GUERRA TRA POVERI - NONOSTANTE FACCIA PARTE DELL’1% PIÙ RICCO D’AMERICA, ABBIA FATTO FORTUNA GRAZIE ALLE SUE DIABOLICHE PRIVATE EQUITY, VOGLIA TAGLIARE LE TASSE AI PIÙ BENESTANTI E I SERVIZI A TUTTI GLI ALTRI, ROMNEY PUÒ BATTERE OBAMA - LA CRISI ECONOMICA E I DIRITTI SOCIALI STANNO ALLONTANANDO IL PRESIDENTE DAI BIANCHI DELLA CLASSE OPERAIA, CHE SENTONO DI PERDERE TERRENO RISPETTO A NERI E ISPANICI - È LA PAURA DI RIMANERE ULTIMI…

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Alexander Stille per "la Repubblica"

Si potrebbe pensare che l'elezione alla presidenza degli Stati Uniti per un candidato repubblicano come Mitt Romney nel 2012 sia molto difficile, se non impossibile. In un anno di difficoltà economiche, in cui lo slogan più popolare è stato "siamo il 99 per cento", Romney è l'incarnazione di quell'uno per cento più ricco del Paese.

Viene da una famiglia ricca - il padre è stato a capo di una grande compagnia automobi-listica e governatore dello Stato del Michigan - e il figlio è diventato molto più ricco grazie a compagnie oggi particolarmente odiate: le cosiddette private equity, che usano soldi imprestati per comprare società in difficoltà, riorganizzarle, in genere licenziando un sacco di persone, e poi rivenderle con grossi profitti.

Questo settore economico ha beneficiato di alcuni grandi privilegi da parte del governo, come sgravi fiscali sugli interessi dei soldi presi a prestito e un trattamento di favore sui guadagni considerati non come reddito, tassato al 35 per cento, ma come aumento di capitale e quindi con prelievi fiscali solo del 15 per cento. Per cui, Romney ha potuto accumulare una fortuna stimata attorno ai 250 milioni di dollari. L'anno scorso ha pagato meno del 14 per cento dei 22 milioni che ha guadagnato, meno di un cittadino dei ceti medi.

Ora Romney, nella versione di candidato alle presidenziali, si presenta con un programma economico che suggerisce di tagliare le tasse soprattutto ai più ricchi e i servizi a tutti gli altri. In fondo sembra una fotocopia della ricetta adottata da George Bush che ha portato il Paese al disastro. Si potrebbe pensare che abbia meno possibilità di vincere le elezioni di quante ne avrebbe Berlusconi di diventare presidente della Repubblica italiana. Eppure, secondo i sondaggi, Romney è testa a testa con Obama.

Ci sono diverse ragioni. Una è economica. Il miglior indicatore da usare per capire chi vincerà un'elezione negli Stati Uniti è l'andamento dell'economia negli ultimi dodici mesi prima dell'appuntamento con le urne. Obama era in testa tre mesi fa quando la ripresa sembrava prendere corpo e il tasso di disoccupazione scendeva. Ma la ripresa negli ultimi mesi ha subito un rallentamento e se peggiora (Forza Grecia!) nei prossimi cinque mesi le cose si metteranno male per l'attuale inquilino della Casa Bianca.

Ma ci sono altri motivi. Tutti i sondaggi d'opinione dimostrano che Obama ha molta difficoltà con gli elettori bianchi maschi, in particolare quelli non laureati, la classe operaia tradizionale. Questa è stata, fino a non molto tempo fa, la base del partito democratico, che ora però vota prevalentemente per i repubblicani. Questo diverso orientamento politico è iniziato quando il partito democratico ha abbracciato la causa dei diritti civili: il Sud, che per 120 anni aveva votato monoliticamente per il partito democratico, ora vota con altrettanta decisione per i repubblicani.

Nel 2008, meno di un decimo della popolazione bianca in Stati come l'Alabama e il Mississippi ha votato per Obama. È possibile che quasi nessun bianco in questi Stati - tutte e due poverissimi - non abbia trovato nulla di condivisibile nel programma economico di Obama? Secondo una recente indagine la pelle nera di Barack gli ha costata tra il 3 e il 5 per cento dei voti, alle scorse elezioni. Quella volta, con due guerre disastrose in corso e un'economia a pezzi, per un democratico era davvero difficile perdere. In un'elezione molto più complessa, come quella di novembre, il fattore razziale può risultare decisivo.

Molti operai bianchi hanno abbandonato i democratici perché hanno la sensazione che le politiche a favore dei neri vengano attuate a spese loro. I maschi bianchi - che prima avevano posti in industrie tradizionali con un alto tasso di sindacalizzazione - hanno effettivamente perso terreno dal punto di vista sociale ma, invece di prendersela con tutti i Mitt Romney del mondo che hanno sottratto loro lavoro e servizi, si accaniscono con quelli che stanno peggio.

Una nuova teoria aiuta a capire il fenomeno: si chiama last place aversion, cioè la paura di rimanere ultimi. In diversi test, basati sui giochi di ruolo, le persone preferiscono distribuire denaro a quelli che hanno già più di loro pur di non darne a chi ne ha di meno perché hanno paura di essere scavalcati, in particolare se già occupano il penultimo posto.

Negli ultimi sondaggi Gallup sulla questione della perequazione del reddito si evidenziava proprio questo meccanismo. La percentuale di americani che si dice favorevole a una distribuzione più equa è diminuita durante l'ultima recessione dal 68 al 57 per cento. La gente diventa più generosa verso gli altri solo quando le cose vanno meglio.

 

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