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Raffaello Masci per "la Stampa"
Con le elezioni alle porte una tegola così non ci voleva, ma Denis Verdini, uno dei tre coordinatori nazionali del Popolo della Libertà , potrebbe essere chiamato a rispondere del reato di bancarotta fraudolenta per la sua gestione del Credito Cooperativo Fiorentino.
L'istituto era stato messo in amministrazione straordinaria il 27 luglio del 2010, con la relativa cessione di «attività e passività » a Chianti Banca, altro istituto del credito cooperativo e la banca veniva di fatto commissariata. Nel luglio dell'anno successivo in seguito al commissariamento e alle indagini della procura di Firenze, Verdini si era dimesso dalla carica di presidente, occupata per 20 anni.
Nell'ottobre scorso, infine, quando i magistrati avevano chiuso le indagini penali, per il presidente-padrone del «Ccf» e per altri 54 dirigenti, si configurò l'accusa di associazione per delinquere finalizzata, tra l'altro, all'appropriazione indebita.
Ora la situazione è precipitata e l'accusa si aggraverebbe passando a bancarotta fraudolenta. Il motivo di questo inasprimento, secondo i giudici fiorentini, sarebbe nel fatto che l'istituto di Verdini avrebbe concesso una parte delle proprie risorse, non rispettando le regole del credito cooperativo. In particolare, fra i beneficiari di flusso, compare l'impresa Fusi Bartolomei.
«A fronte di previsione di perdita per 19 milioni di euro, emersa in sede ispettiva - si legge nella sentenza - i Commissari hanno infatti accertato, nel corso della procedura, previsioni di perdita per ulteriori 80 milioni di euro, di cui 70 circa da ascrivere alle iniziative riconducibili al gruppo Fusi Bartolomei e alla famiglia del presidente (Verdini, ndr)».
Si legge inoltre che «la crisi di liquidità e di redditività che affliggeva l'istituto al momento della richiesta di liquidazione coatta amministrativa da parte dei commissari liquidatori sono ritenute indici rivelatori dello stato di insolvenza. Stato di insolvenza che si desume dall'incapacità di far fronte alle proprie obbligazioni e quindi in una crisi di liquidità generata da crisi di redditività ».
Verdini e gli altri dirigenti, quindi - stando ai giudici - sapevano ciò che facevano. Per questo il tribunale fallimentare ha rigettato l'istanza del parlamentare del Pdl e degli altri soci, accogliendo interamente la richiesta della Procura fiorentina. Nella sentenza di dichiarazione dello stato di insolvenza della Banca di Credito Cooperativo Fiorentino, si legge che «appaiono tutti provati gli elementi che giustificano la dichiarazione di stato di insolvenza della Banca di Credito Cooperativo Fiorentino in liquidazione coatta amministrativa».
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