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“IL GRAVE ATTACCO DI HAMAS NON AVVIENE NEL VUOTO. C’È UN PRIMA E UN DOPO” – TRA I PAPABILI ITALIANI C’E’ ANCHE PIERBATTISTA PIZZABALLA, PATRIARCA LATINO DI GERUSALEMME, CRITICO SU NETANYAHU E MOLTO LONTANO DAI “GIOCHI INTERNI ALLA CURIA ROMANA” - MENTRE A GERUSALEMME I CONFRATELLI STUDIAVANO L’ARABO, LUI SCELSE L’EBRAICO. IL 16 OTTOBRE 2023 SI È OFFERTO VOLONTARIO COME OSTAGGIO AD HAMAS IN CAMBIO DELLA LIBERAZIONE DEGLI OSTAGGI ISRAELIANI NELLE MANI DEI TERRORISTI - FRANCESCANO, UOMO DEL DIALOGO, HA SOLO 60 ANNI…
Lorenzo Cremonesi per il Corriere della Sera - Estratti
Quando, nei primi anni Novanta, Pierbattista Pizzaballa era un frate francescano poco più che trentenne, studioso di teologia e innamorato della Terra Santa, tanti nella comunità cattolica latina di Gerusalemme lo consideravano un «filo-sionista». Mentre era normale allora per tutti gli uomini di chiesa arrivati dall’Europa studiare arabo, Pizzaballa scelse invece di seguire i corsi di ebraico all’Università ebraica di Monte Scopus.
Erano gli anni del patriarcato del palestinese Michel Sabbah. La Chiesa locale guardava con sospetto alle ripercussioni tardive del Concilio Vaticano II, che finalmente anche qui volevano aprire al dialogo con gli ebrei «fratelli maggiori», come li aveva chiamati papa Wojtyla. Le violenze della prima Intifada pesavano sui rapporti tra israeliani e palestinesi.
il cardinale Pierbattista Pizzaballa con la kefiah a betlemme
I cristiani locali frequentavano messe celebrate in arabo. E tanti in cuor loro non potevano digerire l’avvio nel 1993 dei pieni rapporti diplomatici tra Israele e Santa Sede. Un evento epocale, conseguenza degli accordi di Oslo tra Ytzhak Rabin e Yasser Arafat.
Ma soprattutto un passo che, per la prima volta dal 1948, vedeva la Chiesa di Roma riconoscere la legittimità di uno Stato che sino ad allora aveva osteggiato per motivi sia teologici sia sulla base di valutazioni di opportunità politica in rapporto al mondo arabo.
Ma la novità portata da Pizzaballa era proprio la sua apertura alla lingua e alla cultura del mondo ebraico. Grazie alle sue conoscenze, studiò le scritture dei Profeti e la teologia dei rapporti tra l’universo della Bibbia e il primo cristianesimo.
Tradusse in ebraico i libri della liturgia latina per la piccola comunità di cattolici locali, che avevano studiato nelle scuole israeliane e dunque parlavano ebraico. Poteva celebrare la messa nella loro lingua.
Nel seguente quarto di secolo questo intellettuale dello spirito, figlio del sentimento religioso «semplice e spontaneo», come lui stesso descrive le radici della sua famiglia immersa nel cattolicesimo tradizionale della provincia bergamasca, è diventato una delle figure di riferimento centrali della variegata e spesso controversa realtà delle Chiese a Gerusalemme. Pochi sono stati capaci come lui di favorire il dialogo interreligioso.
il cardinale Pierbattista Pizzaballa con la kefiah a betlemme
Non solo tra le comunità, con i pellegrini e i fedeli, ma anche nei seminari di studio, tra gli esperti di teologia, storia e filosofia. Quando lo si incontra non è difficile cogliere una sua certa ritrosia alle cerimonie. E infatti anche oggi, che assieme al cardinale Matteo Zuppi e al segretario di Stato Pietro Parolin è indicato come uno dei «papabili» d’origine italiana, il sessantenne Pizzaballa viene descritto da chi lo conosce come «molto lontano dai giochi interni alla curia romana».
Uomo del dialogo, si è ritrovato a dovere affrontare un universo sempre più minacciato dalla violenza e dalla guerra seguite all’aggressione di Hamas contro le basi militari e le comunità israeliane attorno a Gaza il 7 ottobre 2023. Possiede adesso gli strumenti per capire e reagire.
In tutti questi anni è diventato docente all’Università ebraica, quindi allo Studio biblico francescano. Dal 2004 è stato per 12 anni il 167esimo Custode di Terra Santa, la massima autorità francescana. L’8 giugno 2016 per conto di papa Francesco organizzò in Vaticano il momento di preghiera tra l’ex presidente israeliano Shimon Peres e il capo dell’Autonomia palestinese a Ramallah, Mahmoud Abbas.
La carica nel 2017 di vicepresidente vicario della Conferenza dei vescovi latini nelle regioni arabe l’ha spinto a conoscere da vicino il dramma del progressivo assottigliarsi della comunità cristiana in questa parte del mondo. Un’attività continua, assidua. Ogni tanto voci non verificate parlano di una sua certa esasperazione, forse vorrebbe partire, fare altro. Ma poi i risultati ci sono: la sua autorità è indiscussa. Tanto che nel 2020 è diventato Patriarca latino di Gerusalemme e dal primo maggio 2024 è cardinale.
AL BANO Pierbattista Pizzaballa
Ma intanto il gravissimo attacco di Hamas sconvolge tutto. «Nulla sarà più come prima», dice: lo dichiara apertamente in interviste, scritti, omelie e colloqui interconfessionali. La sua conoscenza profonda, intima, del mondo ebraico gli fa comprendere il dramma di una società che parla apertamente di un «nuovo Olocausto». Il 16 ottobre 2023 si offre volontario come ostaggio ad Hamas in cambio della liberazione degli ostaggi nelle loro mani.
Ma poi la durissima reazione israeliana, i bombardamenti su Gaza, gli attacchi agli ospedali, il terrore quotidiano, la morte di decine e decine di migliaia di civili, lo vedono in tutto e per tutto a fianco delle reazioni critiche contro Israele di papa Francesco. Pizzaballa conosce bene le gravi ingiustizie commesse dagli estremisti ebrei, vede i crimini, sa delle aggressioni compiute dai coloni in Cisgiordania, comprende da tempo gli effetti devastanti del muro che lacera il tessuto della società palestinese.
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benjamin netanyahu papa francesco
Molti di loro sono minorenni, tanti arrivano dalla diaspora americana. Le bandiere azzurre e blu dei nazionalisti messianici invadono aggressive la via Dolorosa, gli accessi al Santo Sepolcro. «Il grave attacco di Hamas non avviene nel vuoto. C’è un prima e un dopo», dice, quasi ripetendo le denunce all’Onu di Antonio Guterres. Il suo sermone la notte di Natale del 2023 nella Chiesa della Natività a Betlemme è anche un atto di accusa al governo Netanyahu. Lo ripete nel 2024.
Oggi parla della necessità della «speranza nella ripresa del dialogo». Sa che è difficilissimo. Pizzaballa è ormai figlio della Chiesa precipitata nel fronte della guerra, denuncia la «religione usata e strumentalizzata dalla politica». Non sappiamo quante possibilità abbia di essere eletto dal Conclave. Certo è che, se diventasse Papa, sarebbe davvero un pontificato tutto da seguire.
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