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VE LI DO IO I BENGHAZI AMARI - HILLARY TORCHIATA PER 11 ORE SULLA STRAGE CHE COSTÒ LA VITA AL CONSOLE AMERICANO E TRE MILITARI: NONOSTANTE GLI ATTACCHI DEI REPUBBLICANI, CHE HANNO CREATO LA COMMISSIONE SOLO PER DISTRUGGERLA, È RIMASTA FERMA, MAI UN PASSO FALSO

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1. HILLARY CLINTON SOTTO TORCHIO PER 11 ORE SU BENGASI

Anna Lisa Rapana' per l’ANSA

hillary clinton saluta trey gowdy e elijah cummingshillary clinton saluta trey gowdy e elijah cummings

 

L'obiettivo era arrivare in fondo senza perdere la calma e Hillary Clinton lo ha raggiunto eccome. Per 11 ore, una giornata intera, e' stata messa sotto torchio dalla speciale commissione parlamentare su Bengasi e lei e' rimasta ferma, composta, a schivare gli attacchi. La lite l'ha lasciata agli altri. L'audizione della ex segretario di Stato a Capitol Hill e' cominciata alle 10 del mattino a Washington per concludersi alle 21, in un'aula rivelatasi particolarmente litigiosa.

 

E' passata attraverso scambi accesi, domande incalzanti, rievocazioni anche toccanti di quella notte - l'11 settembre del 2012 - quando quattro americani morirono durante l'attacco al consolato Usa nella citta' libica. Ma Clinton, come messa alla sbarra, quasi non ha fatto una piega. Mai ha ceduto davvero ad attacchi e provocazioni o ha mollato la presa, misurata ma ferma. Quasi a dare un assaggio - si osserva gia' - di come potrebbe essere Hillary presidente.

 

hillary clinton depone sulla strage di bengasi in libia  5hillary clinton depone sulla strage di bengasi in libia 5

Per questo forse, con la corsa per la Casa Bianca in mente, e' stata molto attenta a non scivolare in sbavature. Non come l'ultima volta che fu 'interrogata' su Bengasi, due anni fa, quando sbottò in un poco autorevole "A questo punto, che differenza fa!". Perchè la candidata per la nomination democratica vuole che questa giornata sia quella della svolta: "Oggi Hillary ha retto davanti agli attacchi di parte. Adesso potete stare con lei".

 

E' la frase che compare immediata sul profilo Facebook della sua campagna elettorale alla fine dell'audizione. E non e' un caso. La ex segretario di Stato lo aveva anche detto nel suo intervento di apertura appena giunta in mattinata al Longworth Building: "Impariamo dagli errori e andiamo avanti", invocando l'unita', chiedendo al Congresso di 'lavorare insieme'.

 

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E invece al fuoco di fila delle domande su Bengasi, su quella notte, sulle comunicazioni con l'ambasciatore Chris Stevens poi morto nell'attacco, sull'account e-mail e il server privati, ha fatto da sfondo lo scontro tra repubblicani e democratici, fino a tirare dentro l'aula la polemica che per giorni ha anticipato l'audizione, con le accuse di obiettivi "di parte" della speciale commissione fortemente voluta dai repubblicani.

 

hillary clinton depone sulla strage di bengasi in libia  4hillary clinton depone sulla strage di bengasi in libia 4

Cosi' la maratona e' stata scandita da una parte dagli attacchi repubblicani con domande su domande. Dall'altra dai democratici certamente piu' morbidi e a tratti schierati come a proteggerla. Tra questi Elijah Cummings che e' esploso: "Dobbiamo vedercene dall'usare i soldi dei contribuenti per distruggere una campagna. L'America non e' questo". E ha strappato un applauso. Alla fine in pochi traggono elementi 'nuovi' su Bengasi da questa lunga giornata pressoche' senza precedenti. Persino l'agguerrito presidente repubblicano della stessa commissione, Trey Gowdy, lo ammette. Pero' e' stato un test che Hillary Clinton ha superato con successo. "Adesso andiamo avanti", ha concluso.

