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ITALIA NEI CASINI – PIERFURBY NON CONVINCE QUASI NESSUNO – L’EX PRESIDENTE DELLA CAMERA È AVVERTITO  COME UNA MINACCIA AL BIPOLARISMO. MELONI E SALVINI NON POSSONO INDIRIZZARSI VERSO QUESTA SOLUZIONE. IL SUO NOME RISCHIA DI FAR SALTARE LA MAGGIORANZA DI GOVERNO, DATO CHE NELL’ALTRO CAMPO UN PEZZO DI M5S MINACCIA DI ANDARE ALL’OPPOSIZIONE SE FOSSE ELETTO CASINI. E PURE UN PEZZO DEL PD RITERREBBE L’APPRODO ”ESIZIALE” - IN CASO DI ELEZIONE DI CASINI O CASELLATI, DRAGHI PRONTO A LASCIARE PALAZZO CHIGI: DAGOREPORT

Francesco Verderami per corriere.it

 

casini

Quattro anni fa la legislatura nasceva sotto le insegne delle forze populiste. Quattro anni dopo, nella sfida decisiva sul capo dello Stato, quelle stesse forze non solo evidenziano limiti nelle manovre di Palazzo, ma soprattutto si trovano a dover scegliere per il Quirinale candidati che rappresentano quei mondi contro cui si erano battuti. Ed è così che si presentano alla quarta votazione per il Colle, che per ogni leader è l’esame di maturità, la prova da superare per arrivare ad intestarsi l’elezione del presidente della Repubblica.

 

Già ieri il kingmaker Salvini è stato tatticamente messo sotto dalla Meloni, ed era solo la terza chiama. La mossa con cui Fratelli d’Italia ha rotto la parvenza di unità del centrodestra — votando Crosetto come nome di bandiera — ha tolto dal campo l’ipotesi del «candidato di blocco», cioè la prospettiva di puntare sulla Casellati con l’idea di agganciare a scrutinio segreto i voti necessari per portare la presidente del Senato al Quirinale. In più, vista le messe di consensi che ha ottenuto, la Meloni ha cambiato i rapporti di forza nell’alleanza. Preparandosi così alla battaglia successiva: «E se ora nel centrodestra qualcuno pensasse di appoggiare Casini, noi ci opporremmo gridando alla casta».

pier ferdinando casini umberto bossi

 

 

L’ex presidente della Camera è avvertito da Fdi come una minaccia al bipolarismo, come «il cavallo di Troia» per un ritorno al centrismo. Ecco perché Salvini non può — semmai l’avesse voluto — indirizzarsi verso questa soluzione. Che resta forte in Parlamento, ma rischia di far saltare la maggioranza di governo, dato che nell’altro campo un pezzo di M5S minaccia di andare all’opposizione se fosse eletto Casini. E pure un pezzo del Pd riterrebbe l’approdo «esiziale», perché — oltre a consegnare l’ennesimo successo a Renzi — provocherebbe uno sconquasso negli equilibri politici. «Sarebbe — secondo un dirigente dem — l’inizio della nostra fine».

 

 

CASINI FRANCESCHINI

Che è l’epilogo a cui si preparano i grillini, dove si approssima ormai la scissione. Quando Conte ha alzato la voce per spiegare a Letta che «io Draghi non lo voterò mai», Di Maio ne stava parlando con Giorgetti. «Tanto lo sappiamo che si arriverà a Draghi», sussurrava ieri l’ex ministro Spadafora. Divise e senza una chiara strategia, le maggiori forze in Parlamento faticano a trovare un compromesso anche su una «figura terza». Ieri sono filtrate indiscrezioni sul giurista Cassese, che Salvini ha provveduto a smentire. E hanno preso forza le voci di un’intesa tra Conte e Letta sul capo dei servizi Belloni, che metterebbe tra parentesi il tema sollevato dai partiti sulla candidatura di Draghi al Quirinale: il timore della loro «delegittimazione», visto che i vertici dello Stato sarebbero affidati solo a tecnici.

CASINI DRAGHI

 

Tant’è che è iniziato un fuoco di sbarramento contro queste opzioni, nelle segreterie, nei ministeri di peso e anche nei gruppi parlamentari. In una corsa al Colle priva di un regista, l’accelerazione che ieri sera è stata impressa — quasi fosse vicina una soluzione — è parsa un’abile strategia di tensione comunicativa. Un modo per nascondere le difficoltà di Salvini da una parte e del rassemblement giallorosso dall’altro. Al punto che tra le maglie slabbrate di una trattativa in stallo si è inserito Berlusconi. Il grande elettore che non c’è, il candidato al Colle che non c’è più, ieri ha avviato un giro di telefonate, e dopo aver chiamato Salvini, ha preso a contattare i maggiorenti del centrosinistra.

 

CASINI RENZI

Oggi la quarta chiama non offrirà la soluzione, ma è evidente che il cerchio si stringe: Casini, Draghi e la «terza figura», che per molti ha il profilo della Belloni. I giallorossi si preparano a votare una scheda bianca difensiva. Nel centrodestra il voto potrebbe essere un passaggio pericoloso, perché potrebbe montare il dissenso che ieri si è già manifestato a scrutinio segreto. Si vedrà se l’atteggiamento del leader leghista è dovuto alla prudenza per arrivare all’obiettivo, che per un pezzo del Pd è Draghi.

 

 

pier ferdinando casini

D’altronde, come spiegava ieri uno dei massimi esponenti del Carroccio, «se decidessimo di non votare Draghi al Quirinale, poi dovremmo accettare la sua impostazione di governo. E cosa faremmo se non ci piacesse e la Meloni ci bombardasse dall’opposizione: apriremmo la crisi? E come lo spiegheremmo agli italiani?». Nessuno può più fare errori.

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