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Francesco Semprini per “la Stampa”
Centotrentadue detenuti. È l'attuale popolazione carceraria di Guantanamo, la prigione militare aperta da George W. Bush dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, e la cui chiusura è una delle priorità di Barack Obama. Dei rimanenti reclusi, una sessantina circa hanno già ricevuto il via libera per poter essere trasferiti in altri Paesi.
Detenuti di basso profilo?
Dopo i sei ex prigionieri accolti in Uruguay, sono tutti afghani gli ultimi «inquilini» di Gitmo liberati dalla prigione cubana. Il loro rilascio è avvenuto dopo «un esame approfondito», spiega il Pentagono, anche perché si tratterebbe di prigionieri di basso profilo.
Un volo militare li ha riportati nella terra di origine, dove sono stati presi in consegna dalle autorità locali: per loro nessuna detenzione, «presto riabbracceranno le famiglie», dicono fonti afghane. Secondo funzionari statunitensi, il trasferimento è un segno della fiducia nel nuovo presidente Ashraf Ghani. L'High Peace Council dell'Afghanistan ha inoltre chiesto il rilascio degli altri otto afghani che rimangono alla base.
Trafficante di armi e uranio
I quattro liberati rispondono ai nomi di Shawali Khan, Khi Ali Gul, Abdul Ghani e Mohammed Zahir. Simpatizzante qaedista il primo con «connection» iraniane, due taleban affiliati di Haqqani ed Hezb e-islam, il secondo e il terzo. Bassi profili quindi, se non fosse per il quarto. Mohammed Zahir ha una storia particolare, essendo non solo membro di spicco dell'intelligence talebana, ma anche personaggio noto per i suoi traffici di armi, in particolare nella provincia di Ghazni.
Oltre ad avere legami con il narcotraffico locale. Un personaggio a metà tra malavita ed estremismo, talebano e al contempo fornitore di armi ai taleban. Secondo i documenti divulgati da Wikileaks, «quando fu arrestato, era in possesso di missili stinger ed uranio», destinato - sembra - a realizzare un ordigno atomico.
Chiudere a tutti i costi
È l'imperativo categorico contenuto nella dottrina Obama, secondo cui il carcere cubano, dove erano rinchiusi circa 800 presunti terroristi o nemici combattenti, rappresenta una «minaccia per la sicurezza nazionale».
Del resto lo smantellamento della prigione, e lo scioglimento delle corti militari, erano promesse che l'attuale inquilino della Casa Bianca fece già durante la sua prima campagna presidenziale, nel 2008. Anche quest'anno il presidente americano è tornato all'attacco: «Chiudere il carcere è una priorità nazionale».
La legge Usa impedisce il trasferimento però dei detenuti in suolo americano, quindi la possibilità di un processo nelle corti civili Usa. Smantellare Guantanamo significa quindi trasferire i detenuti all'estero, affidandoli alle autorità locali. Anche se si tratta di personaggi come Mohammed Zahir.
Conflitto senza fine
Il trasferimento dei quattro prigionieri afghani viene considerata una sorta di riconciliazione nei rapporti fra Usa e Afghanistan, un nuovo inizio di cooperazione in vista del progressivo ritiro delle truppe alleate dal Paese. Ma con almeno 3188 morti al 30 novembre, il 2014 si profila come l'anno più cruento per i civili in Afghanistan da quando le Nazioni Unite hanno cominciato a elaborare statistiche sul conflitto.
La dimostrazione di come il Paese sia ancora ostaggio di un conflitto, confermato dallo stillicidio quotidiano degli attacchi taleban («cugini» di quelli che hanno fatto strage di studenti a Peshawar, in Pakistan), e dal cambio di registro voluto da Obama per la missione anche nel 2015.
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