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Alberto Mattone per "la Repubblica"
«L'Iran è molto vicino alla bomba atomica. Il piano nucleare di Teheran ha fatto progressi enormi, più di quanto pensasse il mondo». Le informazioni di intelligence finora segrete, sparate in prima pagina dal quotidiano Haaretz, aumentano la tensione già altissima nello Stato ebraico.
A parlare in forma anonima, sono alcune fonti dei Servizi israeliani e un diplomatico occidentale, tutti personaggi coinvolti direttamente nello sforzo di impedire agli ayatollah la realizzazione di un pericoloso arsenale non convenzionale. Oramai Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania sono giunti alla stessa conclusione di Israele: Teheran è quasi pronta con la bomba. A dispetto delle sanzioni e delle ispezioni negli impianti iraniani dell'Aiea, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica dell'Onu.
La svolta nelle indagini è arrivata quando gli ayatollah hanno impedito, a febbraio, la visita degli ispettori nella base di Parchin, a nord del paese. Qui, i satelliti spia hanno rivelato strani movimenti, mostrando enormi flussi di acqua fuoriuscire da uno dei palazzi degli impianti. Il sospetto è che la manovra sia servita a ripulire le stanze da sostanze utilizzate negli esperimenti.
E le foto scattate dal cielo il 25 luglio scorso confermano la convinzione dei Servizi segreti Usa: proprio a Parchin si starebbe sviluppando una parte importante del progetto atomico. Molte strutture, infatti, sono state rase al suolo, ed è il segno della volontà di Teheran di cancellare ogni prova. Non solo: come ha rivelato lo scorso mese il britannico Daily Telegraph, un nuovo team di 60 scienziati nucleari ha iniziato a lavorare nella base di Lavizan, vicino Teheran, dove si starebbero costruendo le testate e i detonatori.
In Israele l'allarme è alto e i piani segreti dell'attacco sono pronti. Il blitz per distruggere i siti iraniani verrebbe condotto con almeno un centinaio di aerei, tra caccia e velivoli per il rifornimento in volo. Gli obiettivi, secondo Emily Chorly, della rivista Jane's, sarebbero otto: tra questi, gli impianti di arricchimento di Natanz e Fordo, quello per la conversione dell'uranio di Isfahan.
«Lo Stato ebraico conta solo su se stesso», avverte il premier Benjamin Netanyahu, «non ho ancora deciso se attaccare, ma se ordinerò il blitz, rivendicherò le mie responsabilità davanti a tutte le future commissioni di inchiesta». Parole che spiegano la precipitosa visita della scorsa settimana a Gerusalemme di Leon Panetta. Il segretario alla Difesa americano ha chiesto al suo omologo, Ehud Barak, di aspettare l'anno prossimo, di aver fiducia nelle sanzioni. La risposta che ha ricevuto è stata interlocutoria. La sensazione di molti è che Israele abbia già deciso di colpire. L'unico dubbio è quando.
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