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1. AFFONDO DI BAFFINO: IL MECCANISMO SI PRESTA A MANIPOLAZIONI
Giuseppe Marino per il Giornale
renzi dalema fassina civati gioco dello schiaffo
Presto smetterà di occuparsi di politica italiana, ma D' Alema si ricorda bene di quando si occupava di quella estera, da ministro. E avverte: «Bisogna vigilare sul voto all' estero, anche perché il meccanismo si presta a manipolazioni e brogli». In un intervista al Corriere l' ex premier lancia un paio di affondi sul tema che da giorni accende la polemica per la spregiudicata campagna del governo.
Le accuse di D' Alema si leggono con chiarezza, conosce il meccanismo elettorale a distanza, da tempo additato come fonte di manipolazioni: «Da ex ministro degli Esteri - incalza - spero che tutti i diplomatici italiani ricordino di essere al servizio dello Stato e non del governo».
Il riferimento è chiaro: da mesi esponenti di primo piano del governo, come Luca Lotti e Maria Elena Boschi, stanno partecipando in prima persona al tour elettorale dal Regno Unito all' America Latina per fare propaganda al Sì. Il problema è che spesso gli incontri sono organizzati direttamente dagli uffici diplomatici italiani, mascherandoli sotto una mano, molto lieve, di vernice istituzionale. In più, i consolati hanno un ruolo centrale nel gestire la spedizione delle lettere con la scheda agli elettori e poi verso il centro di raccolta in Italia.
«Il governo - spiega Vincenzo Pessina, coordinatore di Forza Italia all' estero - si è accorto tardi di quanto possa risultare decisivo il voto estero, visto che con l' ultimo aggiornamento gli italiani oltre frontiera sono saliti a 4 milioni e 870mila. E ora stanno facendo di tutto. Ma il rischio di brogli è altissimo. Ad esempio i controlli nel centro di raccolta delle schede in Italia sono inesistenti. I plichi arrivano divisi per Paese e si sa benissimo che quelli in arrivo dall' Argentina, ad esempio, sono all' 80 per cento schierati col centrodestra. Non c' è bisogno nemmeno di aprirli per sapere quali voti bisogna eliminare».
Di fronte alle tante accuse, a partire da quella di aver spedito una lettera ai connazionali usando un indirizzario che sarebbe stato negato al Comitato del No, Renzi tenta una difesa che non sta in piedi: «Per non parlare delle riforme le inventano tutte - ha replicato dal palco dell' assemblea nazionale per il Mezzogiorno - ieri era lettera agli italiani all' estero, lettera che in passato avevano già fatto sia Berlusconi che Bersani».
BERSANI E BERLUSCONI IN PREGHIERA ALLE URNE
Peccato che mandare lettere agli elettori sia di per sé lecito, il punto è capire se Renzi abbia sfruttato illecitamente il vantaggio di trovarsi a Palazzo Chigi. Sia Berlusconi che Bersani non erano presidenti del Consiglio. C' è poi la questione dei costi. Il Pd sostiene di aver finanziato la spedizione. Ma se le lettere sono partite tardi, come pare, per arrivare in tempo devono aver pagato la tariffa piena, con un esborso potenziale, calcolato dal Manifesto, di 13 milioni.
«Più del risparmio per l' abolizione del Cnel», ironzza Quagliariello. E pensare che a sollevare la questione della regolarità del voto a distanza in Parlamento è stata una deputata della maggioranza renziana, Angela Fucsia Fitzgerald Nissoli, secondo cui «dopo il referendum bisognerà cambiare le regole». Ma tanto a Renzi il dopo interessa poco.
2. DA PALLARO ALLE SCHEDE LIEVITATE NEL 2008
Alessandro Trocino per il Corriere della Sera
Il ministro degli Esteri Gentiloni rassicura e invita a non considerare «potenziali imbroglioni» gli italiani all' estero. Patente che sarebbe ingeneroso affibbiare ai nostri connazionali fuori dai confini. Ma è anche vero che il rapporto con il voto all' estero, sin da quando fu istituito con la legge «Tremaglia» nel 2001, è quanto meno conflittuale.
La prima prova del voto, nel 2006, viene segnata da uno scandalo documentato da un video: un gruppo di ragazzi in uno scantinato australiano metteva voti su pacchi di schede bianche, per l' Unione e per Forza Italia. Primo di una lunga serie di scandali per un voto difficile da verificare, in un territorio sterminato, per circoscrizioni incontrollabili e ignote ai partiti italiani, con candidati spesso discussi. Lo stesso Mirko Tremaglia, senatore di An, già allora segnala «brogli pazzeschi». E Giuseppe Pisanu spiega: «Nel voto all' estero è successo di tutto».
Nel 2006, un senatore italo-argentino, Luigi Pallaro, risulta decisivo per la maggioranza del governo Prodi. A ogni votazione, la maggioranza aspetta con ansia l' arrivo dal Sud America del senatore, che fa pesare il suo ruolo. E che nel giorno decisivo per la tenuta del governo, decide di restarsene a casa. La qualità dei parlamentari eletti all' estero è spesso messa sotto accusa e si ricordano i nomi di Nicola Di Girolamo, Sergio De Gregorio, Juan Esteban Caselli, Massimo Romagnosi e Antonio Razzi. Senatori discussi e in alcuni casi finiti in guai giudiziari.
Sotto accusa, nel meccanismo, soprattutto il voto per corrispondenza. Difficile garantire la filiera stampa delle schede, consegna, voto, spedizione. Nel 2008 si prova a rimediare, disponendo l' obbligo del voto tramite raccomandata e non più per posta semplice e riducendo anche le circoscrizioni da 5 mila a 3 mila elettori. Non va meglio. In Argentina vengono stampate 120 mila schede in più del necessario. Un altro video documenta di schede aperte, già barrate, per il Pdl.
Non manca una telefonata registrata in cui un uomo d' affari vicino alla cosca Piromalli offriva a Marcello Dell' Utri 50 mila voti (in cambio di 200 mila euro), da assegnare truccando le schede bianche.
Nel 2013, ma la denuncia è stata resa nota solo alcuni giorni fa dal Fatto Quotidiano , l' ambasciatrice Cristina Ravaglia spiega che il sistema del voto all' estero è «totalmente inadeguato» e non sono garantite «libertà e segretezza». Sotto accusa, tra l' altro, l' elevatissima quantità di schede nulle riscontrate nell' elezione all' estero.
Per i partiti, resta difficile influenzare e controllare il voto degli italiani fuori dai confini. E anche per questo l' esempio di Matteo Renzi, che ha deciso di inviare la lettera per il sì al referendum costituzionale, non è isolato. Un' analoga missiva fu inviata agli italiani all' estero da Silvio Berlusconi (nel febbraio 2008) e da Pier Luigi Bersani (gennaio 2013). In questo caso, entrambi gli uomini politici erano leader di partito.
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