DAGOREPORT - È TORNATA RAISET! TRA COLOGNO MONZESE E VIALE MAZZINI C’È UN NUOVO APPEASEMENT E…
Andrea Bonanni per “la Repubblica”
Francia e Germania hanno presentato una proposta comune per il rafforzamento dell’integrazione e della governance dell’eurozona «nei prossimi anni e nel quadro dei Trattati esistenti». Questa mossa è stata interpretata da molti osservatori come un’indiretta risposta negativa alle richieste del premier britannico David Cameron, che pretende un annacquamento del Trattato di Lisbona come condizione per schierare il governo conservatore in favore dell’Europa al prossimo referendum per decidere se restare o meno nell’Ue.
In teoria le due partite, quella sul rafforzamento dell’eurozona e quella sulla possibile “brexit”, l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione, sono distinte. Ma in realtà i due dossier si intersecano, come dimostra anche il fitto calendario di colloqui in corso tra i maggiori leader europei. Lunedì scorso Cameron ha ricevuto a cena il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker. Oggi, subito dopo il discorso della Regina che delineerà la strategia del governo conservatore anche sulla questione del referendum, il premier britannico partirà per un giro delle capitali che lo porterà a Copenaghen, L’Aja, Varsavia, Parigi e Berlino.
Lunedì prossimo, la cancelliera Angela Merkel incontrerà nella capitale tedesca il presidente francese Hollande e Jean-Claude Juncker. Il tema dell’incontro dovrebbe essere la proposta franco-tedesca sul rafforzamento dell’unione monetaria, anche alla luce della montante crisi greca. Ma è evidente che, all’indomani degli incontri con Cameron, i tre discuteranno anche di come impostare il negoziato con il governo britannico sulle sue richieste di riforma dell’Unione europea.
Ufficialmente Londra non ha ancora reso note le sue domande. E probabilmente la cena a quattr’occhi di lunedì tra Cameron e Juncker è servita per capire quali siano i potenziali margini di flessibilità di Bruxelles. Ma si sa già che il premier britannico vorrebbe rinazionalizzare una serie di competenze che oggi sono di pertinenza della Ue: dalla fiscalità al welfare, dall’immigrazione alla libera circolazione dei cittadini comunitari. Poiché però queste competenze sono iscritte nei Trattati, per modificarle occorre che gli altri governi europei accettino di avviare una revisione del Trattato di Lisbona. E questa è una ipotesi che per ora né Berlino né Parigi sono disposte a prendere in considerazione.
Innanzitutto c’è un problema di tempi. Una revisione dei Trattati è un processo lungo e complesso, che comporta estenuanti negoziati tra i governi e con il Parlamento europeo e un lunghissimo iter di ratifica da parte dei parlamenti nazionali. Se anche il negoziato tra Londra e le altre capitali arrivasse rapidamente ad un accordo, il che appare comunque poco probabile, difficilmente si otterrebbe revisione dei trattati prima del 2017, data entro la quale Cameron si è impegnato ad indire il referendum. Senza contare che molti nel partito conservatore puntano ad un anticipo della consultazione al 2016 per abbreviare quanto più possibile l’incertezza che penalizza la Gran Bretagna sui mercati e frena gli investimenti provenienti dall’estero.
E poi c’è la questione delle elezioni. Nel 2017 sia la Francia sia la Germania saranno chiamate alle urne. Né Angela Merkel, né Francois Hollande sono disposti ad accettare che una discussione sulla riforma dei Trattati venga ad interferire con campagne elettorali che si prospettano già abbastanza difficili, dando fiato alle formazioni anti-europee che ne farebbero una bandiera. È anzi probabile che, nei colloqui che Cameron avrà venerdì e sabato all’Eliseo e alla Cancelleria, si senta chiedere di anticipare il referendum britannico per togliere di mezzo quanto prima la questione “brexit” dal dibattito politico europeo.
Questa determinazione franco-tedesca a non scoperchiare il vaso di Pandora dei Trattati prima delle prossime elezioni politiche traspare chiaramente anche dal documento congiunto che Parigi e Berlino hanno presentato sul rafforzamento della zona euro, in vista del dibattito sull’argomento che si terrà al prossimo vertice europeo di giugno. Le proposte sono in realtà piuttosto modeste, se si esclude la richiesta di «promuovere un salario minimo a livello nazionale » e l’idea di creare un Parlamento dell’eurogruppo all’interno del Parlamento europeo esistente, proprio perché devono potere essere realizzate a trattati costanti.
Parigi e Berlino sono consapevoli che una riforma più ampia sarà necessaria in un secondo momento. Ma si riservano di presentare proposte in questo senso «entro la fine del 2016» rinviando così qualsiasi discussione sulla revisione dei Trattati a una data successiva alle elezioni.
In vista del dibattito di giugno tra i capi di governo, anche l’Italia ha presentato un proprio contributo. Nel documento si denunciano «le questioni fondamentali irrisolte relative all’incompletezza dell’Unione economica e monetaria » e si evidenzia ripetutamente «la diffusa disaffezione verso il progetto europeo». Il contributo italiano insiste molto sulla necessità di «chiarire in modo non ambiguo la irreversibilità della moneta unica», e chiede di anticipare la «condivisione dei rischi» prima che venga concluso il processo di convergenza delle politiche economiche.
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