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Da "Il Foglio"
La procura di Nola accusa l'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne di discriminazione nelle assunzioni al lavoro di Pomigliano d'Arco. Una volta uscita la Fiat dalla Confindustria e quindi dal contratto collettivo dei metalmeccanici, nello stabilimento campano sono stati assunti i lavoratori che, dopo l'approvazione a maggioranza, hanno accettato il nuovo impianto contrattuale stipulato a livello aziendale. Ovvio. Oppure un grave reato ideologico?
Spetta agli avvocati della Fiat argomentare sull'inconsistenza giuridica di questa accusa, fondata essenzialmente su un rifiuto pregiudiziale a prendere atto della contrattazione aziendale che ha sostituito, nella maggiore impresa privata del paese, quella collettiva dei contratti nazionali validi "erga omnes".
E' tuttavia evidente, al di là dei cavilli giuridici e di una certa faziosità delle procure, che un sistema contrattuale dal quale sono esclusi, di fatto o di diritto, il maggior gruppo industriale da una parte e il più numeroso sindacato di categoria, la Fiom-Cgil, dall'altro, non regge. Se poi si guarda alla questione industriale dal punto di vista economico, si vede come questo sistema contrattuale obsoleto, insieme al cuneo fiscale insopportabile, abbia determinato la fuga degli investimenti, il blocco della produttività e maggiori costi del lavoro in presenza di retribuzioni da fame.
Tutti sanno che i settori della piccola e media impresa che hanno retto in qualche modo alla crisi lo hanno fatto applicando sistemi contrattuali pattuiti a livello aziendale. Mentre la grande impresa, se applica la normativa, regge solo se ha una componente decisiva delle entrate nell'esportazione o in tariffe controllate.
Anche ai "saggi" nominati da Giorgio Napolitano per delineare un programma economico condiviso sicuramente non sfugge l'urgenza di una soluzione dell'ormai annosa crisi delle relazioni industriali, che ormai non vanno bene a nessuno, nemmeno alla Fiat che sicuramente preferirebbe una situazione più gestibile di quella determinata dalla guerriglia giudiziaria.
Purtroppo questo è uno dei pochi temi sui quali esiste una reale distanza tra le posizioni delle principali forze politiche, come dimostra la migrazione di Pietro Ichino dal Partito democratico a Scelta civica, e delle principali organizzazioni sindacali.
Sul resto, sull'attenuazione graduale dell'austerità e della pressione fiscale, sul sostegno alla crescita cominciando dal pagamento dei debiti verso le imprese delle pubbliche amministrazioni, le differenze sono soprattutto di accenti e di toni, non di sostanza. Sulla riforma delle relazioni industriali e sulla flessibilità , invece, c'è una differenza non facilmente colmabile.
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