DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI…
Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”
A dividere i leghisti dai grillini non è solo la distanza programmatica ma una differenza antropologica che non può essere colmata dal «contratto». Infatti quando nel Carroccio hanno sentito Di Maio separare con tono ieratico i buoni dai cattivi, la prima reazione nel gruppo dirigente è stato additarlo come «il braccio politico di Davigo».
E l' istinto si è accompagnato alla ragione, all' analisi cioè delle mosse con le quali l' altro vicepremier sta incalzando il loro vicepremier. Il modo in cui il capo del Movimento ha deciso di sfruttare l' ondata di inchieste giudiziarie che ieri ha spazzato l' Italia da Nord a Sud, viene considerata la «fase due» di una manovra «premeditata e combinata» che va oltre il braccio di ferro sul «caso Siri» e si proietta oltre lo scontro elettorale per le Europee.
L' uso politico della questione morale da parte di M5S è un' arma puntata contro la Lega, ed è vissuta nella Lega al pari di un segnale, come l' anticipo di una campagna di delegittimazione che l' alleato di governo metterebbe in atto se si tornasse alle urne. Perché è vero che ieri Di Maio ha chiesto a ogni partito di «redimersi» dal bubbone della corruzione, ma è altrettanto chiaro chi avesse nel mirino: evocando Tangentopoli, ha marchiato tutti con il peccato originale, gettando anche il Carroccio nel girone infernale. E se Forza Italia - decapitata in Lombardia - ha parlato di «sciacallaggio», se il Pd - colpito in Calabria - ha ricordato a Di Maio che «per anni con la Raggi sotto inchiesta è stato distratto», se FdI lo ha invitato a «sciacquarsi la bocca perché noi non c' entriamo nulla», era dalla Lega che si attendeva la risposta.
E Salvini, compresa la minaccia, ha detto che oggi in Consiglio dei ministri porterà la flat tax «il vero tema urgente». Il tentativo del vicepremier è rovesciare il gioco dell' altro vicepremier, che prova a sfruttare le inchieste come un lavacro politico per restituirsi al proprio elettorato mondo dalle incertezze nella gestione della cosa pubblica. «Ma non c' è un' emergenza morale come si vuol far credere», ha replicato infatti il sottosegretario leghista Rixi per incastrare Di Maio: «C' è piuttosto una emergenza economica, ci sono le famiglie italiane che ogni giorno si impoveriscono. E se il governo non risolve questo problema il governo non ha senso».
Il malumore ormai è collera, nel Carroccio si attende il 27 di maggio per «vedere quanti voti prenderemo e poi decidere». Ma sebbene i grillini finora non abbiano recuperato consensi come avevano sperato, nei loro sondaggi i leghisti ammettono di aver registrato «una prima certa qual flessione». A questo punto il caso Siri è davvero un fatto marginale, perché se Di Maio nella Lega è considerato «il braccio politico di Davigo», significa che non ci sono più margini e che arrivare alle Europee con questo quadro politico sarà già un' impresa.
matteo salvini giancarlo giorgetti
Giorgetti (per ora) invita al silenzio e risponde ai messaggi indignati con un emoticon in cui spicca un' aureola. Ma persino al capogruppo al Senato Romeo - solitamente compassato - è finita per scappare la frizione: «Ricordo quando un grillino in uno studio televisivo mi ha detto che grazie al governo insieme a loro, noi avremmo espiato le nostre colpe. Loro dovrebbero ringraziare noi, che gli abbiamo fatto capire cosa vuol dire governare». Parole da titoli di coda, pronunciate mentre si teneva un vertice per la candidatura di Milano e Cortina ai Giochi invernali. Nella sede del Coni, presenti tutte le istituzioni, la tempesta politica è rimasta per ore fuori dalla porta. «Mi raccomando», ha concluso il presidente del Comitato olimpico Malagò: «Il 24 giugno si voterà a Losanna. Una crisi di governo rischierebbe di compromettere l' obiettivo». Fino a fine giugno così?
massimiliano romeo matteo salvini riccardo molinariGIORGETTI E SALVINIsiri salvini
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