RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Federico Rampini per “la Repubblica”
La tragedia del Venezuela sembra congelata in una logica da "prima guerra fredda", in cui ogni superpotenza accetta di fatto la sovranità limitata degli Stati-vassalli del nemico.
Inoltre, come in Libia, riaffiorano antichi imperi con le loro aspirazioni egemoniche e non esitano a soffiare su caos e violenza. Guaidó, che oltre 50 Paesi riconoscono come presidente legittimo (la maggioranza dei governi europei e sudamericani), non ha capito di essere dalla parte sbagliata della nuova cortina di ferro: dentro la sfera russa. Il suo tentativo di attrarre con sé le forze armate sembra fallito.
I vertici militari venezuelani hanno il petrolio, la droga, le armi russe e i soldi cinesi: difficile schiodarli da una posizione così vantaggiosa. Gli Stati Uniti con le parole infuocate di Trump, Pence, Pompeo e Bolton hanno illuso Guaidó ma finora non sono intervenuti direttamente a Caracas.
L'ultima volta che Washington "sconfinò" apertamente nella sfera russa (allora sovietica) in America Latina fu con la sciagurata impresa della Baia dei Porci: anno 1961, esordio infausto di John Kennedy alla Casa Bianca. La memoria di quel fiasco non si è spenta. Nella politica estera di Trump, almeno finora, la componente isolazionista prevale. Dove comanda Mosca lui non interviene o addirittura si allinea: lo si è visto in Siria e in Libia. Putin segue anche lui una logica da guerra fredda.
Presidia i suoi avamposti esteri, protegge Stati-canaglia a Damasco come a Caracas.
Zero benefici per la popolazione locale, la cui sofferenza lascia indifferente il nuovo Zar. A lui interessa solo consolidare o espandere la nuova cortina di ferro. La variante rispetto alla guerra fredda del 1947-1989 è la Cina.
Xi Jinping pratica un neo-imperialismo nel quale finora prevale il soft power (o "sharp" power: forza acuta, penetrante). Economia finanza e tecnologia sono le sue armi. Lascia che russi e cubani si sporchino le mani di sangue con l'appoggio militare a Maduro. Intanto Pechino continua la sua avanzata nel settore petrolifero del Venezuela come in altre economie sudamericane, africane, asiatiche.
Altra differenza rispetto alla prima guerra fredda: in America Latina c'è più libertà, democrazia e pluralismo rispetto ad allora. Ci sarebbero le condizioni per un intervento di soft power, legalitario ma energico, che parta dai Paesi vicini per spingere Maduro verso l'uscita, offrirgli le condizioni di una resa onorevole, liberare il popolo venezuelano dalle sofferenze e dalle violenze. Ci vorrebbe però una cabina di regia, per organizzare un concerto tra Messico e Colombia, Brasile e Argentina, Perù e Cile. Non guasterebbe una regia Usa, purché discreta e rispettosa. Finora è mancata. Si rivede una costante di Trump: l' incapacità di articolare una strategia delle alleanze.
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