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1- SONDAGGI
Jena per "La Stampa" - «Il governo ha consenso alto, i partiti no». L'ha detto ieri Silvio Monti.
2- MONTI COME BERLUSCONI?
Andrea Cangini per Quotidiano nazionale
Chiunque governi ha bisogno del consenso, anche i dittatori. Figurarsi i âtecnici'... Il fatto dunque che Mario Monti consulti i sondaggi e si faccia vanto di quel che dicono di lui non dovrebbe stupire. Semmai, c'è da notare che quando lo faceva Berlusconi la reazione dei media era diversa: del Cavaliere si denunciava la debolezza di leadership, del Professore si elogia lo scrupolo.
Che poi, ad informarsi un po', si scopre che nell'era Monti palazzo Chigi tiene sotto osservazione l'opinione pubblica persino più di quanto non accadesse ai tempi di Berlusconi.
In condizioni normali, ogni 15 giorni viene prospettato al premier un report che analizza l'umore del Paese. Sia in generale, sia sui temi caldi all'attenzione del governo. In periodi difficili come quello attuale sondaggi e analisi giungono ogni settimana.
Con cadenza tanto mensile quanto settimanale, poi, a palazzo Chigi si tiene monitorata la Rete. I blog, i siti più frequentati, il tenore dei dibattiti on-line: tutto viene certosinamente osservato, analizzato e riferito. Un'attività che nemmeno Berlusconi svolgeva così accuratamente e che Monti ha intensificato nei giorni degli scontri in Val di Susa.
E' stato allora che dal computer della portavoce, Betty Olivi, è partita una mail indirizzata a tutti i portavoce dei ministri. Un vero e proprio vademecum che âsuggeriva' gli aspetti della vicenda Tav da far emergere nei dibattiti televisivi.
Al primo punto, si insisteva sul fatto che i comuni interessati dal tracciato della Tav erano favorevole alla realizzazione dell'opera. Obiettivo: infilare un cuneo tra residenti e manifestanti. Indicazione che il ministro dell'Interno ha eseguito alla perfezione. Rispetto ai celebri vademecum del Cavaliere, spiccava solo l'assenza di consigli sull'opportunità di evitare l'aglio a tavola.
E inoltre. Se aprite il sito del governo troverete una sezione in bella vista intitolata «Dialogo con il cittadino». A Berlusconi non era venuto in mente, a Monti sì. Ci lavora a tempo pieno un gruppo di ragazzi, c'è un coordinatore fisso e ogni mese ricevono, valutano e smistano 1000-1500 mail. Alcune di insulti, altre di elogi, molte di suggerimenti concreti.
Qualche stanza più in là , alle prime luci dell'alba di celebra il rito della lettura dei giornali. Un'opera meticolososa, perché, spiegano, «Monti è attentissimo alla propria immagine e vuole sapere tutto quel che si scrive di lui e del governo». Pare sia anche permaloso. Ciò nonostante, si è concesso alle telecamere della bravissima ma ruvida Milena Gabanelli per un'intervista sull'evasione fiscale che andrà in onda nella puntata di Report del 15 aprile.
Cura dunque il pubblico più impegnato, ma non trascura quello più impolitico. E infatti ha aperto la propria casa al fotografo del settimanale gossiparo (e berlusconiano) Chi.
Insomma, è chiaro che Monti tiene ad avere buona stampa e ottimi sondaggi. Per due ragioni. La prima è che è narciso; la seconda è che più il suo governo risulterà popolare, meno i partiti ne potranno condizionare le scelte.
Dev'essere anche per questo che Betty Olivi ha imposto la formula del comunicato stampa narrato e ben articolato al termine dei Cdm. Un modo per limitare le telefonate dei giornalisti ai ministri: hai visto mai che scoprissero qualcosa di scomodo...
3- IL PROFESSORE INTERVENTISTA PREPARA IL SUO FUTURO POLITICO
Fabio Martini per "La Stampa"
Nel design minimalista della sala del gruppo editoriale Nikkei, dietro un cubo di faggio e su un fondale di velluto nero, Mario Monti propone la sua special lecture a cinquecento tra manager, banchieri, diplomatici giapponesi, che apprezzano con sorrisi, cenni del capo e applausi la lezione del professore. E lui - in questo contesto che più giapponese non potrebbe essere - a sorpresa si produce in ripetute incursioni sulla realtà politica italiana.
Scandisce frasi impegnative, a cominciare da quella sui sondaggi che danno il governo più popolare dei partiti e poi il professore ne deposita un'altra - meno notata - ma curiosa: «Noi dovremmo essere e saremo una breve eccezione». Il dovremmo, effettivamente, contiene una piccola dose di ambiguità , non esclude un bis sempre negato ed è una ambiguità insolita in un personaggio come Monti che si serve di un linguaggio ricco e preciso.
Diverse ore più tardi, in un contesto diversissimo, la residenza dell'ambasciatore italiano in Giappone, Monti riferisce dei suoi colloqui con le autorità giapponesi e parlando della proverbiale instabilità dei governi locali, propone un breve resumé di quelli italiani: «Dal 1996 ci sono stati diversi governi Prodi, diversi Berlusconi, D'Alema e Amato». Un giornalista: «E avremo molti Monti...».
E lui, di rimando e ridendo: «Quello deve completare ancora una volta...». Sfumature, certo. Ma è come se fosse in corso un piccolo slittamento semantico, dal «non possumus» iniziale ad un approdo ancora tutto da definire. A Monti piacerebbe «salire» al Quirinale, oppure - come pare - potrebbe essere intrigato di più a restare altri cinque anni a palazzo Chigi?
Di certo, nei primi tre giorni della sua missione asiatica, Mario Monti - riscattando l'ipocrisia dei premier italiani che quando vanno in giro per il mondo ripetono che all'estero non si parla di Italia, salvo poi farlo quando gli fa comodo - sta richiamando continuamente temi controversi della politica domestica e lo fa ripetendo, in forme diverse, un concetto micidiale per i partiti: io, il consenso non lo cerco, ma ce l'ho; loro lo cercavano e l'hanno perso.
Di più: Monti non solo cita i sondaggi, come faceva Berlusconi, ma ci va "dentro", li legge, sottolinea quello spread tra il gradimento a lui e quello riservato ai partiti. Tanto è vero che da Roma, un importante ex ministro del governo Prodi fa notare sottovoce: «Monti sembra lavorare per essere la vittima dei partiti "cattivi" e fondarne uno "buono", nuovo».
Subito dopo le amministrative di maggio, effettivamente, la questione del «partito di Monti» è destinata a farsi più concreta. Per il momento, ad ascoltare le confidenze di chi gli è amico veramente e gli ha parlato, «non c'è nulla, né un progetto né una rete» e questo è un dato di fatto significativo. Ma è altrettanto significativa la reazione di Monti al quasi accordo tra i partiti sulle riforme istituzionali.
A chi gli chiedeva un parere, il presidente del Consiglio ha risposto di «non aver letto i giornali», ma da quel che trapela da fonti autorevoli, in realtà Monti avrebbe confidato di essere rimasto sfavorevolemente colpito dall'iniziativa dei partiti, perché - questo è il punto - l'avrebbe letta come reazione alle sue esternazioni. E naturalmente ad un politico, dimostratosi sapiente come Mario Monti, non sfugge l'importanza delle regole che porteranno all'elezione del prossimo Parlamento. Chiamato a due scelte che potrebbero interessarlo molto: eleggere il Capo dello Stato e «suggerire» il prossimo presidente del Consiglio.
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