 

 

2. HILLARY, LEZIONE DI DIPLOMAZIA AL CONGRESSO

Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”

 

hillary clinton depone sulla strage di bengasi in libia  2hillary clinton depone sulla strage di bengasi in libia 2

«Vi assicuro che quella tragedia è stata per me enormemente penosa, ho perso molto più sonno di tutti voi messi insieme»: Hillary Clinton pronuncia queste parole lentamente, con voce sofferente, nel momento forse più intenso della sua deposizione sul caso — Libia davanti al Congresso: un «hearing» — fiume (scriviamo queste durante un intervallo dopo le prime 5 ore di confronto) che, governato dalla maggioranza repubblicana che controlla la Camera, assume spesso i toni di un vero e proprio processo all’ex segretario di Stato. Coi deputati-commissari che a volte chiedono imperiosamente alla Clinton di rispondere solo con un sì o un no a certe domande.

hillary clinton depone sulla strage di bengasi in libia  1hillary clinton depone sulla strage di bengasi in libia 1

 

Se, come sospettano molti, l’obiettivo dei conservatori era quello di mettere l’ex «first lady» con le spalle al muro, di spingerla a inveire contro i suoi accusatori, di farla cadere dal piedistallo di «frontrunner» nella corsa alla Casa Bianca, la manovra non ha successo: Hillary non perde mai la calma, neanche davanti alle domande più dure o sgarbate. Non va mai oltre un «respingo le sue insinuazioni». Mantiene sempre un «aplomb» presidenziale nelle risposte lasciando che siano i deputati democratici della commissione ad attaccare, criticando il modo nel quale viene condotta l’indagine.

trey gowdy e elijah cummingstrey gowdy e elijah cummings

 

Scatenato il parlamentare nero Elijah Cummings che sembra un vecchio pugile: ricorda che vari esponenti conservatori si sono vantati di aver frenato l’ascesa della Clinton nei sondaggi con questo «processo», e accusa il presidente della Commissione, il repubblicano Trey Gowdy, un ex magistrato, di aver messo in scena una persecuzione, non un’inchiesta.

 

susan brooks susan brooks

«Qui non stiamo perseguitando nessuno: facciamo indagini, cerchiamo solo la verità» reagisce irato Gowdy, ma ormai è lui che si deve difendere dalle accuse di aver messo in piedi un organismo che indaga da 18 mesi e che ha speso milioni dei contribuenti, solo perché i repubblicani non accettano le conclusioni di altre sette commissioni, molte delle quali bipartisan, che hanno indagato negli ultimi tre anni.

 

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Gowdy e gli altri repubblicani cercano di far cadere la Clinton in contraddizione, di farle saltare i nervi. La accusano di aver passato molto più tempo a scambiare email col suo amico Sidney Blumenthal (che fu consigliere del marito Bill alla Casa Bianca) che ad ascoltare l’ambasciatore Stevens che poi verrà ucciso a Bengasi dai ribelli insieme ad altri tre americani. E sostengono che è stata lei a forzare la mano a Obama e Biden che non volevano intervenire in Libia contro Gheddafi.

 

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La Clinton, che apre l’audizione esponendo con toni regali le sue visioni di politica estera e la convinzione che gli Usa devono continuare a svolgere il loro ruolo-guida anche in luoghi molto pericolosi perché «non può esistere l’opzione di un ritiro degli Stati Uniti dal mondo», replica che il mestiere del Segretario di Stato è quello di condurre la politica estera: illustra opzioni e opportunità al presidente che poi decide.

chris stevens e i militari morti durante l attacco al consolato di bengasichris stevens e i militari morti durante l attacco al consolato di bengasi

 

E’ stato così anche per la Libia. Non mancano i momenti difficili: quando tornano le accuse di non aver ordinato un aumento della protezione dell’ambasciatore e degli altri americani a Bengasi, nonostante le insistenti richieste dello stesso Stevens. La Clinton ribadisce di non aver gestito personalmente i problemi di sicurezza: un compito che spetta alle strutture del Dipartimento di Stato che ne hanno la visione complessiva. «Vedremo domani se la Clinton sa rispondere da presidente» aveva detto il conservatore John Bolton. Se questa era la sfida, Hillary sembra averla sp

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