DAGOREPORT – LO “SCAMBIO” SALA-ABEDINI VA INCASTONATO NEL CAMBIAMENTO DELLE FORZE IN CAMPO NEL…
Marco Demarco per il “Corriere della Sera”
Paolo Di Laura Frattura in Molise, Luciano D’Alfonso in Abruzzo, Marcello Pittella in Basilicata, Mario Oliviero in Calabria, Rosario Crocetta in Sicilia, e ora Michele Emiliano in Puglia e Vincenzo De Luca in Campania. Tutti governatori del Pd. Un Sud così non si era mai visto. Lo ha ricordato l’altra sera alla direzione democrat il ministro Orlando e sebbene la telecamera di Youdem fosse fissa su di lui, non è stato difficile, dal brusio in sala, cogliere la meravigliata reazione dell’assemblea.
Ebbene sì. Nell’Italia delle regioni, non era mai successo. Non al tempo del Pci. Non nel decennio successivo. E neanche al tempo di Bassolino, nel Duemila, quando all’appello mancava la Sicilia e nonostante questo, trionfalisticamente, furono convocati a Eboli gli Stati generali del Mezzogiorno: si era in piena epopea leghista e il Sud si attrezzava chiedendo federalismo «solidale» e tassazione differenziata.
Non se ne fece nulla, come è noto. Ma oggi lo stesso progetto potrebbe prendere forma sotto mentite spoglie, senza manifesti o proclami, ma forte anche dell’apporto di leader storici tornati alla ribalta come Leoluca Orlando, sindaco di Palermo. Primo, perché «una strategia per il Sud ancora non esiste», come ha clamorosamente ribadito Giorgio Napolitano nella sua prima visita a Napoli da Presidente emerito. E secondo, perché la «leghizzazione» del Sud sotto le bandiere del Pd potrebbe essere il modo più facile per tenere lontana la Lega di Salvini, che a sua volta ha bisogno di «nazionalizzarsi» per lanciare la sfida a Forza Italia.
VINCENZO DE LUCA - MATTEO RENZI
Ma cosa ha a che fare questo Pd con il Pd di Renzi? In apparenza poco o nulla. Eppure, nel profondo molte cose stanno cambiando. Oggi, a elezioni regionali archiviate, si discute se sia stato Renzi a far vincere De Luca o viceversa. E se il neoeletto governatore della Campania sia davvero il salvatore della patria, essendo l’altro vincitore, Emiliano in Puglia, già nel solco di una regione di centrosinistra. Ma alla luce di quanto si è appena detto, il punto vero è semmai un altro. È che da quando sulla scena c’è De Luca, Renzi non è più lo stesso: meno «puro», per certi versi. Paradossale quanto si vuole, la realtà è che De Luca ha condizionato Renzi più di quanto il renzismo non abbia condizionato De Luca.
E mentre avveniva la mutazione del segretario-premier, ora più aperto al dissenso e ai territori e meno social-dipendente, l’altro non è cambiato di una virgola. Solo Crozza, per assurdo, riesce ormai a trattenerlo: dall’uso di epiteti come «personaggetto», ad esempio, che De Luca prima dispensava con compiaciute espressioni a chiunque gli fosse di impiccio e ora evita per non apparire la caricatura di se stesso.
Le deviazioni legate alla legge Severino, i vertici (anche a Palazzo Chigi) per una sua sostanziale elusione, un certo garantismo ad una dimensione, l’idea che per raggiungere l’obiettivo elettorale non c’è trasformismo che tenga, e quell’arrivare a dire che in democrazia è la legge che deve adattarsi al Palazzo («chi vince governa») e non viceversa, sono solo un aspetto della mutazione in atto. «Il caso Campania ci ha bloccati, eccome» ha ammesso Renzi in direzione.
MARIA CARMELLA LANZETTA FIDUCIA AL GOVERNO RENZI IN SENATO FOTO LAPRESSE
E il senso è che bisognava essere ancora più spregiudicati, al bando i dubbi e gli inutili dibattiti interni. Ma poi c’è il resto. Tramontato il partito della nazione, ora genericamente identificato col partito «di coloro che amano l’Italia», il Pd di Renzi non è più quell’organizzazione fortemente centralizzata che aspirava ad essere. E anche l’idea di archiviare i tanti localismi italiani, compresa quella palla al piede che per più di un secolo è stata la questione meridionale, si è dimostrata una pia illusione.
Non a caso, è tornato il tema di una più adeguata rappresentanza del Sud, che aveva, col governo Renzi, una sola ministra meridionale, Maria Carmela Lanzetta, e ora non ha più neanche quella, perché già rispedita a casa. De Luca lo ha detto nella sua prima intervista da eletto: «Il problema non è portare il Pd al Sud, ma di mettere il Sud al centro dell’iniziativa nazionale».
Come? Lo ha ribadito in direzione: «Quel che conta è il radicamento, il legame con la terra e con le persone in carne o ossa». E su questo, Emiliano non gli è da meno, tanto è vero che non ha voluto sentire ragioni né sulla riforma della scuola né sull’approdo pugliese del gasdotto sovietico.
De Luca ed Emiliano giurano che non hanno in testa un partito del Sud. Lungi da noi suggestioni rivendicazioniste e neoborboniche, dicono. Si vedrà.
Intanto, gli addetti ai lavori, pensando ai futuri assetti istituzionali e al Senato delle Autonomie, già parlano della necessità di partiti «multilivello», con leader nazionali, regionali e comunali. De Luca, Emiliano e tutti gli altri, compresi molti sindaci emergenti del Sud, si stanno appunto portando avanti col lavoro.
Ultimi Dagoreport
VIDEO-FLASH! - L’ARRIVO DI CECILIA SALA NELLA SUA CASA A ROMA. IN AUTO INSIEME AL COMPAGNO, DANIELE…
LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO-…
DAGOREPORT - MARIA ROSARIA BOCCIA COLPISCE ANCORA: L'EX AMANTE DI SANGIULIANO INFIERISCE SU "GENNY…
DAGOREPORT - NON SAPPIAMO SE IL BLITZ VOLANTE TRA LE BRACCIA DI TRUMP SARÀ UNA SCONFITTA O UN…
DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DI CECILIA SALA? BUIO FITTO, PURTROPPO. LA QUESTIONE DELLA…