situazione senza drammi”. La linea è improntata al massimo realismo e la fatica più grande Syriza dovrà compierla per convincere la sostenibilità delle proprie richieste sul debito. La proposta è semplice e dirompente allo stesso tempo: rinegoziare il peso di un debito che è arrivato al 175 per cento del Pil e che non è più sostenibile.
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Il modello evocato è quello della Conferenza di Londra del 1953 con cui i paesi occidentali vennero incontro alla Germania e al suo mostruoso debito estero accumulato con le due guerre. Una parte di quel debito fu condonato e la Grecia, oggi, invoca una misura analoga. Su questo si addensano i maggiori dubbi ma va anche detto che, recentemente, il quotidiano della City, il Financial Times, occupandosi di Tsipras ha preferito appoggiare la battaglia greca “contro l’oligarchia”, cioè contro i potentati economici che controllano il Paese – ad esempio gli armatori navali e i magnati dei media – intravedendo la possibilità di aprire un processo di liberalizzazione.
Quello che però è decisivo nel programma con cui Tsipras si appresta a guidare il paese, sempre che le elezioni confermino la sua vittoria, è l’inversione di marcia che intende imprimere alla politica greca. Il programma prende il nome dalla città in cui è stato redatto, Salonicco, dove, a detta di Syriza, è stato stipulato il patto con la società greca. Il “contratto di Salonicco” si fonda su “quattro pilastri”: misure per la “crisi umanitaria” greca; per la “ripartenza dell’economia”; un pacchetto di misure per creare e dare dignità al lavoro; diritti di cittadinanza. Si tratta di un programma quantificato alla virgola per quanto riguarda il costo complessivo, 11,3 miliardi di euro, e le coperture indicate.
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Il primo pilastro. Le misure per rispondere a quella che è definita una crisi umanitaria sono stimate in 1,88 miliardi. All’interno di questo pacchetto troviamo: la forniture di elettricità gratuita a 300 mila famiglie sotto la soglia di povertà; sovvenzioni alimentari alle stesse famiglie grazie a un intervento congiunto dello Stato e del volontariato per un costo di 756 milioni di euro; cure mediche e farmaceutiche accessibili a tutta la popolazione con un costo di 350 milioni. A seguire ci sono ancora molte misure sociali come la casa assicurata a circa 30 mila famiglie, il pagamento della tredicesima alle pensioni inferiori ai 700 euro mensili, la gratuità dei trasporti pubblici, il ribasso dell’Iva sul gasolio da riscaldamento anche con finalità ecologiche.
Il secondo pilastro è dedicato all’economia reale. Tassello decisivo per creare sviluppo e, come vedremo nella parte sulle entrate, garantire nuovi introiti fiscali. La prima misura è andare incontro ai contenziosi legali per piccole imprese, redditi modesti e famiglie che non sono in regola con il fisco. Una sorta di sostegno contro l’Equitalia greca. Al secondo punto di questo capitolo c’è la soppressione della nuova imposta sul patrimonio immobiliare (Enfia) che colpisce soprattutto i piccoli patrimoni, da sostituire con una imposta progressiva sui patrimoni immobiliari senza colpire la prima casa.
Altre misure fiscali importanti riguardano l’esenzione dei redditi fino a 12 mila euro (costo stimato 1,5 miliardi) ma soprattutto l’ipotesi di cancellare i debiti privati per coloro che si trovano al di sotto della soglia di povertà e di fissare il tetto di un terzo del reddito come soglia per il rimborso di quegli stessi debiti. Il costo stimato è di circa 2 miliardi. Nel programma del secondo pilastro si ritrovano, ancora, l’istituzione di una banca di sviluppo nazionale, l’istituzione del salario minimo e l’aumento del minimo attuale da 586 a 751 euro. Una misura, si legge, che può comportare un aumento del Pil dello 0,5 per cento. L’insieme del secondo pilastro costa 6,5 miliardi di euro.
Al terzo posto c’è il lavoro: la sua creazione e la difesa dei suoi diritti. Si comincia con il ripristino della legislazione abrogata dalla Troika, la centralità dei contratti nazionali, il contrasto ai licenziamenti. Nel programma di Salonicco viene annunciato un grande progetto per la creazione di 300 mila posti di lavoro nel settore pubblico, privato e nell’economia solidale. Il costo di questa misura, per un anno, si aggira intorno ai 3 miliardi. Si passa, poi, ad ampliare il numero dei beneficiari dell’assegno di disoccupazione, oggi riservato solo al 10 per cento dei senza-lavoro.
Il quarto pilastro, la “rifondazione civica dello Stato e delle istituzioni”, punta ad allargare gli spazi di democrazia. Si tratta di riformare i governi locali, rafforzare le istituzioni della democrazia rappresentativa-parlamentare e nuove istituzioni di democrazia diretta. Contemplata anche la riduzione dell’immunità parlamentare e ministeriale. Prevista anche l’istituzione di leggi popolari e del referendum. Misure anche per ampliare le libertà e i diritti di informazione a partire dalla rifondazione della Ert, la tv pubblica soppressa dal governo attuale.
La copertura economica di queste misure è garantita in questo modo: 3 miliardi di euro dalle maggiori entrate prevedibili per le misure di rilancio dell’economia; 3 miliardi dalla lotta all’evasione, la soppressione dei privilegi fiscali, il divieto di trasferire all’estero i capitali, il contrabbando di carburanti, etc; la riallocazione delle risorse dei programmi europei garantirà altri 3 miliardi e lo stesso verrà dalla ricollocazione delle risorse del Fondo di stabilità finanziaria. In totale si tratta di 12 miliardi di euro.
Resta il punto più importante per il resto d’Europa, la rinegoziazione del debito pubblico. Syriza chiede di cancellare una parte dell’ammontare nominale, di istituire una “clausola di crescita” per il rimborso, da collegare così all’andamento dell’economia reale senza schemi rigidi; chiede, poi, una moratoria sugli interessi, un “New Deal” europeo finanziato dalla Banca per gli investimenti, la possibilità per la Bce di comprare i titoli degli Stati membri. Infine, chiede la soppressione del debito “estorto” dalla Germania nazista durante l’occupazione del 1941-44: ammonta a 160 miliardi e non è mai stato cancellato.
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