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Stefano Montefiori per il “Corriere della Sera”
«Sospendo la promozione del mio libro. Sono in lutto per quello che è successo a Charlie Hebdo, e profondamente addolorato, in particolare, per la morte del mio amico Bernard Maris». È questo l’annuncio che Michel Houellebecq farà stasera a Canal Plus, nell’intervista registrata ieri.
Da fonti della sua casa editrice Flammarion, si apprende anche che lo scrittore più celebre di Francia, da settimane al centro dell’attenzione per il nuovo romanzo «Sottomissione» che ipotizza una Francia islamizzata nel 2022, lascia per qualche giorno Parigi. Mercoledì, il giorno dell’attentato, era anche il giorno dell’uscita del libro più atteso dell’anno: Houellebecq è stato posto sotto protezione della polizia, ed è ora considerato più saggio per lui abbandonare la capitale.
In «Sottomissione», che uscirà in Italia il 15 gennaio per Bompiani, Houellebecq pronostica uno scontro finale, nel 2022, tra Marine Le Pen e il personaggio di sua invenzione Mohamed Ben Abbes, primo capo di Stato musulmano nella storia d’Europa.
Houellebecq avrebbe dovuto intervenire ieri sera al Grand e Petit Journal di Canal Plus, trasmissioni molto seguite e molto irriverenti. Non era il caso di apparire in quel contesto. Houellebecq ha preferito rinunciare alla diretta, ma ha registrato comunque, in un contesto meno scanzonato, l’attesa intervista con la sua reazione all’attentato. La sospensione della promozione del libro e la partenza di Houellebecq — per qualche giorno — dalla capitale sono le prime conseguenze dell’attentato sulla libertà d’espressione.
L’annuncio dello scrittore arriva nel momento in cui la Francia cerca di raggiungere una difficile normalità. François Hollande aveva trovato il tono giusto la sera dopo la strage, quando in diretta tv davanti a milioni di francesi ha pronunciato un solenne e commosso «Niente riuscirà a dividerci». Il presidente mille volte raccontato come impopolare è stato capace di capire e dare voce al suo popolo, che in quei minuti riempiva place de la République gridando «Je suis Charlie» e «Non ci fate paura».
Quell’incanto è messo alla prova della grande manifestazione di domenica, che vuole essere la poderosa risposta di Parigi, e quindi di tutta la Francia, allo scempio compiuto dai terroristi. Ma associare o no Marine Le Pen, e i suoi simpatizzanti?
La leader del Front National significa sei milioni e mezzo di voti alle Presidenziali del 2012 e una percentuale del 25% — primo partito di Francia — alle ultime Europee. Hollande invoca l’unità nazionale contro il terrorismo islamico, Nicolas Sarkozy risponde in modo favorevole e ieri mattina è tornato all’Eliseo — prima volta dopo la sconfitta del 2012 — per incontrare il presidente. Ma di quale unità possiamo parlare, se la donna che domina tutti i sondaggi viene giudicata persona non gradita, e come lei quindi tutti i suoi elettori?
I partiti sono divisi, anche al loro interno.
Alla fine ha prevalso il no a Le Pen. Lei protesta per non essere stata invitata dal premier Valls, denuncia la sua «esclusione» e decreta la fine di qualsiasi clima di unità nazionale. Se Marine Le Pen — che propone un referendum sulla pena di morte — dovesse sfilare domenica con gli altri, in un momento di enorme importanza, anche emotiva, verrebbe a cadere la barriera simbolica che ancora tiene il Front National fuori del gioco delle alleanze e lontano dai posti di potere. Il corteo partirà alle 15 da place de la République diretta a Nation, e sfiorerà il boulevard Richard Lenoir dove si è consumata la parte finale del massacro, con l’uccisione dell’agente ferito a terra Ahmed Merabet, musulmano e francese, come i suoi assassini. Molti non vogliono che al corteo sia presente il partito accusato di stigmatizzare in blocco tutta la comunità musulmana.
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