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1 - LA POLITICA, PER I BLACK BLOC, à COME L´ECONOMIA PER I PEGGIORI GANGSTER DELLA BORSA...
Michele Serra per "la Repubblica"
I black bloc farebbero una splendida carriera a Wall Street. Sono una piccola cricca di speculatori, del tutto indifferenti alla ricaduta delle loro gesta sulla società . Se ne fregano delle conseguenze, del prezzo che fanno pagare agli altri, vivono per il brivido di sentirsi un´avanguardia, disprezzano la massa disarmata, considerano il mondo il palcoscenico delle loro scorrerie. La politica, per loro, è come l´economia per i peggiori gangster della Borsa: qualcosa da privatizzare, da usare per i propri comodi, da piegare alla propria supremazia.
Sono quasi tutti giovani maschi. Rarissime, quasi introvabili le donne. Come nella finanza, come in ogni campo di battaglia dove si menano le mani per mostrarsi vincenti, dove si fa male agli altri, dove si frega il prossimo. Difficile, per i pacifici e gli inermi, difendersi, specie in un periodo storico come questo che è fatto di guerre per bande, con le grandi organizzazioni politiche in affanno, e i movimenti di massa facili da scalare, da strumentalizzare, da dirottare. Ci vorranno molto coraggio e molta fantasia, in futuro, per inventare forme di lotta politica che non offrano a questi giovani pescecani la trippa, troppo facile, dove affondare le zanne.
2 - I SOLITI NOTI...
Massimo Gramellini per "La Stampa"
Chissà se per calcolo o per pigrizia mentale, politici e commentatori governativi si comportano come dei Cicchitto qualsiasi e affrontano il fenomeno mondiale degli Indignati attingendo all'armamentario del secolo scorso. Li descrivono come un branco di figli di papà che vanno in piazza perché non hanno voglia di lavorare, violenti e complici dei violenti. Si tratta di una ricostruzione fasulla e stucchevole, che non distinguendo fra Indignati e Infiltrati finisce per fare il gioco di questi ultimi nel cancellare dal dibattito pubblico le ragioni della protesta.
Vogliamo ricordarle? Le critiche all'avidità dei banchieri di Francoforte, Londra e Wall Street che hanno assassinato il capitalismo dei produttori, avvelenandolo con le loro alchimie finanziarie. La difesa dello Stato Sociale, cioè delle conquiste che, pur fra sprechi evidenti, ci hanno garantito condizioni di sicurezza e benessere mai raggiunte nella storia. Il rifiuto di rinunciare ai propri diritti per consentire ad altri di conservare i propri privilegi. La proposta di una società nuova, fondata sul Noi anziché sull'Io, e contraddistinta dalla partecipazione attiva alla vita del territorio e alla gestione di beni comuni come l'acqua e l'istruzione.
Sono ideali di destra o di sinistra? Boh, non saprei. Sono ideali. E di questi bisognerebbe discutere, non del teppismo dei soliti noti, che dagli stadi ai cortei sono sempre gli stessi, così come sempre la stessa è l'incapacità dello Stato di toglierli di mezzo, una volta per tutte.
3 - LA NOMINA DI BARENBOIM...
Paolo Isotta per il "Corriere della Sera"
Il maestro Daniel Barenboim è stato nominato direttore d'orchestra stabile del teatro. Da un lato, prodigiosa musicalità e memoria; dall'altro, discontinuità che fa sovente scendere le sue esecuzioni nella routine e nella noia: Carlos Kleiber lo chiamava Boaring-baum. Infine, la scarsissima pratica col repertorio italiano, vale a dire con più della metà del repertorio in assoluto. E gl'impegni con altri teatri, sì fitti che starebbe a lui spezzarli per potersi per intero dedicare alla Scala. Ma poi, che dire d'un teatro che oggi ha per direttore stabile Barenboim, ieri Riccardo Muti?
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